@marco_spagnoli
Costato circa 50 milioni di dollari, The Judge è un film lungi dall’essere “perfetto”: una ‘confezione’ da commedia romantica fine anni Novanta, avvolge un dramma in certi momenti anche ‘estremo’ della durata di due ore e ventuno minuti, interpretato alla grande dai suoi protagonisti principali Robert Downey Jr. e Robert Duvall, nonché da comprimari di grande livello come Billy Bob Thornton, Vera Farmiga e Vincent D’Onofrio solo per citarne alcuni.
La storia di un figliol prodigo tornato a casa per il funerale della madre e ‘obbligato’ a restare per difendere come avvocato il padre giudice coinvolto in un incidente d’auto mortale è un materiale molto ‘forte’ che, addirittura, si sarebbe prestato quasi ad una miniserie evento stile HBO ed eppure lo troviamo diventare un film per le sale che tutti dovremmo vedere per scoprire una serie di idee interessanti e a dir poco geniali sul piano produttivo. Soprattutto, perché sul piano narrativo, non tutti i nodi vengono sciolti e il finale aperto lascia spazio ad una serie possibilità inedite e insolite per un film del genere.
Al di là della qualità finale del film che in molti momenti lascia talora perplessi, nonostante chi scriva abbia versato più di una lacrima e si sia divertito per tante scene, la complessità della trama sta nel mettere insieme l’elemento legal con il dramma famigliare, con la storia del comeback, ovvero del ritorno a casa nella piccola cittadina di provincia, per non parlare del sottotesto stile ‘avvocato del diavolo’ con il figlio laureato in legge che ha scelto il denaro e che, forse, alla fine del film si redimerà, seguendo un’altra strada.
Materiale forte, talora “magmatico”, interessante che la produzione ‘contrabbanda’ consapevolmente e intelligentemente sotto una patina di commedia con la determinazione di raggiungere il pubblico più ampio possibile: “Non c’è nulla di male a volere parlare con il più alto numero di spettatori” dice il regista David Dobkin che dopo commedie demenziali quali 2 single a nozze e Fred Claus, si cimenta con il dramma. “La vita è così: si ride, si piange e per questo motivo non ho avuto paura ad essere un po’estremo.”
Una scelta che gli è costata la ‘R’ di Rated ovvero vietato ai minori di quattordici secondo le rigide e spesso incomprensibili regole della censura americana: “Non avrei potuto girare la scena della doccia e tante altre.” osserva Dobkin, alludendo alla sequenza dove il genitore si sporca di escrementi e il figlio basito lo accompagna compassionevolmente a lavarsi sotto la doccia “Ma non ho mai avuto dubbi. La vita è così ‘Rated’. Una decisione sofferta, ma vincente che ha convinto una leggenda come Duvall ad accettare la parte “Era un copione molto intelligente e mi ha subito fatto propendere per il sì.” Una decisione tutt’altro che scontata secondo Dobkin “Quando scrivevamo speravamo che fosse Duvall ad interpretare il giudice Palmer, ma ne eravamo tutt’altro che certi.” sottolinea il regista “Quale attore, infatti, vuole portare sullo schermo una parte in cui per oltre metà devi renderti spiacevole agli occhi del pubblico? Certamente solo un interprete di peso e talento come lui avrebbe potuto accettare senza battere ciglio e, soprattutto, permettendo che molte ottime scene fossero tagliate dalla versione finale del film.”
Il primo cut durava tre ore e 48′ minuti. Il regista ha dovuto limitarsi “Sono contento di questa versione. Nessuno mai si è lamentato della lunghezza del film che scorre via veloce grazie alla sua intensità. Oggi un cineasta ha una grande responsabilità nei confronti del pubblico quando gli chiede di sedersi in sala a vedere un film.” Susan Downey partner produttiva del marito insieme all’amico David Gambino è stata, secondo tutti, il vero motore di un progetto in cui uno studio come la Warner Bros. si è resa rischi importanti, ma – al tempo stesso – ha saputo costruire al meglio una relazione produttiva solida con uno dei più importanti attori del momento e la sua neonata casa di produzione. “Non mi faccio illusioni.” stigmatizza Dobkin “Se non ci fossero stati loro questo film non si sarebbe mai fatto, soprattutto, all’interno degli Studios. E nonostante Warner abbiamo tutti tagliato i nostri compensi per fare questo film e avere una crew pazzesca come il DP Janusz Kaminsky e il musicista Thomas Newman. A Hollywood produzioni così non capitano più…c’è un nuovo modello produttivo con cui dobbiamo fare i conti.”
Conti che vanno fatti come filmaker, ma anche come spettatori. Quel cinema che ha reso grande nuovamente Hollywood tra gli anni Settanta e fine anni Ottanta non esiste più nel sistema degli Studios.
Decisioni coraggiose e anomale nella Hollywood di oggi dominata dall’ossessione dei cosiddetti “quattro quadranti” e di raggiungere tutti gli spettatori possibili: “Stiamo lavorando su molti progetti” spiega Robert Downey che ha appena annunciato la sua partecipazione sotto l’armatura di Iron Man a Capitan America 3 “Un Pinocchio da realizzare in Italia con una sensibilità tutta americana, un progetto legato a Perry Mason e un altro sulla Yucatan che apparteneva a Steve McQueen. Questo è il cinema che mi interessa portare avanti come produttore e come interprete.”
Un cinema ‘diverso’ quello che Hollywood non produce più e che nel caso di The Judge può diventare una sorta di apripista verso film diversi e non solo destinati a degli adolescenti. Il sistema cinematografico americano non produce più film ‘medi’ all’interno del circolo ristretto degli Studios. The Judge è abbastanza unico nel suo caso e per questo dobbiamo vederlo: per capire come si può fare per sperare che ci siano altri casi come questo.
“I film che avrei voluto realizzare da regista sono quelli con cui sono cresciuto: La conversazione, Apocalypse Now!, il Verdetto...spero di potere realizzare più cinema di questo genere, conclude Dobkin che sta lavorando a Playboy ovvero la biografia di Hugh Hefner.
[i]The Judge[/i] esce in Italia il 23 ottobre, è stato già distribuito negli USA in oltre 3000 schermi incassando nei primi quattro giorni di programmazione oltre tredici milioni di dollari.
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