Il mondo del teatro piange la scomparsa di Glauco Mauri, attore, regista e figura emblematica del palcoscenico italiano. Nato a Pesaro nel 1930, interprete di Shakespeare, Molière, Pirandello, Dostoevskij, Goldoni, con coraggio e passione Mauri è stato per settant’anni in scena: era atteso dal 26 al 29 settembre al Vascello di Roma con lo spettacolo De Profundis, da Oscar Wilde, annullato per l’indisposizione dell’attore.
Mauri è morto ieri, 28 settembre, a Roma, pochi giorni prima di compiere 94 anni. Da tempo non si sentiva bene e aveva dovuto rinunciare alla messa in scena del suo nuovo spettacolo al Teatro Vascello. La camera ardente sarà allestita domani al Teatro Argentina, dalle 11 alle 15, come annunciato dalla Compagnia Mauri Sturno.
Ha quindici anni Mauri quando affronta il primo ruolo da protagonista, con una compagnia amatoriale della sua città. Nel 1949 entra all’Accademia di Arte Drammatica di Roma diretta da Silvio D’Amico.
Debutta da professionista nel 1953 nel Macbeth di Shakespeare diretto da Orazio Costa. Nello stesso anno è Sir Tobia ne La dodicesima Notte di Shakespeare con la regia di Renato Castellani, e, diretto da André Barsaq, ottiene un grande successo personale nel ruolo di Smerdjakov nei Fratelli Karamazov di Dostoevskij, con Memo Benassi, Lilla Brignone, Gianni Santuccio ed Enrico Maria Salerno.
Nel 1961 fonda con Valeria Moriconi, Franco Enriquez, Emanuele Luzzati, ai quali si aggiungerà in seguito Mario Scaccia, la Compagnia dei Quattro, gruppo artistico che ha rappresentato una forza innovativa e significativa nel panorama teatrale italiano, con cui porta in scena Shakespeare, Beckett, Pasolini, Marlowe-Brecht, Del Buono, Codignola, Garcia Lorca. Dal 1965, dopo lo scioglimento della Compagnia, lavora soprattutto per gli Stabili di Torino, Genova, Bologna, e collabora con i maggiori registi italiani: Luigi Squarzina, Giorgio Strehler, Mario Missiroli, Aldo Trionfo per citarne solo alcuni.
Nel 1972, diretto da Luca Ronconi è protagonista nell’Orestea di Eschilo al Bitef di Belgrado, alla Sorbona di Parigi e alla Biennale di Venezia. Nel 1981 fonda con Roberto Sturno la Compagnia Glauco Mauri, divenuta poi Mauri-Sturno. Dal suo debutto da professionista, partecipa a tutte le stagioni teatrali recitando più volte in spettacoli classici al Teatro Greco di Siracusa, al Teatro Romano di Verona, e poi ai Festival di Spoleto, di Benevento e di Asti.
Nella sua lunga carriera, appare anche in film come La Cina è vicina di Marco Bellocchio (1967), La costanza della ragione di Pasquale Festa Campanile (1964), L’ospite di Liliana Cavani (1971), Profondo rosso di Dario Argento (1975), Ecce Bombo di Nanni Moretti (1978). In tv è fra i protagonisti della stagione d’oro degli sceneggiati Rai, come I demoni di Dostoevskij e I Buddenbrook di Thomas Mann. Tra i suoi autori più amati troviamo Shakespeare, Dostoevskij, Beckett.
A dicembre 2023 esce “Le lacrime della Duse. Ritratto di un artista da vecchio”, la sua autobiografia in cui con leggerezza e sincerità racconta la sua lunga ed ineguagliabile carriera di attore: “Vorrei fosse chiaro che non mi servo della vita per parlare di me ma uso me stesso per parlare della vita. Ho più di novant’anni e ho sempre cercato di stare con le antenne della mente e del cuore ben vibranti, per tentare di comprendere qualcosa della grande avventura del vivere. A quindici anni sono salito, per la prima volta, sopra un palcoscenico, poi per settantadue ho dedicato la mia vita al teatro. Luci e ombre, successi e fallimenti e devo confessare che i secondi mi sono stati più utili”, disse in quell’occasione.
Il 20 settembre scorso, Glauco Mauri aveva debuttato a Pesaro con “De Profundis” di Oscar Wilde. Sarebbe poi dovuto andare in scena dal 26 al 29 al teatro Vascello di Roma, ma lo spettacolo era stato annullato per problemi di salute dell’attore. Nel 2020, in occasione dei suoi 90 anni, la città natale (Pesaro) gli aveva conferito la cittadinanza onoraria.