Si è spenta Milva, la Pantera di Goro. Una vita dedicata al canto, alla recitazione e all'impegno | Giornale dello Spettacolo
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Si è spenta Milva, la Pantera di Goro. Una vita dedicata al canto, alla recitazione e all'impegno

Difficile riassumere una carriera densa e variegata come quella di Milva. Donna affascinante e artista dal talento straordinario, ha lasciato un’impronta unica nelle tante attività artistiche che ha intrapreso

Si è spenta Milva, la Pantera di Goro. Una vita dedicata al canto, alla recitazione e all'impegno
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Giuseppe Costigliola Modifica articolo

24 Aprile 2021 - 14.56


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Nel 2010, afflitta da problemi di salute che non le permettevano di esibirsi con la ferrea professionalità che la contraddistingueva, Milva si congedava dalle scene con una commovente lettera: “Dopo cinquantadue anni di ininterrotta attività, migliaia di concerti e spettacoli teatrali sui palcoscenici di una buona metà del pianeta, dopo un centinaio di album incisi in almeno sette lingue diverse, ho deciso di mettere un punto fermo alla mia carriera, che credo grande e unica, non solo come cantante ma come attrice ed esecutrice musicale e teatrale. Ho deciso di abbandonare definitivamente le scene e fare un passo indietro”. Dopo undici anni, “la Rossa”, com’era anche nota per la splendida chioma ramata, ha fatto un ulteriore, definitivo passo indietro, circondata dall’affetto della fida segretaria Edith e dell’unica figlia, Martina Corgnati.

Difficile riassumere una carriera densa e variegata come quella di Milva. A sedici anni cominciò a esibirsi nelle balere emiliane col nome di Sabrina, mentre con ferma determinazione studiava lirica a Bologna. Nel 1959 vinse un concorso canoro alla Rai sbaragliando ben 7600 partecipanti, e nel 1961 fece il suo debutto a Sanremo, la prima di quindici partecipazioni, piazzandosi terza con il brano “Il mare nel cassetto”. Era l’Italia del boom e della Dolce Vita, e quella ragazza un po’ naif dal fisico filiforme e dalla voce sensuale lasciò il segno. Nel 1962 con “Tango italiano” giunse seconda, scalando la vetta delle classifiche dei 45 giri: il successo le apre le porte dell’Olimpia di Parigi.

In quegli anni il suo repertorio diventava sempre più vasto, spaziando dalla canzone melodica italiana a Edith Piaf, ad Amalia Rodrigues, a Ute Lemper. Intanto, visto il talento e la presenza scenica, le si aprirono anche le porte del cinema: nel 1962 recitò in ben tre film, tra cui quello di Giancarlo Zagni La bellezza di Ippolita, dove compariva accanto a Enrico Maria Salerno e Gina Lollobrigida. L’ultimo dei dieci lungometraggi che la videro protagonista è Celluloide (1995), di Carlo Lizzani.

Momento fondamentale della sua vita fu il matrimonio con il regista Maurizio Corgnati, nel 1961, che la introdusse in una dimensione culturale facendone evolvere il grande talento. In un biennio incise due dischi iconici, Le canzoni del Tabarin – Canzoni da cortile (1963) e Canti della libertà (1965), dove compare la prima versione di una delle sue più celebri interpretazioni, “Bella ciao”, che si fissò nella memoria collettiva quando anni dopo la cantò in una puntata di “Canzonissima”. Fu una svolta coraggiosa, con la quale Milva non temette di sfuggire ad una precisa connotazione politica. Del resto, l’impegno e l’anticipo sui tempi sono sempre stati sue peculiarità. Un esempio tra i tanti, quando ancora non si parlava di femminicidi lei cantava di femminilità negata e di violenza contro le donne in brani come “Sono felice” o “Uomini addosso”.

I tempi erano maturi, e Milva cominciò una fecondissima attività nell’arte scenica. Cominciò nel teatro leggero accanto a Gino Bramieri, poi fu notata da Giorgio Strehler che, lavorando sul suo talento innato, la rese una delle maggiori attrici italiane, facendola specializzare nel repertorio brechtiano.

