di Stefano Miliani
«I maschietti di oggi dovrebbero riconoscere la parità tra uomini e donne ma sono rimasti stupiti dai grandi passi compiuti dalle donne e a denti stretti non vogliono ammetterlo. Forse sono un po’ come un bambino cresciuto male». E il cambiamento tanto sbandierato dal governo lo vede solo in slogan e frasi fatte. La riflessione viene dalla voce di Leo Gullotta, attore del cinema, non soltanto in veste comica ma spesso anche in ruoli drammatici, e tra i più apprezzati doppiatori. Adesso calca le tavole dei teatri come protagonista di “Pensaci, Giacomino”, adattamento della novella e poi commedia di Luigi Pirandello che, dopo il debutto nella sua città natale Catania, è al Teatro Ambra Jovinelli di Roma dal 14 novembre al 25 novembre e al Teatro Duse di Bologna dal 1° febbraio al 3 febbraio 2019.
Scritto nel 1951, e rielaborato per il teatro nel 1917, il testo racconta del professor Toti (Leo Gullotta) che per aiutare una ragazza incinta le propone di sposarla lasciandole pertanto la sua pensione dopo la morte. Di fronte a una società che rifiuta tanta apertura mentale e generosità alla fine Giacomino, padre del piccolo, se ne andrà con la giovane donna. Lettura drammaturgica e regia di Fabio Grossi
Gullotta, un Pirandello in scena, autore molto frequentato nei nostri teatri.
A dire il vero “Pensaci, Giacomino” non veniva messo in scena da 35 anni. Questo autore premio Nobel ha scritto testi importantissimi che invitano alla riflessione oggi. Il protagonista è il professor Toti, un uomo anziano. A Catania ha debuttato con grandissimo successo.
Qual è l’idea portante del regista?
È raccontare l’anzianità di oggi, la solitudine, la condizione femminile, l’arrivismo dei burocrati, i disagi della scuola pubblica (compresi i disagi degli insegnanti), l’invadenza dei rappresentanti ecclesiastici, l’uomo depauperato fino al riscatto d’orgoglio.
Nelle note si definisce “bigotta” la società contro cui si scontrano i personaggi. Chi ne fa le spese, più di tutti?
La donna che si vuole mantenuta e sottomessa. Si racconta l’ignoranza che genera violenza come la troviamo ogni giorno nelle cronache. Questo signore, Pirandello, nel 1917 ha visto il futuro in maniera straordinaria. Oggi riprendono i suoi testi per riscriverli il che mi sembra assurdo: chi lo fa scriva da sé una storia, usare certi autori non va bene, è una furbizia all’italiana.
Trova ancora un bigottismo legato alla religione?
Certo. In “Pensaci, Giacomino” vediamo come siano ancora vivi questi temi. Fabio Grossi ha ambientato lo spettacolo negli anni ’50, perché in quegli anni si usciva dalla guerra, era un’Italia carica di speranza, con una scenografia in cui riprende l’Espressionismo tedesco.
Lei come vede oggi il nostro Paese?
Da mettersi le mani nei capelli, è la mia risposta. Vedo il nulla con frasi fatte e slogan. Capisco perché: pensano a una campagna elettorale per le prossime elezioni europee. Con 57 anni di carriera nel mio lavoro e 72 di età non vedo un cambiamento se non di linguaggio, di frasi fatte, ma non so chi aiuti a riflettere e a pensare.