Decamerone: novelle di ieri che fanno eco alla cronaca di oggi

Stefano Accorsi e Marco Baliani di nuovo assieme in teatro per mettere in scena dal 9 dicembre 2014 il Decamerone di Boccaccio al Teatro alla Pergola di Firenze.

Decamerone: novelle di ieri che fanno eco alla cronaca di oggi
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7 Dicembre 2014 - 11.52


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di Chiara D’Ambros

Stefano Accorsi e Marco Baliani di nuovo assieme in teatro per una nuova sfida: la messa in scena del Decamerone di Boccaccio, che debutta il prossimo 9 dicembre al Teatro alla Pergola di Firenze dove starà fino al 14 dicembre. L’idea dei due artisti è nata dal voler portare in teatro i grandi testi tosco emiliani dall’Orlando Furioso, che hanno già portato in scena, al Principe di Macchiavelli, un progetto per il futuro passando oggi dal Decamerone, tutte narrazioni che raramente trovano collocazione in teatro per la forma e il linguaggio usato. Per quanto riguarda il Decamerone Baliani spiega: “L’abbiamo reinventato riscrivendolo. La sfida è quella stare dentro un filone ultrapopolare della nostra lingua, un mondo apparentemente frequentato da tutti ma che in realtà nessuno conosce bene. L’abbiamo studiato a scuola, spesso male. Nella scelta di questo testo c’è l’dea di rinnovare l’interesse nei confronti di questi autori che restano, a mio avviso, i capisaldi della nostra storia non solo politica e artistica ma anche epica e civile. Un po’ questa è la nostra presunzione, poi bisogna vedere se ci riusciamo, ma questa è la strada”.

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Lo spettacolo porta in scena 7 delle novelle scritte da Boccaccio per poi invitare il pubblico a leggere le altre 93. A narrarle 6 personaggi tra cui spicca Stefano Accorsi. Maria Maglietta ha curato la drammaturgia assieme a Marco Baliani che firma la regia e che, dichiarando la difficoltà di raccontare storie diverse in uno stesso spettacolo, spiega: “Ho tentato di mantenere un’idea polifonica come penso sia la natura del Decamerone. Si va dall’alto al basso, dal sublime al rozzo, dal grottesco al poetico, dall’eros totale all’eros sublimato o romantico. Tutti passaggi che si compiono tramite gli attori, i loro corpi, come sempre faccio nel mio teatro e attraverso il linguaggio non avendo come Pasolini la possibilità di utilizzare il paesaggio”.
In teatro l’unico paesaggio che si può utilizzare è quello umano e in questo spettacolo grande spazio viene disposto per il paesaggio femminile, perché – ha detto Baliani – “il Decamerone di Boccaccio è fatto per le donne e le protagoniste sono tutte donne, non c’è una novella in cui una donna non sia vittima o vincitrice, o si vendica o è distrutta da rapporto con l’uomo. Quindi abbiamo scelto di accettare questa sfida. Il femminile emerge come capacità di inventarsi il mondo in modo diverso dal maschile”.

Si racconta di un mondo che non c’è più ma rievocando il mondo contemporaneo, cercando di rispettare la leggerezza (notata anche da Italo Calvino nelle sue “Lezioni Americane”) con la quale Boccaccio parlava di questioni e temi molto pesanti come tradimenti uccisioni, vendette, gelosia, amori impossibili, truffe.

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Come Boccaccio rievocava la cronaca del suo tempo, così Baliani richiama la cronaca di oggi: “Il Decamerone è ambientato nel medioevo a Firenze dove c’è la peste. Noi siamo nell’Italia di oggi e la nostra peste è quello che abbiamo intorno, la Roma di questi giorni… la corruzione… La nostra peste è la corruzione. La peste nel nostro Paese è la corruzione, lo ripeto, e noi all’inizio di questo spettacolo dichiariamo: ‘Siamo qui per tentare almeno per una serata di riuscire a non pensare, pensando alla peste’, perché i racconti stessi del Boccaccio ti fanno ripiombare esattamente dentro la stessa peste da cui tentiamo di uscire oggi”.

