"Tutto il mio calcio minuto per minuto", l'autobiografia del radiocronista Ezio Luzzi

L’autobiografia di Ezio Luzzi: una delle leggendarie voci di “Tutto il calcio minuto per minuto” racconta un cinquantennio di storia della radio e dello sport

"Tutto il mio calcio minuto per minuto", l'autobiografia del radiocronista Ezio Luzzi
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Giuseppe Costigliola Modifica articolo

12 Febbraio 2021 - 13.38


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“Attenzioneee!!!” Come dimenticare quell’urlo che irrompeva nell’etere, interrompendo la radiocronaca di Enrico Ameri, di Sandro Ciotti o degli altri cronisti che seguivano le partite di cartello del campionato di calcio di serie A, per dare notizia di un gol da un campo della B? A esclamare con foga era Ezio Luzzi, detto anche “Il disturbatore”, o semplicemente “Lux”, una delle leggendarie voci della trasmissione radiofonica “Tutto il calcio minuto per minuto”, che accompagna da oltre 60 anni la passione calcistica degli italiani.
Luzzi è l’ultimo superstite di una squadra di formidabili giornalisti della Rai che hanno segnato un’epoca nella cultura e nell’immaginario del nostro Paese, le “voci del calcio”, così schierati nella classica “formazione”: Roberto Bortoluzzi dallo studio, dai campi di gioco Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Alfredo Provenzali, Claudio Ferretti, e appunto lui, Ezio Luzzi, il cantore della serie B. Voci “ormai disperse nel vento”, che domenicalmente entravano nelle case degli italiani accolte come dei familiari.
Per far risuonare ancora quelle voci, lasciarne memoria scritta, Luzzi ci ha donato un’autobiografia, “Tutto il mio calcio minuto per minuto. Mondiali, Olimpiadi e altre storie”, edita da Baldini e Castoldi (pp. 254, € 18), con prefazione di Arrigo Sacchi e postfazione di Emanuele Dotto. È una lunga cavalcata che procede con ironia e leggerezza, dalla nascita del nostro avvenuta in uno stadio di calcio nella lontana Argentina – quasi un segno del destino – di cui il papà, emigrato, era custode, attraversa una stagione irripetibile del costume e della cultura d’Italia e giunge sino a noi.
Uomo “con mille difetti”, ma “duro e puro”, “un predestinato” con “il calcio nel sangue”, Luzzi si presenta così: “Io sono il passato”, “Appartengo a un’epoca che non esiste più”. E di cose da raccontare ne ha davvero parecchie: dall’approdo nell’Italia fascista al ritorno della sua famiglia dall’America latina, alle prodezze del “fornaretto” di Roma Amedeo Amadei, alla tragedia di Superga in cui scomparve la leggendaria squadra del Torino, all’esperienza come portiere nelle giovanili della Ternana, alle tante avventure sportive di cui fu testimone come inviato della Rai dopo una “massiccia gavetta”: nel racconto di Luzzi si svolge davvero la storia del nostro Paese.
In migliaia di trasferte in giro per il mondo al seguito della Nazionale di calcio (di cui era “voce fissa” con Ameri e Ciotti), per narrare Olimpiadi, Mondiali, Europei, Campionati, Coppe e tornei, Luzzi ha raccolto le parole di calciatori, allenatori e dirigenti, celebri e non, ci ha trasmesso notizie, indiscrezioni, scoop non solo sportivi, ma anche tragici fatti di cronaca: fu il primo a informare il mondo sull’attentato alle Olimpiadi di Atlanta nel 1996, di cui fu testimone oculare e, come ci narra ancora trafelato, dal quale uscì fortunosamente indenne.
In queste pagine sono rievocati personaggi e vicende che fanno parte dell’immaginario nazionale: la staffetta Mazzola-Rivera ai Mondiali di Messico ’70, il tonfo a quelli di Germania ’74, i sogni poi frustrati d’Argentina ’78, i trionfi di Spagna ’82, la mano di Maradona e l’addio di Bearzot ai Mondiali di Messico ’86, le sfortunate avventure a USA ’94 e Francia ’98, la drammatica domenica del 23 marzo 1980 con le manette nello stadio nel primo Calcioscommesse che ha funestato il calcio italiano, quello ancor più grave del 2006, la tragica morte di un tifoso a Licata, il rapporto con Maradona e le interviste sfumate con Pelè, Muhammad Ali e altri famosi personaggi, il grande amore per “il mondo della cadetteria”, quella serie B cui Luzzi diede visibilità e dignità (“di cui sono stato, sono e sempre sarò il più tenace paladino e sostenitore”), l’amicizia con i sette allenatori azzurri che ha conosciuto e raccontato, l’esperienza come caporedattore dello sport di Radiorai, i Telegatti e i premi vinti, il rapporto con la fede, le occasioni di “rinascita professionale” dopo il pensionamento, con l’esperienza televisiva nel programma “Telesogni” o con la fortunatissima trasmissione di satira radiofonica “Ho perso il trend” (inopinatamente chiusa nel 2011 dopo oltre un decennio di successi, probabilmente per una forma di censura). Non manca neanche qualche avventura piccante, nello svelamento d’una vita “avventurosa e affascinante, mai banale”.
