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Reperti da tutto il Paese alle Scuderie raccontano le origini dell’Italia

La mostra “Tota Italia” ricostruisce il passaggio da una moltitudine di lingue e culture alla romanizzazione e all’unità culturale dell’età augustea

Reperti da tutto il Paese alle Scuderie raccontano le origini dell’Italia
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11 Giugno 2021 - 13.52


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di Irene Berlingò

L’archeologia alla ribalta della grande mostra “Tota Italia. Alle origini di una Nazione”, alle Scuderie del Quirinale fino al 25 luglio (clicca qui per le info). La mostra, organizzata da Scuderie del Quirinale e Direzione Generale dei Musei (del Ministero della Cultura) con la collaborazione del Museo Nazionale Romano – Mnr, è curata da Massimo Osanna, Direttore generale dei musei, e Stéphane Verger, direttore del Mnr. L’esposizione, attraverso 450 reperti provenienti da 36 musei italiani, dal Veneto alla Calabria, racconta il processo di romanizzazione partendo dalla straordinaria varietà e ricchezza dell’Italia preromana. Si ha così uno spaccato della nascita dell’Italia da una moltitudine di lingue e di culture verso l’unità non solo politica ma anche culturale dell’età augustea. “Tota Italia” ripercorre le tappe che condussero all’unificazione sotto le insegne di Roma, dal IV secolo a.C. all’età giulio-claudia. L’esposizione riprende, nel titolo, la famosa formula del giuramento di Augusto, che oggi sopravvive inciso in latino e in greco sulle pareti del tempio dedicato ad Ankara (Turchia) all’imperatore Augusto, l’uomo che per la prima volta riunificò l’Italia in un territorio omogeneo, non solo dal punto di vista politico e amministrativo ma anche culturale, religioso e linguistico.

Roma, cuore pulsante di un gigantesco impero globale, conquistò il suo spazio e il suo ruolo relazionandosi, di volta in volta, con le tante culture e popolazioni che avevano guadagnato nei secoli un posto sulla scena del Mediterraneo, avendo come primo grande teatro del suo espansionismo la penisola italiana. 
Una apparente unificazione sotto il segno di Roma nel segno della “pax augusta” ma capace di conservare, al contempo, quella divisione in regioni che testimonia ancora oggi la ricchezza e la varietà delle nostre tradizioni in una trasformazione di culture, che fu scontro ma anche contaminazione e unificazione.

Il percorso si snoda su entrambi i piani delle Scuderie attraverso una narrazione divisa in sezioni, che illustrano il rito funebre, le lingue, i culti, Roma e gli Italici, le guerre tra Roma e gli Italici, le colonie e i municipia, cioè l’organizzazione del territorio, la religione e il lusso, i volti dell’Italia romana e infine l’Italia unita nel nome di Augusto.
Quindi il filo conduttore della prima parte della mostra è la grande varietà dei popoli italici prima dell’unificazione romana; in primo piano, dunque, gli aspetti sociali, culturali e artistici caratterizzanti la variegata composizione etnica della Penisola. Così la cosiddetta “Sedia Corsini” (Gallerie Nazionali Barberini Corsini di Roma, I sec. a. C.), rinvenuta nella basilica lateranense e proveniente dalla casa dei Plautii,  che riproduce un trono etrusco di un tipo conosciuto nelle tombe di Caere, con scene varie tra cui armi di tipo celtico, a celebrazione della genealogia etrusca della famiglia, è posta in rapporto con il sostegno di mensa con due grifoni che attaccano un cerbiatto (Museo Civico di Ascoli Satriano, da scavi clandestini, già al Getty Museum, Los Angeles, IV sec. a. C.), proveniente da una tomba dell’élite principesca daunia che riecheggia il simposio greco, di un tipo noto da tombe della Macedonia. 
Poi il rito funebre viene descritto attraverso alcuni corredi molto rappresentativi dell’Italia antica, tra cui i due corredi della “tomba dei due guerrieri” da Lavello (T. 669, Museo Archeologico Melfese, Potenza, I deposizione metà IV a. C., II deposizione prima metà III sec. a. C.), con un cavaliere daunio del nord Puglia, armatura oplitica alla greca ed elmo tipo etrusco laziale.

L’iconografia del guerriero di Lavello viene riecheggiata sulla lastra proveniente da Paestum, con il ritorno del guerriero dalla battaglia che ci riporta ai Lucani.  La Cista Ficoroni (Museo Nazionale di Villa Giulia, da Praeneste, attuale Palestrina, intorno alla metà IV sec. a. C.; portagioielli, in genere dono nuziale) per la presenza di una iscrizione in latino arcaico introduce al tema delle varie lingue italiche; tra i vari reperti è in mostra anche una copia in bronzo del celebre fegato di Piacenza (100 a. c.), con le iscrizioni in etrusco di molte divinità, usato per l’aruspicina. Per i culti spicca la decorazione di uno scudo di chiara matrice tarantina con Taras su delfino, ritrovato nel santuario lucano della dea Mefite a Rossano di Vaglio (Lucania interna, dalla metà del IV sec. a. C.). Anche il culto di Ercole, molto venerato in area italica, è rappresentato dal Veiovis di Musarna (Museo Nazionale della Rocca Albornoz, Viterbo, loc. Monterazzano, I sec. d. C.).

La seconda parte del racconto è incentrata sulla guerra, documentata da grandi fregi figurati di derivazione greca come il fregio da Civitalba, l’antica Sentinum (Museo archeologico di Ancona, II sec. a. C.).  E greco è il Pugilatore delle Terme, ritrovato alle pendici del Quirinale e simbolo della mostra (seconda metà del IV secolo a.C.). Sulla romanizzazione, dopo le guerre, con la colonizzazione e l’organizzazione delle terre, la mostra si chiude con la sequenza di ritratti, da Parmenide (Velia Elea, cd. Scuola dei Medici) ad Augusto con il capo velato, del Museo Archeologico Nazionale delle Marche, e ai suoi discendenti, in una nazione ormai centro del mondo mediterraneo.
Una mostra colta, da vedere.

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