'Scritture' per sfidare il silenzio delle sale vuote: nasce la scuola di drammaturgia di Lucia Calamaro

La drammaturga guiderà un progetto condiviso da cinque istituzioni teatrali per la fondazione di una scuola di drammaturgia di alto livello

'Scritture' per sfidare il silenzio delle sale vuote: nasce la scuola di drammaturgia di Lucia Calamaro
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Giuseppe Cassarà Modifica articolo

25 Marzo 2021 - 15.17


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La drammaturga Lucia Calamaro, tra le autrici italiane più originali, guiderà un progetto coraggioso in questo periodo di crisi senza precedenti per il mondo dello spettacolo: cinque istituzioni teatrali (il Riccione Teatro, il Teatro Stabile di Bolzano, il Teatro della Toscana, il teatro Bellini di Napoli e il Sardegna Teatro) lanceranno una scuola di drammaturgia dal nome ‘Scritture’. 

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Aperta a quindici partecipanti da selezionare tramite concorso, la scuola sarà itinerante, con appuntamenti in tutte le sedi dei partner (Bolzano, Napoli, Toscana, Sardegna e Riccione) dal 24 maggio al 21 novembre 2021: otto settimane piene, da lunedì a domenica, intervallate da periodi di lavoro individuale. I destinatari sono persone di ogni età: autori e autrici, ma anche professionisti e professioniste con un background drammaturgico, attoriale, registico, coreutico o performativo, che siano usciti da una scuola teatrale da almeno due anni o abbiano cinque anni di pratica sul campo, e che vogliano affinare la loro capacità di scrittura con un corso di livello avanzato.

Sensibile alle scritture più originali e internazionale per vocazione, Lucia Calamaro accompagnerà ogni studente nella stesura di un nuovo testo, aiutando ciascuno a sviluppare in autonomia le proprie idee e il proprio stile.

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È un momento drammatico per il mondo dello spettacolo, come purtroppo sappiamo: si dice, un po’ retoricamente, che maggiore è la difficoltà, più grande sarà la rinascita. ‘Scritture’ è un progetto che punta a questa rinascita, con ottimismo: ma forse, prima della rinascita dei teatri, intesi come luoghi fisici, a dover essere ‘curati’ sono proprio gli artisti. È questo il senso di un ritorno alla radice della drammaturgia, ossia la parola scritta? 

La parola ottimismo, che tu usi, è una delle parole chiave di questo progetto.

Ma c’è anche la parola occasione. Un’occasione data dalla crisi. Forse se tutti i teatri fossero stati a pieno regime, producendo, aprendo, facendo, questa scuola non avrebbe trovato modo e spazio mentale, nonché economico, per esistere. Ma questa sospensione ha creato l’occasione, condannandoci a enormi momenti di silenzio, di vuoto, nel nostro fare. E mai come nel silenzio non voluto, troppo prolungato, l’arrivo della parola, è benvenuto. 

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Le occasioni sono rare. Non vederle arrivare, non prenderle,  non cavalcarle, è una forma di assenza di intelligenza.

Questo progetto parte dalla parola, si muove intorno alla parola, con una vocazione ellittica. Si tratta di partire da lì ed allargarsi, allenare gli artisti a una dimensione di “tuttofare”, che è una pulsazione quasi fisiologica del teatro, che forse da un po’ è stata dimenticata.  L’avvento di un nuovo capocomicato è per me il punto di arrivo.

È un progetto che lega tutta Italia: in questo anno e mezzo drammatico, quanto è importante che le istituzioni della cultura rimangano unite, cercando di raccontare l’intera Italia? 

