Diluvia, governo ladro. Quando la rivoluzione si fa a teatro

Nel momento in cui la parola emigrazione è così tragica e reale L’uomo nel diluvio si confronta con lo spettatore sulle urgenze sociali del Paese in cui ci hanno costretto a vivere.

Diluvia, governo ladro. Quando la rivoluzione si fa a teatro
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28 Novembre 2014 - 10.33


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Vincitore del Premio In-Box e segnalato a ottobre come Miglior spettacolo dell’anno al Premio Rete Critica 2014, va in scena al Teatro India di Roma (2-3 dicembre) lo spettacolo di Simone Amendola e Valerio Malorni, [url”L’uomo nel diluvio“]http://www.associazioneculturalebluedesk.org/images/stories/L_Uomo_Nel%20Diluvio_Pressbook.pdf[/url].

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Presentato in primavera in un piccolo spazio-garage di Testaccio, proposto a settembre al Teatro Vascello, questo piccolo potente lavoro, agile nei tempi, sobrio nella messa in scena, eccellente nella capacità performativa del protagonista, molto divertente nella varietà dei registri, ne ha fatta molta di strada in giro per l’Italia, ed ora, a Roma, è una buona occasione per non perderlo. Anche perché, gioiellino dalle molte sfaccettature, è tante cose assieme. Il racconto di chi va via dall’Italia, perché non ha occasioni e non ne può più di non averne, diventa una girandola di punti di vista, sguardi, voci, lingue, suoni. La migrazione, tema centrale del lavoro, diventa migrazione di linguaggi e appeal sperimentale. Il tocco cinematografico modella l’alternanza dei piani narrativi. Il montaggio ellittico compone organicamente i brani, scandendone morbidamente tempi e misure. L’umorismo, sempre caldo e vibrante, aggancia temi urgenti, li offre con garbo, ma poi li lascia andare con un sorriso ed una leggerezza rara, evitando cinismo e rabbia, sentimentalismo e consolazione.

Le parole hanno tutte un peso, reiterate o smorzate che siano, declinate in altre lingue o sostenute da una voce infantile, e, anche a sipario chiuso, riecheggiano dentro. Le situazioni sono estremamente serie e adeguate alla contingenza, ma fluttuano davanti ai nostri sguardi con la stessa grazia aerea di una manciata di coriandoli e stelle filanti, disegnando il nostro tempo e le comuni inquietudini. Valerio Malorni aggancia il pubblico lavorando sull’understatment, la fisicità scarna e concentrata, le irregolarità tonali di una splendida voce, il gesto inatteso, e lo fa con la naturalezza felice di chi porta se stesso e il proprio vissuto on the stage, senza ammiccamenti e strizzatine d’occhio, da gran fuoriclasse, che rischia molto, muovendosi sull’orlo di quella voragine di sogni e ambizioni, a cui il Belpaese pare aver condannato più di una generazione. Certo in molti fuggono, e come non dare loro ragione, la delusione ferisce, le speranze sembrano dissolversi, l’arte polverizzarsi, la scena teatrale chiudere i battenti, come dimostra la triste vicenda dell’Eliseo, eppure il sentore di qualcosa di nuovo affiora nel mondo rap, nella street art, nei blog, in spettacoli come questo, supportati da una bella energia di squadra e dal lavoro di intelligenze fini, che riescono ad essere critiche rispetto alla contemporaneità, senza dimenticare la ricerca sul linguaggio e i sentimenti per vivere.

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Martedì 2 e Mercoledì 3 Dicembre – ore 21.00
TEATRO INDIA Lungotevere Vittorio Gassman, 1 – Roma
[url”Info e prenotazioni”]http://www.teatrodiroma.net/adon.pl?act=doc&doc=2047[/url]

Daniela Ceselli
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