Santa Cecilia, Jesi e Bologna ripartono, ma la lirica avverte: “Non ce la facciamo”

L’associazione dei teatri lirici avverte: “Situazione gravissima per la pandemia, non possiamo sostenerla da soli, abbiamo migliaia di lavoratori”

Santa Cecilia, Jesi e Bologna ripartono, ma la lirica avverte: “Non ce la facciamo”
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15 Ottobre 2020 - 16.49


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Questo venerdì con repliche sabato 17 e domenica 18 l’Accademia di Santa Cecilia a Roma inaugura la stagione sinfonica 2020-21: al Parco della Musica – Auditorium Antonio Pappano sul podio e l’orchestra e coro eseguono il “Te Deum” di Bruckner e il magnifico ciclo “Das Lied von der Erde” (il canto della terra) di Mahler (clicca qui per le info). Data la qualità altissima degli interpreti, il concerto ha tutti i crismi per appagare fino in fondo chi può ascoltarlo.

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Sempre sabato sera con replica domenica pomeriggio il Teatro Pergolesi di Jesi (Ancona) con la Fondazione Pergolesi Spontini dà il via alla propria stagione lirica con due novità: la prima esecuzione in epoca moderna dei tre intermezzi in musica “Lesbina e Milo” (1707) di Giuseppe Vignola, e la prima assoluta della coreografia per due danzatori sulla “Suite italienne” di Stravinskij, per violoncello e pianoforte (clicca qui per le info).

Ancora: il Teatro Comunale di Bologna recupera al PalaDozza, “in forma di concerto per motivi logistici”, le tre recite di “Madama Butterfly” di Puccini sospese nel fabbraio scorso per il Covid e vede gli spettacoli in cartellone domenica pomeriggio, martedì e mercoledì sera con il direttore israeliano Pinchas Steinberg che riprende il discorso interrotto con lo stesso cast e Karah Son nel ruolo del titolo (clicca qui per le info).

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Questi tre appuntamenti sembrerebbero dire che lo spettacolo riprende e in parte è così, ma per i teatri d’opera , come per tutti i teatri e le attività di concerto la situazione causa pandemia è gravissima. Anche perché molti meno spettatori sono propensi ad andare in una sala da concerto.

Per questo lancia un allarme l’Associazione Nazionale Fondazioni lirico-sinfoniche (Anfols) che in una lettera al ministro per i Beni culturali Dario Franceschini denuncia: “Nel 2021 minori incassi per oltre 60 milioni. Servono adeguati interventi economici che permettano di proseguire le attività e la missione di servizio pubblico”.
Le dodici fondazioni dei teatri lirico-sinfonici (dei tre teatri sopra citati Jesi non ne fa parte), presiedute da Francesco Giambrone, plaudono al fatto che il governo “non prevede ulteriori misure restrittive rispetto alle capienze dei teatri, confermando la possibilità per le Regioni di concedere deroghe rispetto al limite dei 200 posti al chiuso”, ma ciò non basta a dare sicurezza a queste realtà che tra l’altro danno lavoro a migliaia di persone.

“Tutte le Fondazioni lirico-sinfoniche italiane sono impegnate dalla fine del lockdown in una ripartenza nel segno della responsabilità nei confronti del pubblico, dei dipendenti e degli artisti scritturati – afferma Francesco Giambrone – I teatri d’opera vogliono continuare a restare aperti e sono luoghi sicuri in cui, grazie alla rigorosa applicazione di tutti i protocolli, si stanno garantendo in tutta Italia le misure di sicurezza previste per prevenire il contagio anche nelle situazioni in cui si sono registrati dei casi. In questi mesi post lockdown sia il pubblico sia i lavoratori hanno mostrato alto senso di responsabilità nel rispettare tutte le norme e le attività si sono svolte in totale sicurezza. Resta tuttavia un problema gravissimo di sostenibilità delle nostre attività. Tutte le Fondazioni si stanno confrontando con una riduzione delle capienze assai significativa che supera il 50 per cento dei posti e questo comporta un drammatico crollo dei ricavi da botteghino, parte fondamentale degli equilibri di bilancio”.

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Anche passando con le deroghe regionali da un tetto di 200 a 500 spettatori, gli incassi dai biglietti, afferma l’Anfols, non bastano a rendere sostenibili i costi degli spettacoli e di programmare. “Da una prima valutazione di Anfols, relativa alle 12 Fondazioni liriche aderenti, i mancati ricavi, considerando solo il botteghino, ammonteranno nel 2021 a oltre 60 milioni di euro. A questo si aggiunge il fatto che anche nel 2020 la situazione è difficile in considerazione delle minori risorse complessive che il comparto ha ricevuto dallo Stato”. “Oggi – dichiara il vicepresidente dell’associazione Fulvio Macciardi – nessuna delle dodici fondazioni è nelle condizioni di presentare nei tempi previsti un bilancio di previsione 2021 né di annunciare la stagione. Senza un intervento economico e risorse aggiuntive per l’anno in corso e per il 2021 mancano le condizioni minime per proseguire le attività in condizioni di stabilità”. Di qui la richiesta a Franceschini di ulteriori sostegni economici.

Il problema, come si diceva, riguarda tutto lo spettacolo. Il presidente dell’Agis – Associazione generale dello septtacolo Carlo Fontana si dice allora soddisfatto dalle deroghe ammesse dall’ultimo Dpcm di Conte sulle capienze ma ritiene urgente che operatori e governo discutano delle prospettive e dei prossimi passi: la situazione è talmente incerta sul fronte economico, avverte, che è impossibile “un’adeguata programmazione per l’anno 2021”. Pertanto Fontana chiede un intervento urgente a Franceschini o con i vertici del ministero.

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