Tre giorni di teatro e poesia imperdibili a Roma. In mezzo a tanto teatro televisivo, scopiazzamenti, format europei importati acriticamente, ogni tanto bisogna ristorare la mente e il cuore con l’arte che sgorga dal profondo di uno spiritolibero, di un artista eretico e senza alcun rapporto con i valori imposti dal sistema economico di mediocrità e ammanicamenti.
Il 24 si parte con Simone Weil_concerto poetico.Un lavoro unico, un gioiellino raro. Ed è questo il tempo giusto per sentire il battere di queste parole sull’incudine della storia. Se esistesse um senso della cultura non legato al niente che offusca l’orizzonte, questo lavoro così incisivo e nel solco del tempo, andrebbe mostrato nelle scuole, nelle università, laddove dovrebbe generarsi un pensiero non obbediente, critico, di bellezza e sapienza. Non fosse altro per capire attraverso la purezza di un’artista la purezza di Simone Weil.
Prima o poi sarà necessario farlo. Adeso tutto sembra scintillante e virtuale, ma prima o poi occorrerà riannodare le parole perdute al presente che calpestiamo. “Ricominciare nell’ascolto, prima di questo obbligo mostruoso e mediatico del dover per forza rispondere, sostenendo la risposta come fosse un ring della boxe. La cura è il silenzio, la delicatezza del mezzo passo indietro rispetto alle certezze fasulle e belliche che come veleno vengono instillate nella mente. Il coraggio di tutto questo è il valore che ci rende liberi e rivoluzionari. Non farlocchi inconsapevoli ululanti pecoroni”.
24 aprile alle ore 21.30
Simone Weil _concerto poetico, vincitore dell’VIII Edizione del Festival Voci dell’Anima e del Premio Traetta della Critica.
A poco più di un secolo dalla nascita di Simone Weil, il corpo e la voce di Ilaria Drago e la musica di Marco Guidi mettono in scena il potente,
ineguagliabile ritmo del cuore e del pensiero della donna che fu definita “un miracolo dell’anima e della coscienza umana” e uno degli “ingegni più alti e puri di ogni tempo”. Il lavoro, la guerra, la Chiesa questi i temi toccati nel concerto potente ed emozionante. Scritto, diretto e interpretato da Ilaria Drago, musiche e luci Marco Guidi.
25 aprile alle ore 21.30
MaddalenaMaria, vincitore del Premio del Pubblico, del Premio ConfineCorpo dei danzatori e coreografi e del Premio dei Tecnici al Festival VD’A 2014.
Il canto di Maddalena è una preghiera d’amore per la vita, è la rinascita dopo la perdita, la resurrezione di ogni giorno attraverso uno sguardo nuovo. Maddalena disegna nuovi confini di sé ripercorrendo il ricordo del dolore e delle pietre, ma anche di un amore denso e carnale, ricucendo lo strappo che ha diviso il corpo dallo Spirito, la donna da tutte le sue possibilità, l’essere umano dal divino. Scritto, diretto e interpretato da Ilaria Drago, musiche e sonorizzazioni Marco Guidi, luci Max Mugnai, opera d’arte in scena Mikulà? Rachlìk.
26 aprile alle ore 18.00
Una performance rovente e sensuale[/b] fatta di assenze e presenze, di parole che intrecciano corpi e voci che cantano l’amore nelle sue infinite forme.
È tratta dal libro di poesie edito da Nemapress, “la poesia di Ilaria è densa e compatta, abbagliante e sincera, fin troppo sincera, e ciò disturba, perché chi legge vorrebbe abbracci e carezze. Ilaria invece fa spalancare gli occhi e sanguinare il cuore, spalancare finestre e balconi e, proprio perché ha un sacro rispetto della persona, non veste di stracci i sentimenti, ma li dichiara, fino a farli diventare una spada che squarcia le carni, una urticante spina che fa dire sempre la verità.” Dante Maffia. Il libro è vincitore del Premio Internazionale di Poesia Premio13 (Campidoglio 2013) e del Premio Internazionale di Poesia Roberto Farina 2014. Scritto, diretto e interpretato da Ilaria Drago, musiche e luci Marco Guidi, voce e percussioni Danila Massimi, danza Alessandra Cristiani, opere d’arte in scena di Rossana Borzelli.
Casa delle Culture Via San Crisogono, 45 – Roma –
(Piazza Sonnino – Trastevere)
Per capire meglio chi è Ilaria Drago, rilanciamo un testo di Antonio Cipriani, apparso al tempo della polemica – sacrosanta – scatenata da Ilaria sugli 8 milioni e mezzo circa dati a una sola compagnia canadese per Expo, per far conoscere la nostra cultura (sic!). Soldi nostri buttati tra i cantieri aperti di Nutrire il pianeta a suon di multinazionali.
di Antonio Cipriani
Dedicato ai tanti sciocconi (cortigiani e fighetti) che pensano che la lettera aperta di Ilaria Drago sia il tentativo di un’attricetta senza speranze che dovrebbe lavorare su se stessa invece di rompere le scatole al potere costituito, salottiero e ricco.
Lei è artista unica. Capacità vocali e poetiche come non se ne vedono. Non la vedete mai nelle fiction? No. Lei è eremita ed eretica. Non corre dietro al cartellone dell’assessore con i suoi lavori, e non frequenta salottini che contano. Non veste alla moda. Cammina nella sua strada dura a piedi nudi, se la incontri in giro è possibile che abbia sui calzoni e sulle scarpe il fango della sua campagna isolata.
Voi direte che non è un valore poetico, il fango. E neanche l’isolamento o l’essere aliena dal sistema che esiste con le sue regolette e conformismi. Direte che l’arte, se c’è, è nei suoi lavori, quando scrive o sta in scena. E io dico di sì. Ma anche no. C’è poesia nell’esistenza di un’artista come Ilaria, c’è poesia nel suo fango irrituale, nel disinteresse per le regole o per la piaggeria, nell’ostinazione fuori da ogni schema.
Negli anni ho imparato che non tutto quello che appare è, e non tutto quello che è appare. E penso che l’arte si possa trovare laddove meno le luci dello star system illuminano accecando, impedendo di cogliere le sfumature.
Preferisco lei che abita la poesia. Che è delicata nella sua visione del mondo senza pelle, nel suo meraviglioso unico emergere dalla nebbia del conformismo senza neanche saperlo, senza neanche pensarlo. Agendo nella semplicità.
La sua lettera aperta che tanto ha fatto discutere è meravigliosa per questo. Ha una semplicità e delicatezza nel coraggio che oggi non siamo abituati a sostenere. Nelle urla una vocina si fa sentire. E chiede rispetto per tutti. Non per il suo lavoro eretico, per chi vive di arte. Non per chi fa affari sulla pelle di artisti, poeti, narratori, giovani.
Concludo con una domanda: secondo voi gli artisti devono far parte del giro che conta? Devono sapersi comportare in società e essere fighettini ben contestualizzati in un generale progetto devastante culturalmente di abbellimento strategico? Per me no.