Alle canzoni di Brecht e Weill Milva ha dedicato diversi progetti discografici e innumerevoli recital teatrali, come i celeberrimi “Milva canta Brecht”. Storica la sua interpretazione di Jenny dei Pirati nell’allestimento del 1973 de L’opera da tre soldi, con Domenico Modugno nei panni di Mackie Messer. Gli anni Settanta sono anche il periodo in cui Milva consolidò la sua fama di cantante, divenendo l’interprete prediletta di affermati musicisti, da Morricone (che le dedicò un intero disco) a Francis Lai, Mikis Theodorakis, Vangelis. Ormai era un’apprezzatissima grande interprete della musica colta e d’autore, capace di incantare il pubblico tedesco con i Lieder (tra i tanti prestigiosi riconoscimenti conseguiti, ricevette la prestigiosa Onorificenza di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale di Germania), e di affascinare il pubblico dei palcoscenici di tutto il mondo.

Sempre pronta a rimettersi in gioco, negli anni Ottanta Milva arricchì ulteriormente la sua già straordinaria carriera con collaborazioni artistiche che ne esaltarono il talento, come quella con il grande regista teatrale Peter Brook, l’interpretazione del “Primo cantastorie” di Luciano Berio nella prima assoluta di La storia vera alla Scala di Milano e in seguito all’Opéra di Parigi. Astor Piazzolla – che l’adorava – le dedicò l’opera da lei interpretata Maria de Buenos Aires. Sono di quegli anni le collaborazioni con Enzo Jannacci e soprattutto con Franco Battiato e Giusto Pio, coi quali realizzò tre album: il primo, Milva e dintorni, rimane il più grande successo commerciale, e contiene lo splendido “Alexander Platz”, dalle atmosfere dichiaratamente fassbinderiane. L’anima sperimentatrice e il gusto della sfida la spinsero a incidere un disco dalle sonorità elettroniche, Corpo a corpo (1985) e a incursioni nell’avanguardia, con l’interpretazione il Diario dell’assassinata di Gino Negri.

Negli anni Novanta fu sempre attiva come cantante e attrice teatrale, in quest’ultima veste da ricordare la sua interpretazione del principe Orlofsky nell’operetta Il Pipistrello di Johan Strauss.

Il primo decennio del nuovo secolo la vide ancora protagonista, collaborò con la poetessa Ada Merini realizzando un album con le sue liriche musicate da Giovanni Nuti. L’ultima partecipazione a Sanremo è del 2007, a 46 anni dall’esordio, con il brano “The Show Must Go On” di Giorgio Faletti, col quale firmò un LP. Il 2010 è l’anno dell’addio alle scene, che salutò con il terzo disco scritto e prodotto da Battiato, Non conosco nessun Patrizio. Ma l’anno seguente il richiamo del teatro la portò di nuovo sulle scene, in La variante di Lüneburg di Paolo Maurensig, e a Vienna ne La visita della vecchia signora di Dürrenmatt, dove recitò in tedesco, prima di ritirarsi definitivamente nel 2013, con l’eccezione di un cameo nel maggio del 2020, dove appare nella chiusura del videoclip della canzone “Domani è Primavera” di Dario Gay, incisione fatta da vari artisti per l’emergenza prodotta dal Covid.

Nel 2018 il Festival di Sanremo presentato da Claudio Baglioni la omaggiò con il premio alla carriera. Milva non era in grado di presenziare, ma ringraziò con un biglietto letto dalla figlia Martina sul palco dell’Ariston, col quale si rivolse così ai giovani: “La musica spazza via la polvere dalla vita e dall’anima degli uomini. Ma perché questo accada bisogna studiare e attingere dal passato”.

Donna affascinante e artista dal talento straordinario, Milva ha dunque lasciato un’impronta unica nelle tante attività artistiche che ha intrapreso, dal canto, al teatro, al cinema, alla televisione. Una personalità proteiforme e un’intelligenza sagace le hanno permesso di scalare le vette della celebrità rimanendo sempre fedele a se stessa, a quel nucleo di profonda umanità tipica della sua terra, la provincia emiliana, di superare drammi familiari come il suicidio di Luigi Pistilli, grande attore e suo compagno per una stagione della vita. La sua voce calda e sensuosa, dall’ampia estensione vocale adatta a un repertorio vastissimo, ti entra dentro senza mediazioni, fa vibrare corde del sentimento sepolte chissà dove. Come sempre accade quando si spegne una stella che ha dato lustro al nostro Paese, riscaldando i nostri cuori, la sua dipartita ci lascia tutti più soli e immalinconiti.

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