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Vita da Police: breve, intensa luce rock

Dagli inizi allo scioglimento fino alle carriere soliste, storia e dischi della band di Sting, Copeland e Summers in un libro di Giovanni Pollastri. Eccone alcuni estratti

Vita da Police: breve, intensa luce rock
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5 Giugno 2018 - 14.46


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Dall’emergere in stagione punk, da brani epocali come “Message in a Bottle” allo scioglimento della band nel 1984 a successo mondiale conquistato, l’epopea dei Police si misura tutta in una manciata di anni: dal primo album Outlandos D’Amour nel 1979 a Synchronicity nel 1983. Ricostruisce la storia del gruppo del trio di grande inventiva e una tecnica superlativa Sting (basso e voce), Andy Summers (chitarra) e di Stewart Copeland (batteria) il libro in uscita il 14 giugno The Police. Many Milese Away
di Giovanni Pollastri (Sagoma Editore, pp. 272, foto a colori, 19,00 €).
L’autore ricostruisce nei dettagli la storia del gruppo dal 1977, analizza i cinque album registrati in studio e le discografie e il lavoro dei tre anche da solisti. Pollastri consulente in ambito musicale da oltre 25 anni, discografico e musicista professionista, “gode della collaborazione e amicizia personale di Sting, Andy Summers e Stewart Copeland” come ricorda la casa editrice. Ha pubblicato “Illegal Tales: The Police 1977-2005” (Editori Riuniti 2005, prefazione di Stewart Copeland) e “Shape Of My Heart: Sting – testi commentati” (Arcana Edizioni 2011). Per Globalist Pollastri ha condensato estratti dal libro per una storia senza paragoni.

Giovanni Pollastri

La vita artistica dei Police è breve, ma intensa. Sette anni, dal 1977 al 1984, vedono la nascita di una band ambiziosa, la sua irruzione nell’olimpo del rock e poi nella leggenda quando – tra lo stupore generale – i suoi componenti prendono una decisione che in pochi avrebbero azzardato, quella di separarsi proprio all’apice del successo, nei primi mesi del 1984.
La motivazione è logica, artisticamente parlando. Album dopo album i Police si evolvono, sperimentano e azzardano strade che si allontanano dal sound del disco precedente, rimanendo sempre vicini alla formula chitarra-basso-batteria che li contraddistingue. Dopo la pubblicazione di Synchronicity, quinta e ultima fatica discografica, continuare non ha più senso: sono venuti meno gli stimoli e le idee per andare oltre e si rischia una semplice ripetizione che non gioverebbe all’immagine del trio, sempre attentissimo a qualsiasi mossa da intraprendere. Una pubblicazione che mette la parola fine a un percorso musicale completo, definito, che ha visto un sound nato dall’istinto, dalla grinta, dalla voglia di emergere e contraddistinto da suoni ancora un po’ grezzi e acerbi, raggiungere traguardi inaspettati dalla band stessa, perfezionandosi brano dopo brano, anno dopo anno. Synchronicity è il manifesto definitivo dei Police, che unisce la semplicità della formula del trio a un’architettura sonora complessa, risultando comunque d’impatto al primo ascolto, oltre che commerciale, con vendite di singoli e album da capogiro.
È proprio questo il momento in cui viene presa la “drastica” – o geniale – decisione di abbandonare il progetto lasciandolo all’apice, facendo sì che con il passare degli anni la breve storia della band si consolidi e diventi leggenda, mito.

Tre carriere soliste. Tutte valide
Dal 1984 le carriere soliste dei tre membri della band, a volte incrociandosi, prendono strade molto personali, dando vita a un’ampia discografia. Sting mantiene uno status fortemente commerciale e di grande visibilità, mentre per Andy Summers e Stewart Copeland la strada della notorietà va poco a poco sfumando, con grande consapevolezza da parte dei due musicisti, ma il loro lavoro non è certo meno interessante da un punto di vista artistico, perché sperimentazione e ricerca la fanno da padrone.
È solo nel 2007, a trent’anni di distanza dalla nascita della band e a quasi venticinque dall’ultimo tour ufficiale, che per volere di Sting i Police ritornano sul palco e sorprendono tutti con un tour di ben centocinquanta concerti, per la gioia di migliaia e migliaia di fan, alcuni dei quali non erano mai riusciti a vederli dal vivo negli anni Ottanta.

L’originalissima formula segreta
A pochi minuti dal ritorno ufficiale sullo stesso palco di Sting, Andy Summers e Stewart Copeland, durante una brevissima intervista, Sting e Stewart mostrano le opposte inclinazioni che hanno caratterizzato la vita artistica dei Police, simbolo di quella tensione che è stata fondamentale nella carriera della band. Per Sting, ormai perfezionista e attento cultore della performance, le prove effettuate nella sua tenuta Toscana, dove la band si è trovata nei due mesi precedenti il tour, non sono sufficienti. Stewart, invece, ha la sensazione opposta e ritiene di aver fatto anche troppe prove, con il rischio di perdere la genuinità e freschezza che vorrebbe proporre al pubblico. Nella continua sfida psicologica che contraddistingue questi due caratteri molto forti, ma molto uniti, si inserisce Andy Summers che sin dai primi momenti nei Police, capisce che è forse proprio da questa intensa relazione che nasce la scintilla di un’originalissima creatività, quella formula segreta, ma al tempo stesso istintiva, tipica del sound della band.