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Confesso che è una cosa abbastanza commovente questo allineamento italiano intorno alla causa della parola. È motivo di fierezza questa compattezza, questo abbandono delle territorialità singole in favore di una causa comune. E secondo  me ha parecchio a che vedere con il fatto di rincontrarsi dopo tanto tempo. Quando lo spettatore si siederà di nuovo a teatro e chiederà a chi c’è sul palco, come a un vecchio amico che non ha visto da un po’: che anno eh? che momento difficile…te come è andata, che mi racconti”, beh, io spero che lì noi si sia pronti ad avere parecchie storie da raccontare. Si tratta di identificare e di far uscire quel qualcosa che c’è nel tempo. Il “già noto” lo chiamava Freud. È  questo in fondo  il compito dell’artista. Sarà quindi  in grande misura anche il nostro. 

Il percorso dei testi selezionati vivrà di contaminazioni e di influenze provenienti da tutto il mondo dell’arte. Questo mi sembra il tema di ‘Scritture’: un’unità di intenti e di azioni per trovare la propria voce artistica. È così?

Beh, uscire dall’angoletto in cui per forza  di cose ci siamo rintanati, individualmente e artisticamente, è il motivo per  cui Scritture lavora in gruppo. Il confronto, l’amore e il fastidio dell’altro sono sempre stati la risorsa dell’artista ma quest’anno di più. Siamo tutti ben disposti all’altro, perché ci è mancato. E poi i confini , i limiti, le differenze, i generi sono ideazioni mentali che stanno vivendo una profondissima crisi, al di là dei nazionalismi. Servono nuove categorie, nuove forme e mutazioni , nuove specie. Insomma, avremo tutti un bel da fare.

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Nel percorso di creazione artistica, capita che il risultato finale sia lontanissimo da ciò da cui si era partiti. Da questo progetto, dai progetti che saranno selezionati, cosa si aspetta? E cosa cerca nei testi originali? Qual è l’elemento o gli elementi che le fanno comprendere che in un testo c’è del potenziale per iniziare il percorso di Scritture? 

Il bello di scrivere è che capisci di cosa volevi parlare e in che modo solo verso la fine. È un processo epifanico, di te, e del reale, che prima di esser messo giù su carta non si rivela. Il processo quindi conta altrettanto ma non di più dell’oggetto in sé. Che poi in teatro è sempre un po’ incompiuto. Sicuramente finché non diventa spettacolo, ma anche dopo la prima settimana di repliche, o il primo mese,  si può cambiare, aggiustare, migliorare, tagliare. Anzi dovrebbe esser cosi, un continuo capire ed aggiustare il tiro per farsi meglio capire dal pubblico e per dirla meglio. Il lavoro sul linguaggio può essere infinito. L’elemento che cerco è il talento di tradursi in parola. E purtroppo o per fortuna, salta agli occhi. Anche se non lo so definire se non con la sensazione molto intima, mentre uno legge o ascolta, di aver incrociato un essere umano vero, con la sua unicità, che si staglia li, messo a nudo tra le tue mani, in due paginette ancora calde di stampante.

Il bando di concorso e il modulo d’iscrizione sono disponibili sul sito www.riccioneteatro.it. Per accedere alle selezioni, entro il 10 aprile va inviata all’indirizzo scuola@riccioneteatro.it un’email con oggetto “Scritture 2021” e i seguenti allegati: il modulo d’iscrizione compilato; il curriculum; una fotografia; un’autobiografia discorsiva con cui presentarsi in modo originale a Lucia Calamaro; un breve dialogo sul “niente” per mostrare il proprio stile; se hanno già scritto una drammaturgia, i candidati possono inoltre aggiungere un estratto di due pagine (facoltativo). Sulla base di queste candidature, verrà effettuata una prima scrematura, cui seguirà un’audizione al Teatro della Pergola di Firenze (2830 aprile) per definire le candidate e i candidati ammessi. La scuola avrà un costo contenuto: 250 € di quota e 50 € di spese di segreteria. L’ospitalità nelle diverse sedi di lezione sarà a carico dell’organizzazione; restano a carico dei partecipanti i costi di trasferimento. Viste le limitazioni legate alla pandemia, il calendario delle selezioni e delle lezioni potrebbe subire delle variazioni, che saranno in ogni caso comunicate per tempo.

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