"Fellini dream" della compagnia Nogravity approda al Biondo di Palermo

L'idea di trasformare il film mai realizzato di Fellini, in una sceneggiatura per il teatro, nasce da Pamela Villoresi, direttrice del Teatro Biondo di Palermo che da oggi ospiterà lo spettacolo diretto da Emiliano Pellisari

"Fellini dream" della compagnia Nogravity approda al Biondo di Palermo
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7 Dicembre 2021 - 19.32


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di Alessia de Antoniis

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Da oggi al 12 dicembre il Teatro Biondo di Palermo ospita, in anteprima nazionale, “FELLINI DREAM” della compagnia Nogravity. Fellini Dream nasce dal soggetto del film di Federico Fellini, Il viaggio di G. Mastorna, ed è il frutto del lavoro congiunto di Emiliano Pellisari con la sua compagna artistica e di vita, Mariana/P. Sul palco due straordinari attori: Graziano Piazza e Viola Graziosi.

 

Diretto da Emiliano Pellisari, Fellini Dream è uno spettacolo etereo, onirico, divertente. Una magia circense che rievoca il mondo ultraterreno immaginato dal grande maestro, percorrendo le coste frastagliate dell’immaginario e dell’inconscio. Una fusione di prosa, danza, musica e illusione scenica sulle note delle musiche di Nino Rota.

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Ma anche un superamento di quella misoginia felliniana che Mariana/P riesce a sovvertire: “Ho scelto come protagonista una donna, dando una chiave di lettura nuova e provocatoria. Federico Fellini è diventato Federica, una donna che, attraverso successive, piccole morti, arriva alla morte completa. In questo processo lei palesa una grande energia che domina anche l’uomo. Con Emiliano, abbiamo affrontato la misoginia felliniana con un’inversione”.

 

L’idea di trasformare il film mai realizzato di Fellini, in una sceneggiatura per il teatro, nasce da Pamela Villoresi, attuale direttrice del Teatro Biondo di Palermo. “In anni non sospetti – racconta il regista Emilio Pellisari – Pamela mi presentò il testo di Il viaggio di G. Mastorna. Pensava che un riminese come me, con una fantasia folle simile a quella felliniana, potesse essere adatto ad affrontare il copione. lo lessi ed era abbozzato, come in genere erano i copioni di Fellini: i suoi erano più dei canovacci. Mi hanno entusiasmato i temi affrontati, ma ho riscritto un testo liberamente tratto da Fellini, una sceneggiatura completamente nuova.

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Nelle note di regia, lei parla del viaggio sciamanico nel mondo dei morti di G.Mastorna, morto in un incidente aereo. In realtà il viaggio iniziatico lo fanno i vivi. Dante, un altro personaggio che lei ha affrontato, viaggia da vivo. Solo così posso trasformare me e quindi l’ambiente circostante…

Il mondo alchemico è molto affascinante e io l’ho affrontato fin dalla mia prima opera, “Daimon Project”. È un tema per me molto sensibile. Non c’è dubbio che l’uomo si trasforma profondamente e intimamente solo attraverso un’illuminazione e un’iniziazione. In questo senso, ciò che accade a noi interiormente, è ciò che accade a tutti. Questo è il significato dell’iniziazione.
Conosci te stesso era la massima cara a Socrate. E Socrate amava anche danzare, come notiamo anche nel Simposio, dove parla della parte dionisiaca. È il grande lavoro del teatro, dove non abbiamo mai la razionalità pura, ma neanche il dionisiaco puro. La danza è qualcosa che unisce il dionisiaco con l’apollineo.

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Apollineo e dionisiaco come i due clown, il Bianco e l’Augusto, presenti nella poetica felliniana?

Infatti tutti i costumi dello spettacolo sono da clown. Ho deciso che anche i morti, nel mondo di Fellini, sono clown. È il modo migliore per rappresentare un dramma: con grande ironia; una chiave di lettura leggera per indagare il tema della morte e le paure dell’essere umano. Così il viaggio che affrontiamo diventa divertente, nonostante parli di morte.