I dischi del trio
Definire il primo lavoro discografico della band non è affatto semplice, ma la semplicità con cui la musica del trio arriva alle orecchie dei primi ascoltatori è sicuramente il punto focale su cui i tre musicisti basano le loro composizioni.
Outlandos D’Amour, il primo album della band, compie 40 anni. Potrebbe essere considerato rivoluzionario, punk, ruffiano o in molte altre maniere, ma ad oggi rimane uno dei più importanti album del panorama pop-rock mondiale, con brani privi di una connotazione temporale e sempre attuali. Ancora oggi brani come “Can’t Stand Losing You”, “So Lonely” o “Roxanne” si ascoltano in radio, in TV, nelle playlist sulla rete web, nelle classifiche dei brani più trasmessi in assoluto.
Outlandos D’Amour viene concepito in maniera confusa, risultato di una serie di tentativi di emergere che hanno nella determinazione il punto cardine su cui Stewart Copeland basa tutto il progetto, nato a tavolino per inserirsi in quel corridoio denominato punk. Le ideologie musicali di Sting, Andy e Stewart, in particolar modo dei primi due, non viaggiano sugli stessi binari di una scena musicale in rapido cambiamento quasi a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta.
Il “reggae dei bianchi”, così come viene identificato il sound dei Police dai media, è l’espressione che suggerisce a Miles Copeland il titolo per il secondo album della band. Dopo il francesismo utilizzato per il titolo del primo album, Reggatta De Blanc è la sintesi perfetta di quel genere musicale che diventa ufficialmente il marchio di fabbrica dei Police. “Message In A Bottle” riscuote subito interesse. Il riff di chitarra, scritto da Sting, rimarrà un punto di riferimento chiave di tutta la discografia dei Police, e ad oggi il brano viene considerato il più importante della carriera della band.
Miles Copeland si rivela un manager dalle mille intuizioni e capisce che stringendo i tempi si possono ottimizzare al massimo le risorse e spingere ulteriormente sull’acceleratore del successo che ha investito la vita della band.
Nasce Zenyatta Mondatta (1980); alla co-produzione troviamo ancora una volta Nigel Gray, il cui compito è di registrare l’album definitivo della consacrazione al successo.
Con “Don’t Stand So Close To Me”, primo singolo estratto dall’album, i Police si ripresentano al loro pubblico. Il sapore reggae è decisamente più oscuro e meno solare rispetto al passato, così come la voce che abbandona quel registro acuto e tagliente che ha caratterizzato i singoli dei precedenti due album, per poi aprirsi nel ritornello. “Don’t Stand So Close To Me” è una evoluzione del sound tipico dei Police, ma il successo è immediato e Zenyatta Mondatta va subito in vetta alla classifica.
Con Ghost In The Machine troviamo un nuovo produttore, Hugh Padgham, che è sicuramente più moderno nei suoni, ed è proprio la persona di cui Sting ha bisogno per sviluppare al meglio le sue nuove idee sonore. Andy e Stewart attendono l’evolversi della situazione e non possono fare altro che adattarsi a questo nuovo assetto, senza però fare un passo indietro in merito al proprio stile e alle proprie sonorità. Sting ne è consapevole e lascia tutto lo spazio necessario ai due compagni di viaggio, in maniera da non ledere assolutamente la loro vena artistica, anche se ritiene necessario sterzare il percorso stilistico dei Police.
Il risultato finale rappresenta in effetti un nuovo sound per la band, senza tralasciare quella particolarissima impronta sonora rappresentata dalle chitarre di Andy Summers, qui ancora più sperimentali del passato, e dall’inconfondibile tocco di Stewart alla batteria, sempre più raffinato e particolareggiato. Su tutto e su tutti, la voce e le melodie di Sting, a completare un marchio di fabbrica inconfondibile.
Con Synchronicity (1983), quinto e ultimo album in studio dei Police, l’idea è di ritornare a una struttura del brano più semplificata e a una formula più legata alle intenzioni primordiali della band che creava i brani seguendo la formula chitarra-basso-batteria; sebbene ci sia un buon uso di sintetizzatori e parti di piano, gli arrangiamenti in questo album vanno a impreziosire una base già valida e solida per essere suonata dai soli tre strumenti. “Every Breath You Take”, “King Of Pain” e “Wrapped Around Your Finger” sono i singoli che trainano un disco che ancora oggi risulta attuale e moderno.

 

Il sito di Sagoma Editore

 

 

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