Il teatro di Marco Baliani non sfugge mai dal presente nemmeno quando parla una lingua che non c’è più “un italico di antiqua foggia”, così Stefano Accorsi si fa un po’ il mastro di brigata di una compagnia itinerante su una specie di autobus, carrozzone un po’ stile anni ’70, un po’ figli dei fiori, “abbiamo scelto quegli anni – ha detto Baliani – perché secondo me sono stati quelli in cui ancora per l’ultima volta si è sperato di costruire qualcosa”.

Il presente torna anche per risolvere una delle questioni più delicate di uno spettacolo con un impianto in cui si entra ed esce da un racconto compiuto per entrare subito in un altro. Come tenere l’attenzione e rilanciare quando il climax di una narrazione si esaurisce? Baliani ha spigato: “è molto difficile, anche dal punto di vista energetico, passare da una novella all’altra ciascuna delle quali ha una polifonia diversa, una musica diversa, quindi la cosa più difficile su cui stiamo lavorando ancora, in queste ultime ore dal debutto è proprio come finisce una novella e ne inizia un’altra e non può essere una successione così meccanica. Quindi in mezzo abbiamo infilato delle digressioni, che hanno a che fare con l’oggi, sono pensieri sulla gelosia, su tradimento sull’amore, sulla truffa, sulla mercificazione.. si resta molto leggeri ma si riflette. Questo ci permette di far vedere che in scena c’è una compagnia di attori che pensano a ciò che stanno dicendo e al perché l’hanno detto. Non so se funzionerà spero di sì, se dopo la prima novella il pubblico già si annoia o si è stancato sarà dura”. Ritroviamo quindi, come spesso accade nel teatro di Baliani, dei momenti brectiani, e guardando dietro le quinte il processo di costruzione di questo lavoro si scopre che il punto di partenza è stata una bozza di testo ma poi è iniziato un work in progress in cui gli attori sono stati chiamati a partecipare, a proporre loro immagini, parole, azioni, riflessioni, relazioni nello svolgersi del tessuto narrativo di Boccaccio. In questo divenire, spiega Baliani: “Talvolta possono accadere momenti perfetti, che scopri emergere dal tempo e dallo spazio, sono le belle sorprese del lavoro”.

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Per scoprire i risultati di questo processo creativo e forse per sorprendersi come pubblico non resta che andare a vedere lo spettacolo a Firenze o nei tanti diversi teatri da nord a sud da est a ovest della penisola previsti nella tourneè. Si dirà, qui, soltanto ancora di una delle novelle scelte, quella centrale dello spettacolo, la novella 5 della IV giornata in cui vi sono tre fratelli che uccidono l’amante della sorella. Lei successivamente trova il corpo dell’amato, gli taglia la testa e la mette in un vaso per poterlo piangere, le lacrime nutrono la terra e in cui è sepolta e da lì nasce una pianta di basilico. I fratelli rubano poi il vaso, lasciando la sorella nella disperazione”. Baliani ha scelto di porre questa novella, tra profumo e morte, al centro, perché ha spiegato: “È una novella bellissima, struggente che parte con delle grandi risate e finisce nella tragedia, questo mi è piaciuto perché è l’unica novella in cui il pubblico viene spiazzato sin dall’inizio.. dall’allegria sprofondi nel tragico. Ha un andamento di opera lirica, c’è un ribaltamento, è quella che mi piace di più”.

A brevissimo in scena questo tuffo tra tristezza, allegria, amori passionali e aulici, un tuffo nelle storie, un tuffo che rende forse il teatro ancora un luogo necessario, perché come dicono gli attori all’inizio di questo spettacolo “Finché si racconta si è vivi”.

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