Nadia Baldi: “Anche nella cultura una donna ha più difficoltà, è assurdo” | Giornale dello Spettacolo
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Nadia Baldi: “Anche nella cultura una donna ha più difficoltà, è assurdo”

La regista, attrice e attrice, vice direttore del Napoli Teatro Festival, ha appena girato un docufilm su Rosa Parks. “Siamo persone che lavorano, non il bingo. Fare teatro in streaming? E i fondi?”

Nadia Baldi: “Anche nella cultura una donna ha più difficoltà, è assurdo”
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10 Novembre 2020 - 21.23


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di Alessia de Antoniis

Regista, attrice, autrice, Nadia Baldi, classe 1966, si muove indistintamente tra teatro, cinema e opera lirica. Per Ruggero Cappuccio è vice-direttore artistico del Napoli Teatro Festival (NTF – ndr), che anche quest’anno, in piena pandemia, si è confermato un evento di livello internazionale. Ha appena finito di girare Autobus 2857, un docufilm su Rosa Parks, l’afroamericana che nell’Alabama del 1955 si rifiutò di cedere il suo posto sull’autobus 2857 a una donna bianca, dove dirige Vinicio Marchioni.

Una donna dietro la macchina da presa e alla direzione dei teatri è un’eccezione. Non pensa sia anacronistico che, proprio nel mondo della cultura, si debba ancora chiedere più spazio per le donne?
Me lo chiedo da tanto tempo, ma noi artisti siamo delle piccole isole. Ognuno di noi vive il proprio lavoro all’interno di un suo mondo immaginario. Sembrerà assurdo, ma siamo degli elementi molto fragili e abbiamo difficoltà a creare connessioni. E il mondo artistico femminile, non so per quale motivo, ha ancora più difficoltà. In realtà ci sono molte donne che fanno regia ma che non riescono ad accedere al mondo più patinato, come ad esempio la televisione. Ne conosco tante e sono brave. Basta vedere anche nei ministeri della cultura: ministro donna ricordo solo Giovanna Melandri (dal 13 aprile 1988 al 23 luglio 1989 fu ministro Vincenza Bono Parrino dell’allora Partito social democratico ma ha inciso talmente poco che, appunto, nessuno la ricorda, ndr). Quando era ministro, dopo un nostro spettacolo, la Melandri ci inviò un telegramma per ringraziarci e per farci i complimenti. Cosa mai più accaduta.
Un lavoro che noi cerchiamo di fare al NTF, è quello di rendere più visibili gli invisibili, dando spazio a registe, autrici, attrici, donne che hanno a che fare col mondo della cultura.

Cosa significa il NTF per il teatro e la cultura italiani, e per l’economia partenopea?
È stato un grandissimo successo. In mezz’ora avevamo esaurito i biglietti. Ci siamo dovuti inventare doppie repliche, prove aperte al pubblico, streaming, per soddisfare le richieste. Abbiamo dato lavoro a 1500 lavoratori dello spettacolo. Per la prossima edizione sono arrivate tantissime richieste, molte dall’estero. Siamo diventati un riferimento importante a livello europeo. Ora è una fase diversa, c’è un grande sbandamento, ma abbiamo ma abbiamo deciso di non fermarci. Avevamo il progetto invernale del festival, Quartieri di Vita: abbiamo rimodulato i progetti facendoli diventare esperimenti tra il cinema e il teatro. Questo per consentire alle compagnie una continuità nel lavoro nonostante le difficoltà.
La falsa idea che il teatro sia un divertimento, un’improvvisazione, è stancante. Il nostro problema non è il Ministero dei Beni Culturali, ma il Ministero del Lavoro. Noi dovremmo interfacciarci col Ministero del Lavoro, perché siamo persone che lavorano. Ci paragonano al bingo o all’intrattenimento, ma non è così.

Quanto vale il NTF in termini economici?
NTF quest’anno ha avuto un finanziamento dalla Regione di 5 milioni di euro. Più 400 mila euro dal Ministero. Essendo una fondazione non a scopo di lucro, sono stati spesi per le 140 compagnie che sono venute da tutto il mondo e per i 1500 tecnici. Più l’indotto: alberghi, ristoranti, taxi… Speriamo che non ci taglino i fondi.

