Vincenzo Mosca: 'Bene l’aumento del Tax Credit'

Il ministro Franceschini annunciato l’aumento del Tax Credit per gli stranieri che producono in Italia:il provvedimento fa da volano alle coproduzioni internazionali.

Vincenzo Mosca: 'Bene l’aumento del Tax Credit'
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25 Giugno 2014 - 12.05


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di Chiara Gelato

All’indomani dell’approvazione del “Decreto Cultura” con l’innalzamento, tra le altre misure, del tetto del tax credit da 5 a 10 milioni di euro per gli stranieri che girano in Italia, Vincenzo Mosca, vent’anni di carriera nel settore della vendita e della coproduzione internazionale e attuale titolare della TVCO, società indipendente di distribuzione e produzione, di commentare l’atteso provvedimento dice. “Un intervento importante e necessario, che aumenta l’appeal dell’Italia all’estero offre vantaggi industriali certi. Ma ora è importante che venga comunicato bene”.

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Quali sono i benefici immediati per il settore?

La nuova legge rende attraente l’Italia come location e aumenta la nostra competitività. Come addetto ai lavori non posso che applaudirla: mi sembra una riforma ottima, anche per la televisione. E poi sarà un volano per lo sviluppo delle co-produzioni per permettere all’Italia di giocare un ruolo primario. Adesso bisogna divulgarla e promuoverla all’estero, così da riportare gli investitori stranieri in Italia.

Come?

La co-produzione è lo strumento principale, sia per il cinema che per la televisione. Nel nostro caso, interveniamo come consulenti globali su progetti di grandi coproduzioni internazionali che abbiano già una produzione a monte. I nostri clienti sono società italiane come Pepito, Lux Vide, Ciao ragazzi,ma non solo.

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Perché le vendite estere dei titoli italiani sono sempre più gestite da società non italiane?

Mi chiedo anch’io cosa sia successo nell’ultimo decennio. Accusiamo il mercato di essersi complicato perché molti non si sono accorti delle trasformazioni in atto: oggi un film ha mille modalità di visione e c’è una forte esigenza di specializzazione. Io penso sia necessario legarsi a un genere (più che a un Paese) e diventarne un punto di riferimento. Forse alcune delle maggiori sales company internazionali danno un’impressione di maggiore incisività. Ci sono aree del mondo che oggi comprano più di altre titoli italiani, come l’America latina o l’Est Europa. Quello che chiedono è un prodotto di genere, molto specifico, oltre che i format, che vanno sempre bene.

Quanto è importante lo sviluppo di uno o più appuntamenti internazionali per la compravendita di contenuti audiovisivi in Italia?

È un settore su cui bisogna lavorare, perché si possono attrarre, come crocevia del Mediterraneo, Paesi che non frequentano i mercati più tradizionali. I festival dovrebbero fare in modo che i film siano disponibili in una sezione commerciale parallela alla competizione. Roma può accogliere un mercato audiovisivo, di cinema e televisione. A mio parere la ricetta è semplice: parlare in modo chiaro alle sales e ai buyer internazionali, presentarsi con un’identità precisa e con un progetto commerciale e strategico. Nell’ambiente si dice che il Mip Tv venga frequentato meno in favore del Mipcom. La mia impressione è, invece, che il Mip Tv stia diventando lo snodo per la chiusura di partnership e coproduzioni, mentre il Mipcom abbia in compenso sviluppato la vocazione di mercato. I due eventi si sono specializzati, trovando ciascuno la sua anima. Roma è lo stopover di molti operatori che vanno a Cannes e a Los Angeles. Perché non tenerne conto in un progetto di mercato?

Secondo settore di intervento, le vendite internazionali: quale identità per il vostro marchio?

Diventare indipendente ha significato creare un proprio marchio di fabbrica. Sto costruendo un catalogo legato alla storia (con particolare attenzione al biopic), al sociale e allo spirituale. Cerco prodotto in tutto il mondo, perché è importante per creare una library interessante. Normalmente acquisiamo i diritti per periodi limitati di 2 o 3 anni: il primo anno mi misuro con il mercato e se non dovesse andare bene il produttore può ritirare il film. E’ una formula che va bene alle piccole produzioni. Ci piace promuovere i programmi di chi non può raggiungere l’estero. Il nostro terzo settore d’intervento è il più avventuroso: perseguire l’autofinanziamento attraverso le vendite e produrre in proprio. Al momento ho un paio di film in sviluppo: One Week in Naples di Stefano Incerti, tratto da un mio soggetto, la storia di uno scrittore americano di passaggio a Napoli, dove incontrerà un ragazzo che gli cambierà la vita, e The Route, una coproduzione italo-irlandese che racconta la vicenda di un prete di strada che rimane indirettamente coinvolto in una storia di pedofilia nel suo impegno a combatterla. Sono progetti concepiti per il cinema, tutte co-produzioni. Non posso fare a meno di “pensare internazionale”.

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