di Margherita Ingoglia
E’ possibile ridurre un teatro, tempio della cultura, in un grezzo tappeto rosso per passerelle politiche? Perché un teatro popolare dovrebbe finire destinato solo a pochi eletti invece che alla città, al popolo?
Venti miliardi delle vecchie lire per 40 anni di attesa fanno un totale di circa 25 milioni di euro. Queste sono solamente alcune delle cifre, ancora in fase di aggiornamento, che ruotano intorno al girovita delle più grandi opere incompiute siciliane: il teatro Samonà di Sciacca.
Progettato nel 1974, il gigantesco edificio Decò in calcestruzzo, dopo decenni di promesse e speranze, torna ad essere protagonista delle cronache più convulse. Tra inaugurazioni evanescenti e chiusure lampo, il teatro, progettato da Alberto e Giuseppe Samonà, continua a far parlare di sé. Con un (presunto) documento inviato alla Regione Sicilia infatti, si riaccendono i riflettori sul sipario e viene scomodato addirittura l’attore bolognese, Stefano Accorsi. Ma non è tutto: a mantenere alto il volume del dissenso da parte dei cittadini di Sciacca, che male hanno accettato la riapertura -spot del Samonà, moltissimi giovani di tutta Italia, hanno dato vita ad una protesta bianca, molto social, lanciando l’hashtag #RiapriteilSamonà.
Ma andiamo con ordine: la vicenda ha inizio lo scorso 22 maggio quando, in occasione del congresso distrettuale del Rotary Sicilia – Malta tenutosi a Sciacca, con poca sorpresa per il sindaco del comune agrigentino, Fabrizio Di Paola, ha presenziato anche il Ministro degli Interni, Angelino Alfano. Il simposio si è tenuto proprio tra le mura del faraonico teatro popolare che, non ancora del tutto completato in vista della reunion rotariana ha ottenuto (il Comune) la concessione delle ultime autorizzazioni per riaprire l’edificio, e tagliare così il nastro inaugurale al Samonà.
(Tra gli anni 80 e 90 erano stati spesi circa due miliardi di lire per pavimentazioni, gradoni e rivestimenti di scale. Più tre miliardi spesi per opere tecnologiche, elettriche ed accessorie lasciate al macero per circa 30 anni. Nel 2007 arrivano dalla Regione Sicilia, 8 miliardi e mezzo di euro che, con l’allora sindaco Mario Turturici e l’assessore ai lavori pubblici della Regione Sicilia, Luigi Gentile avevano promesso il completamento dei lavori in due anni. Era il 2009. Ad oggi manca ancora da definire il palcoscenico).
La concessione delle autorizzazioni per la convention Rotary sarebbe avvenuta grazie alla mediazione degli stessi componenti del Club che da ospiti si sono fatti intercessori con la Regione: due serate ad ingresso esclusivo per gli accoliti del Rotary con tanto di concerto dell’orchestra “Cataldo Amodei”, diretta dal maestro Antonio G. Bono, e cena finale inclusa.
Durante terza serata invece il teatro è stato aperto al pubblico, ma con ingresso a pagamento per i non rotariani, il cui ricavato sarebbe stato devoluto in beneficenza. (Ma il Comune aveva l’autorizzazione per vendere i biglietti?)
Eppure, come nelle migliori commedie dell’assurdo che si rispetti, durante le quali si è passati da un’inaugurazione/farsa in pompa magna, ad una chiusura lampo a serramanico – giusto il tempo per fare arieggiare gli 822 posti a sedere – finita la tre giorni rotariana, tutto è tornato sottovuoto e il sipario si è chiuso ancora una volta. Una simpatica illusione ottica, et voilà: il Samonà nuovamente nel silenzio, o quasi.
Molti sono stati i dissensi e le polemiche sollevate in merito alla vicenda, tra cui anche quella del Clun UNESCO saccense che, nei giorni successivi alle passerelle rotariane, aveva fatto appello “a tutti i cittadini a tenere alta l’attenzione e la tensione sul definitivo completamento del teatro ed evitare che ciò che è stato realizzato vada in rovina”.
Ad accogliere tale proposta tre giovani di Sciacca, anzi due, hanno fatto circolare sui social una richiesta di “concessione a titolo gratuito del teatro popolare per il giorno 6 giugno”. Nel documento si legge che l’edificio veniva richiesto a titolo gratuito per assistere alla ‘finale di Champion’. Richiesta, per altro, mai protocollata e mai giunta sui tavoli del Palazzo di Piazza Indipendenza di Palermo.
Le ciliegine sulla torta sarebbero gli ideatori e firmatari della richiesta incriminante che ha scatenato commenti, ironie e fraintendimenti: Peppe Caracappa, Nicola Termine (cittadini di Sciacca) e Stefano Accorsi… proprio quell’Accorsi del film “L’ultimo bacio” di Muccino. Ottimo testimonial se non fosse che il suddetto sarebbe all’oscuro di tutto, e che palesemente si trattava di una pungolata provocatoria, che di fatto è riuscita a fare discutere. Anche gli addetti ai lavori hanno risposto nervosamente alla richiesta, non cogliendo probabilmente il sarcasmo del documento (“non far entrare i gufi”; “no pascolo abusivo”).
Dai social, intanto continua la richiesta da parte di giovani di tutta Italia che hanno prestato il loro volto per farsi fotografare con in mano un foglio con la frase ‘Basta scherzà #riapriteilSamonà’.
Sarebbero ancora tante le domande da fare, come chiedersi che senso avrebbe vantarsi di avere un teatro che non serve alla realtà territoriale; o perché sono stati spesi così tanti soldi per una struttura mastodontica rimasta inutilizzata. Che il Samonà diventi il prossimo gingillo di campgna elettorale? O, come qualcuno aveva scherzosamente predetto, possa cambiare destinazione e diventare davvero un ristorante con Carlo Cracco testimonial? The show must go on!