Il calcio è nel pallone: serve il Var a chiamata?

Gli errori arbitrali si stanno moltiplicando a dismisura ogni weekend e i rapporti tra i club e la terna sono sempre più tesi, fra accuse di favoritismi e di incompetenza nei confronti dei direttori di gara.

Il calcio è nel pallone: serve il Var a chiamata?
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26 Ottobre 2024 - 11.32 Culture


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di Gabriele Bisconti

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Da settimane aleggia nel mondo pallonaro il dubbio se sia meglio effettuare un cambiamento nell’uso del Var stile pallavolo e basket oppure no. Il Var ha migliorato e reso più trasparenti le decisioni arbitrali? È questa la domanda che rimbomba nella testa del designatore arbitrale per i campionati di Serie A e Serie B, Gianluca Rocchi, e che ancora non ha una risposta ben precisa.

Ormai da qualche anno, precisamente dalla stagione 2017-2018, il campionato di Serie A ha introdotto questo strumento tecnologico che dovrebbe “aiutare” la terna arbitrale ad esaminare con attenzione le situazioni dubbie (dai falli in area di rigore alle espulsioni passando per i goal in fuorigioco). Ad oggi è molto difficile dire che le cose siano cambiate in meglio in tutto e per tutto rispetto a quando le decisioni da prendere spettavano solamente all’arbitro, l’unico incontestabile giudice presente in campo.

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Sicuramente il Var (acronimo di Video Assistant Referee) ha un protocollo molto flessibile da seguire e quindi, spesso, le decisioni prese dai direttori di gara lasciano più di qualche perplessità sia nelle teste dei giocatori che in quelle degli altri membri dei club di tutto il mondo. Il Var ha creato anche timore e paura negli arbitri, perché ogni volta che vengono richiamati al monitor per una “revisione” dell’azione dubbia significa che hanno commesso un errore di valutazione.

Soggettività della decisione oppure richiamo al monitor per controllare meglio una situazione, volontarietà o involontarietà del fallo, simulazione oppure no, fallo da ultimo uomo e chiara azione da goal, mano attaccata al corpo in area di rigore, goal annullato a causa della punta dello scarpino in fuorigioco: queste sono solo alcune delle situazioni che da quando c’è il Var stanno innescando continue polemiche fra tifosi, giocatori e allenatori, nessuno escluso.

Arrivati a questo punto non sarebbe meglio provare, magari in un primo momento in maniera sperimentale, a introdurre il cosiddetto Var a chiamata che già esiste in sport quali la pallavolo, il basket (lì si chiama challenge) e il tennis? Rappresenterebbe un tentativo che potrebbe placare un po’ gli animi nel mondo del calcio.

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Se ci sono situazioni dubbie, una figura della panchina (allenatore su tutti) potrebbe chiedere al direttore di gara di recarsi al monitor per rivedere tutta l’azione da capo e tentare di far luce sull’eventuale abbaglio preso dalla terna arbitrale: questa potrebbe essere un’idea da prendere in considerazione.

La responsabilità del se e quando giocarsi il “jolly” (o i jolly) per provare a cambiare una decisione e portarla a loro favore sarebbe interamente sulle spalle delle singole squadre e così (forse) la terna arbitrale si toglierebbe un po’ di pressione di dosso. Il Var ha il suo peso anche nel delicato tema della gestione dei cartellini gialli o rossi perché nel calcio odierno sono i dettagli ad essere decisivi. L’analisi, quindi, di questi fatti è determinante perché fa tutta la differenza del mondo giocare la partita in parità numerica oppure in inferiorità numerica.

Tuttavia, in questo momento dove i complotti si sprecano, l’aria nei palazzi della Lega Serie A è pesantissima e ogni weekend c’è una “caccia al colpevole” per dei presunti torti subiti, c’è un estremo bisogno di provare a fare qualche cambiamento per il bene del calcio, della sua credibilità e trasparenza e soprattutto per i milioni di tifosi e appassionati che non vogliono essere presi in giro da nessuno.

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