È morta a 89 anni Judith Malina, leggendaria attrice e regista teatrale che con Julian Beck aveva fondato nel 1947 il Living Theatre, che per oltre 50 anni ha influenzato la cultura americana ed europea. Si è spenta a New York, avrebbe compiuto 89 anni il 4 giugno prossimo.
La piccola rivoluzionaria pacifista della cultura, che non si è mai arresa all’evidenza dei tempi oscuri, allieva di Piscator, fino all’ultimo ha vissuto il teatro, la scena, la bellezza dell’arte del Living. Le immagini ce la fanno ricordare al Valle Occupato mentre canta Bella Ciao. Tanti anni prima si era presentata a Roma, al Teatro degli Artisti di Simone Carella, per Un Teatro per Mostar, tra tanti attori giovani, giovanissimi, meno giovani, per partecipare con il suo carisma assoluto alla maratona per ricostruire il teatro di Mostar.
Aveva parlato della necessità di portare avanti la rivoluzione, senza guardare al passato ma incentrando l’azione sul presente e sul futuro. Chi ha nel cuore The Brig e Paradise Now, non può commuoversi al ricordo della manifestazione popolare con tanto di intervento della polizia al festival di Avignone del 1968. Oppure al ricordo della peste di Antigone, pensando al teatro della crudeltà di Artaud, con contagio sugli spettatori. I più arditi ricordano Judith e Julian a Perugia nel 1967, nel Teatro Morlacchi, quando lo smontarono pezzo per pezzo per mettere a nudo l’arte.
Tra le tante cose, vale la pena riprendere qualche virgolettato di Judith da una intervista a Massimo Marino di due anni fa. “Il Living non è finito. Continua, come ha fatto in passato, a voler inculcare la speranza. Ora non abbiamo più il teatro a New York, non potevamo permetterci l’affitto, ma la compagnia c’è ancora, fatta in gran parte di giovani. Facciamo molti workshop, discutiamo cose importanti e creiamo spettacoli. Cerchiamo di dare forma drammatica alle idee”.
Sulla storia del Living Theatre. “È troppo lunga da rievocare… Sono più interessata al futuro, a cosa possiamo fare contro gli abusi, per eliminare la sofferenza”.””O distruggiamo tutto o disarmiamo tutto. È una scelta, e noi che lavoriamo nell’arte, nell’educazione, nell’informazione siamo responsabili di fare la scelta giusta e non quella distruttiva. Siamo in equilibrio tra distruzione e cambiamento, e noi vogliamo il cambiamento”.
Che cosa è stato il Living Theatre? Ha chiesto Marino a un certo punto, e lei:
“Sempre la lotta per l’azione, per dare potere agli spettatori. Ora li chiamiamo partecipanti, sempre di più il nostro teatro diventa esperienza in cui i partecipanti possono far sentire il loro potere di cambiare, con la speranza che quando finisce lo spettacolo portino fuori il bisogno di opporsi a ciò che è contro il loro sentimento e il loro desiderio”.
“Io sono contro la finzione. Noi cerchiamo i livelli più profondi di realtà, ci concentriamo sul cambiamento della realtà usando certi aspetti della finzione come metodo. Eugenio Barba ha gli stessi desideri ma metodi e tecniche diversi per raggiungere questo scopo. Io sono interessata piuttosto al futuro. Ma, in realtà, noi non abbiamo né passato né futuro, solo questo momento in cui viviamo. In teatro possiamo progettare il domani, possiamo studiare il passato, ma abbiamo solo il presente. In The Plot is the Revolution parliamo dell’importanza di ADESSO, dell’importanza del momento vivente. Il passato è fatto da un sacco di menzogne, del futuro non sappiamo niente, abbiamo solo il momento presente”.