Ma il cuore del racconto, di questo “album di ricordi legato a oltre mezzo secolo di radiocronache”, è la trasmissione radiofonica che ha reso celebre Luzzi, “la colonna sonora della mia esistenza”, di cui si narrano inizi, sviluppi e retroscena. Un programma nato il 10 gennaio 1960, che arrivò ad avere medie di ascolto di 20 milioni e punte di 28, e del quale naturalmente va fiero: “Non c’è televisione che possa cancellare l’orgoglio di aver contribuito, con il mezzo della radio, a fare la storia del calcio italiano”.
“Tutto il calcio minuto per minuto” era ben più della cronaca in diretta del Campionato nostrano: era “la fotografia del nostro Paese, della sua cultura, l’espressione palpabile della sua inestinguibile passione sportiva, del suo costume, oltre che specchio dei tempi”. Interessantissimi quindi i ricordi della sua entrata in Rai, quando Luzzi si ritrovò “inglobato in un sistema” che formava “secondo i rigidi schemi di quei tempi”: sfilano in queste pagine mostri sacri del giornalismo come Nicolò Carosio, Sergio Zavoli, Ezio Zefferi, Guglielmo Moretti, Paolo Valenti, Nando Martellini, Vittorio Veltroni: Luzzi parla dei suoi tanti colleghi come di una famiglia.
Gustosi gli aneddoti, come quelli sulla storica rivalità tra Ameri e Ciotti, Carosio e Martellini, e finalmente ci viene rivelato per quali squadre tifavano i leggendari radiocronisti e giornalisti Rai (lo lasciamo alla curiosità del lettore). Luzzi ci svela anche come nacque la nota trasmissione Rai “Il processo del lunedì”, creatura di Enrico Ameri e non, come molti pensano, di Aldo Biscardi, il quale proprio ad Ameri la scippò dopo le prime due edizioni.
In queste pagine ritornano figure ben note agli appassionati di calcio dell’epoca, come il patron dell’Ascoli Costantino Rozzi, o quello del Pisa, Romeo Anconetani, un giovanissimo Julio Iglesias portiere di riserva del Real Madrid, mitici nomi come il portiere Pier Luigi Pizzaballa, introvabile nelle figurine Panini, Giorgione Chinaglia (“Fui io a parlarne per primo sul Corriere dello Sport”), e numerosi altri: “Quando chiudo gli occhi, nella galleria dei personaggi trovo di tutto…”
E così, di ricordo in ricordo, da un episodio all’altro, si snoda gradevolissimo il racconto di un uomo con “un’inestinguibile voglia di vivere fino in fondo”, che ha “declinato l’esistenza in tutti i suoi aspetti”.
Il libro si chiude con un “finale aperto”. Poiché “la radio è come una droga, impossibile farne a meno”, Luzzi ci parla dell’attività intrapresa dopo il pensionamento: la direzione della sua emittente Elleradio, con cui continua a diffondere la sua voce, e dove ha lanciato insieme al figlio Paolo, anch’egli giornalista, “un progetto unico al mondo”, chiamato “High School Radio”, “un campionato della comunicazione riservato alle scuole di secondo grado e agli studenti che partecipano alla competizione con trasmissioni da loro stessi ideate nel format e nei servizi”. Una sorta di ideale fondazione con cui il vecchio guerriero delle radiocronache desidera “dare ai giovani studenti di oggi quello che noi studenti di ieri non abbiamo avuto”.
Al termine di questa appassionante narrazione, nel cuore del lettore rimane lo sconfinato amore di Ezio Luzzi per il calcio, per la radio e per il suo mestiere, per i tanti colleghi con cui ha condiviso gran parte della vita, il team di giornalisti e radiocronisti che rappresentano “la mia squadra del cuore”: “Mentre scrivo i loro nomi penso che per me è un grande onore poterli ricordare in questo libro, e che sono rimasto l’ultimo proprio per poterlo fare”.
E noi ti siamo grati, caro Ezio, per averci permesso di rivivere attraverso i tuoi racconti un’epoca fatta di personaggi irripetibili.
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