Se quella dello spettacolo fosse una categoria compatta, non crede che avreste un peso politico vicino alla serie A? Se chiudono i teatri, molti non ci fanno caso. Se sospendete isole e grandi fratelli, la gente scende in piazza come per il calcio…che va in onda grazie alla televisione. Nella voce spettacolo, insieme a Piero Angela o attori impegnati, ci sono anche D’Urso e De Filippi…. perché non sfruttare questo potere contrattuale?
È un’ipotesi che è stata messa in campo, ma non ci dimentichiamo che le persone che lei cita, non credo abbiano la stessa idea. Sicuramente è un comparto che non ha mai creato una forza unica. In questo momento l’urgenza sta facendo muovere alcune cose, ma poi bisogna avere la forza di andare fino in fondo. Appena hanno chiuso i teatri, ho pensato: tanto se devono fare la pubblicità della Barilla, la fanno lo stesso con attori famosi.
Guardi la strumentalizzazione della morte di Proietti, una bellissima persona con la quale ho avuto il piacere di collaborare. In un momento in cui a nessuno interessa niente degli attori, tutto quello che sta accadendo sembra un’ipocrisia. Siamo davanti alla morte di un grande del quale fino all’altro giorno non importava niente a nessuno.
La situazione è complessa. Ne parlavo con Vinicio (Marchioni – ndr), con il quale abbiamo girato fino a qualche settimana fa: bisognerebbe non fare più nulla, non andare sui set, in televisione, da nessuna parte. Tutti insieme: attori, tecnici, uffici stampa… Tutti. Ma poi la forza non si trova mai.
Poi ti ritrovi un ministro che dice dice che non abbiamo capito la situazione, che ti fa anche sentire in colpa, mentre tu stai dicendo che forse la cultura poteva essere uno spiraglio davanti a una depressione culturale e psicologica…
Con il NTF stiamo continuando a lavorare, programmando, ricevendo e valutando progetti. Continuiamo con il lavoro a distanza, cercando di dare lavoro. Ma siamo una goccia nel mare

Nella mediateca del NTF ci sono spettacoli teatrali in streaming. Il teatro va vissuto, è una forma d’arte immersiva. Perché questa scelta?
Nel nostro caso lo streaming è nato durante il festival per soddisfare le richieste e gli spettacoli rimanevano in rete massimo una settimana. La chiusura dei teatri, però, ha bloccato le tournée di produzioni totalmente inedite, debutti nazionali. Chi ha debuttato al NTF è partito già con un handicap, perché i pochi teatri che avevano riaperto dovevano già recuperare la stagione precedente e le nuove produzioni si sono trovate con le piazze già occupate. Da qui l’idea di renderli fruibili sulla nostra mediateca. È stato il nostro modo per restituire alle compagnie il senso lavoro svolto.

Ha appena finito di girare Autobus 2857 con Vinicio Marchioni: che progetto è?
Nasce attorno alla figura di Rosa Parks, la prima donna nera che nel 1955 ebbe il coraggio di dire no: non volle lasciare il suo posto su un autobus a una donna bianca. Questo è per me un espediente per parlare di tutte le forme di razzismo. Noi lo vediamo solo come un problema di colore, di razza, mentre per me avvolge qualsiasi azione che abbia a che fare con la violenza. Doveva debuttare in teatro con musica dal vivo, con Vinicio Marchioni. Quando ho capito che non avrebbe debuttato, mi sono rimodulata realizzando un docufilm per il teatro. Lo abbiamo girato nel suggestivo museo ferroviario di Pietrarsa, approfittando del fatto che i musei non erano stati chiusi. Vinicio, quando è arrivato, mi ha detto “ma dove mi hai portato? Non avrei mai immaginato di girare in un posto così”. I set erano su vagoni dei primi del secolo scorso.

Rosa Parks non si rese conto della portata di quel no, ma decise di non subire più. Da un’azione, partì una rivoluzione. Vede i semi di una nuova rivoluzione culturale?
Sì. Ora, oltre alla rabbia, c’è paura, perché stanno facendo terrorismo. Con la paura ci si immobilizza o si tira fuori coraggio. È quello che è successo a noi quando abbiamo deciso di portare avanti NTF. Abbiano detto no in modo spontaneo, come Rosa Parks, e siamo andati avanti.
Una novità è che il mondo dei cosiddetti vip ha iniziato a dialogare con il mondo degli invisibili. Questo è il primo miracolo, perché c’era stata una divisione esagerata tra grandi nomi e attori meno importanti. La crisi sta creando una nuova coscienza. I tempi non sono maturi, ma una maggiore umanità nel nostro ambiente farà bene a tutti.
Ho fiducia nei giovani. Sono tanti quelli che lavorano con noi o che ci chiamano: sono menti interessanti. È incredibile come in questo momento di paura, disagio, confusione, mi telefonino e io rispondo personalmente, cerco di capire che cosa si può fare, di dare fiducia; ma sono loro che danno energia a noi.

Ho visto un grande Roberto Herlitzka col De rerum natura. Perché non si usa il teatro, fatto da attori professionisti, per avvicinare i ragazzi alla cultura, contrastando la dispersione scolastica e i danni che la Didattica a distanza ( la “Dad”) sta creando?
Ho lavorato tante volte con Roberto e credo che sia un grandissimo attore italiano che non ha avuto la visibilità che merita. Abbiamo fatto tanti esperimenti nelle scuole. Il ministro Franceschini dice che dovremmo preoccuparci di fare qualcosa in streaming. Dove sono i fondi. Chi stabilisce come si fanno le produzioni? Ricominciamo con il giro vizioso dei titoli obsoleti o progettiamo un’azione culturale vera fino in fondo? Questo è il solito problema. Finché avremo al governo o alle direzioni dei teatri persone che non vanno a teatro, al cinema, all’opera, non leggono, è chiaro che parliamo due lingue diverse. Non puoi pensare di risolvere solo perché hai un potere.
Il mio obiettivo è che Autobus 2857 diventi virale soprattutto tra i giovani. Durante un documentario per il NTF per Rai5, chiesi: che cosa si può fare affinché la cultura abbia una sua forza? Una persona mi rispose: sarebbe bello che diventasse una moda.

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