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È curioso che un uomo così superstizioso avesse deciso di scrivere un simile testo. Sembra che il progetto si sia interroto perché il sensitivo Gustavo Rol lo sconsigliò di parlare di morte, nonostante la battaglia legale scatenata dal produttore De Laurentiis per inadempienza contrattuale…

Alla fine non fecero mai il film perché sia Fellini che De Laurentiis erano superstiziosi. Fellini, poi, era un pantofolaio: smuoverlo era molto difficile e forse non aveva più voglia di portare a termine il progetto. Le litigate furibonde tra lui e De Laurentiis, e le battaglie legali, erano famose. Erano due personalità estremamente forti e hanno avuto un rapporto conflittuale per tutta la vita. Era un’altra epoca…


Fellini può piacere o no, ma è uno di quei registi che ci hanno dato un altro cinema…

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A mio parere l’arte cinematografica italiana muore con il cinema degli anni Settanta. Dopo i grandi registi che abbiamo avuto, da Visconti a Rossellini, a Antonioni, Fellini, De Sica, c’è un vuoto palpabile.

 

Questo film, anche se mai realizzato, è stato considerato una cassetta degli attrezzi per altre opere. Nell’aver preso vita in altri film, possiamo ravvisare una sorta di viaggio oltre la sua morte?

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È sicuramente una cassetta degli attrezzi, ma non saprei dire quali scene sono state utilizzate e dove. In realtà i temi di Fellini sono presenti in tutti i suoi film: il sesso, l’erotismo, il senso di colpa, il cattolicesimo. Il suo modo di vedere la donna: in chiave erotica, ma anche come thanatos, la morte. In tutti i suoi film la vita è vista come un viaggio. Pensiamo a La dolce vita, a 8 1/2, sono tutti viaggi iniziatici. Fellini ripete se stesso come tutti i grandi artisti che, ripetendosi, sono meravigliosi e unici. In questo senso Fellini è un mostro sacro dell’arte contemporanea, perché ha saputo affrontare determinati temi con intelligenza e con una vastità di cultura umanistica tipicamente italiana che pochi registi al mondo hanno.

 

Nel film La Ricotta, Pasolini fa dire ad Orson Welles, a proposito di Fellini, “egli danza”. Ne La voce della Luna, Paolo Villaggio dice “il ballo è un volo, è un inno alla vita!”. L’arte performativa della compagnia Nogravity è il giusto mezzo per far vivere il mondo onirico felliniano?

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Fellini è un regista vicino alla nostra arte. In ogni suo film, gli attori si muovono danzando, ecco perché, per noi, il lavoro su Fellini è stato naturale. In Casanova, ad esempio, i movimenti dei corpi e delle braccia sono curate nei minimi particolari. Lo stesso atto sessuale della suora è coreografato, e il movimento delle sue mani è una coreografia contemporanea. La scena finale, dove Casanova balla con il manichino, è la danza con la morte, una donna che è stata svuotata di ogni significato ed è diventata un burattino. Il Casanova è questo: colui che trasforma la donna e la svuota gradualmente.

 

E il teatro è il tempio dove far vivere questo film, mettendo insieme prosa, danza, musica, per compiere, finalmente, quel viaggio onirico che Fellini aveva progettato?

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Assolutamente sì. Questa è la nostra chiave. Fellini Dream è un viaggio onirico, folle, della fantasia. È ciò che vogliamo offrire al pubblico. Se, da artigiani, riusciamo ad offrire due ore di fantasia, mi sembra un buon risultato. Riuscire a tornare alla fantasia, in questi tempi, mi sembra già un grande passo.

 

Parlando di fantasia, Paracelso diceva che il potere di una fervida fantasia è la componente principale di ogni operazione magica. Fellini che diventa un mago?

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Su questo mi viene in mente anche Giordano Bruno. Non c’è dubbio che, nel Cinquecento, la fantasia fosse una riscoperta dopo la razionalità del Quattrocento. Giordano Bruno dice che Dio creò la terra per mezzo della fantasia. Penso che sia meraviglioso vedere nell’uomo questo potere divino di creare mondi attraverso la fantasia.

 

È troppo fantasioso vedere nelle scenografie di Fellini Dreams alcune installazioni di Lucio Fontana?

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Fontana è uno dei riferimenti estetici fondamentali nel mio lavoro.

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