di Manuela Ballo
Può un’opera come l’Enrico IV di Shakespeare esser rappresentata in maniera semplice e divertita senza intaccarne la sua natura classica e rendendola comprensibile ai più? Andrea Pennacchi e il suo entourage formato da Jenni Lea Jones, Riccardo Gamba e Giorgio Gobbo, che ne ha curato le musiche, hanno reso possibile quest’operazione. È stata rispettata la forma del lavoro shakespeariano (il perfetto uso dell’inglese) e la stravaganza di un personaggio come quello di Falstaff, reso incredibilmente attuale dall’uso del dialetto veneto. Altre due scelte permettono l’operazione di attualizzazione di questo classico: la scenografia e la musica.
La scenografia è semplice e gli attori, come in una sorta di diretta radiofonica, introducono gli atti interagendo fra loro e cercando di coinvolgere il pubblico (partecipazione che in realtà si attiva solo nelle parti musicali), in questo senso, la WillRadio, il cui simbolo fa bella mostra di sé nel tavolo della diretta, permette di dare al dramma un taglio originale, fresco e, soprattutto, contemporaneo.
Il lavoro sulla musica è stato complesso, al pari di quello fatto sul testo. Si alternano, infatti, canzoni sia d’epoca sia appartenenti al repertorio della musica dei nostri tempi. Il bardo conduce le danze non solo favorendo lo scorrere leggero della rappresentazione, ma divenendo parte stessa della narrazione del testo: in scena, oltre al bardo, cantano un po’ tutti, cercando di coinvolgere il pubblico in sala, come se si fosse non a teatro, ma in una diretta radiofonica che era segnalata dal classico avviso “on air”, cioè stiamo trasmettendo.
Oltre alle musiche che Giorgio Gobbo ha scritto appositamente per questo spettacolo, da segnalare è l’attento uso di alcuni brani come quelli di Fabrizio De André con il suo “Geordie”, “Personal Jesus” dei Depeche Mode, “Don’ t look back in anger” degli Oasis e dei Beatles.
Il dramma Shakespeariano dell’Enrico IV, è stato per l’occasione riadattato in chiave contemporanea senza tuttavia che perdesse la sua originale essenza: la storia rimane la stessa, basata sul conflitto tra il Re e suo figlio, il futuro Enrico V, cui sarà dato il soprannome di Chicco. In realtà, la vera novità è rappresentata dal ruolo centrale di John Falstaff. A dire il vero si è trattato di un’ulteriore sottolineatura, poiché già Shakespeare, nel sottotitolo della sua opera, mette in risalto il ruolo del maestro del figlio: ” la storia di Enrico IV con le battaglie contro i ribelli del nord, e le trovate comiche di Falstaff”. E’ evidente, quindi, come l’autore volesse tratteggiare, oltre ad una fetta importante della storia d’Inghilterra, anche il delicato rapporto tra il maestro e l’allievo, ponendo così il grande tema del potere.
Quasi tutta la messa in scena ruota attorno alla dialettica tra il principe ribelle e scapestrato e il suo cattivo maestro Falstaff, appunto, ex combattente e nobile decaduto abituale frequentatore di bettole. È qui che emerge con gran forza, l’idea che muove l’interpretazione del testo di Shakespeare e la grandezza scenica di Andrea Pennacchi.
La capacità di raccontare la vita delle bettole, il vivere di chi è costretto ad arrangiarsi per sopravvivere, e gli emarginati di ogni epoca si evidenzia nei suoi monologhi (stupendo l’affresco dei bar anni Sessanta) ma anche nei duetti e nelle dispute con il suo allievo magistralmente interpretato da Riccardo Gamba. L’allievo compare di merende di Falstaff e depravato in origine quanto lui, è destinato, però, a differenza di lui a diventare re. Una differenza che segna nel finale l’intera opera. Il rispetto anche formale dei dialoghi, è reso con efficacia dall’attrice Jenni Lea Jones, con una dizione che esalta l’opera nella sua lingua originale con il tono di chi padroneggia la lingua tanto da apparire, volutamente, goffa quando è costretta a misurarsi con l’Italiano. Questi gli elementi, che hanno sancito il successo di questo debutto Nazionale di un’edizione riveduta e corretta dell’Enrico IV visto da Pennacchi in occasione del Todi festival. Chi segue la televisione ha potuto godere della verve di un personaggio, Il Pojana, che ha scaldato le puntate di questa edizione di Propaganda live. Qui più esuberante e mattatore.