di Giuseppe Costigliola
La notizia è di queste ore: la 63a cerimonia annuale per la consegna dei Grammy Awards, inizialmente prevista per il 31 gennaio prossimo, è stata rinviata al 14 marzo a causa dell’emergenza legata al Covid-19, particolarmente grave negli Stati Uniti e in particolare nell’area di Los Angeles. Si dovrà dunque attendere un mese e mezzo in più (sempre che le cose vadano per il meglio) per conoscere i vincitori di quello che è senza dubbio il più prestigioso e ambito riconoscimento nel mondo dello spettacolo, l’equivalente degli Oscar in campo musicale.
Le nomination di quest’anno, annunciate a novembre e tra cui spiccano i nomi di Beyoncé (che se n’è aggiudicata ben nove in otto categorie), le cantautrici Taylor Swift e Dua Lipa, oltre a quello del rapper Roddy Ricch, hanno già acceso la curiosità di addetti ai lavori e fan, ansiosi di scoprire chi conquisterà l’agognato grammofono dorato.
Ma nel periodo così anomalo che stiamo vivendo, in cui sono radicalmente mutate le forme di realizzazione e di fruizione artistica e la pandemia ha costretto a sospendere ogni tipo di performance in presenza del pubblico, la tutela della salute assume una priorità assoluta. Quindi i dettagli relativi alla cerimonia dei Grammys sono rimasti avvolti nell’incertezza, al punto che l’anticipazione del rinvio fornita dalla rivista Rolling Stone sulle prime non è stata ufficialmente confermata dai vertici organizzativi del premio. È poi circolata la data del 21 marzo che, malgrado sia stata subito annullata, ha continuato a rimbalzare sul web e sugli organi d’informazione, fino all’annuncio definitivo.
Comunque, pur se posticipata, la cerimonia – che come al solito non ha mancato di sollevare polemiche da parte degli artisti ritenutisi a torto esclusi – rimane l’evento clou dell’anno per l’industria dell’entertainment: assisteremo perciò alla classica sfilata di volti più o meno noti, di star più o meno sfolgoranti, che non perderanno occasione per mostrarsi in tutto il loro glamour. Tanto più che questa edizione si preannuncia scoppiettante, malgrado le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria; il nuovo produttore Ben Winston, succeduto a Ken Ehrlich, organizzatore dei Grammys dalla bellezza di quattro decenni, ha infatti affermato di voler introdurre novità entusiasmanti. C’è poi in ballo la rete televisiva Cbs, che trasmette la cerimonia in diretta con share altissimi, benché ultimamente in calo.
Insomma, intorno all’evento che ha premiato nel corso dei suoi oltre sessant’anni di vita artisti del calibro di Pierre Boulez, Vladimir Horowitz, Henry Mancini, oltre agli inossidabili Stevie Wonder, Bruce Springsteen, U2, Quincy Jones e Pat Metheny, ruota uno straordinario indotto economico e d’immagine, che non sarà certo fermato dal Coronavirus. Trasformato sì, ovviamente, così come è successo per altre manifestazioni quali gli Mtv Video Music Awards, svoltisi ad agosto, o i Latin Grammys, tenutisi a novembre, tutti senza pubblico e con gli artisti che si sono esibiti da remoto. Del resto, la stessa cerimonia degli Oscar è stata posticipata di due mesi, dal 28 febbraio al 25 aprile, al pari dei Golden Globe, rinviati al 28 febbraio: neanche in questo caso si conoscono i particolari relativi alle modalità di svolgimento.
Quali che siano i cambiamenti cui assisteremo, di una cosa si può comunque star certi: the show must go on.