Ci ha lasciati Tony Allen, maestro dell’afrobeat e batterista di genio

Compositore e strumentista, a 79 anni se n’è andato a Parigi. Con Fela Kuti creò una forma musicale. Ha fuso tante sonorità. Jovanotti: quando suonava lui non potevi stare fermo

Ci ha lasciati Tony Allen, maestro dell’afrobeat e batterista di genio
Preroll AMP

GdS Modifica articolo

1 Maggio 2020 - 17.50


ATF AMP

Per cause non ancora divulgate, a 79 anni è morto a Parigi Tony Allen, uno dei batteristi e percussionisti che abbiano attraversato la musica. E non è un’esagerazione. Compositore egli stesso, per Brian Eno è stato forse il “migliore batterista mai esistito”. Il suo manager Eric Trosset ha dichiarato che il musicista nigeriano non sarebbe ucciso dal Coronavirus.

Top Right AMP

Tony Oladipo Allen ha legato il proprio nome a Fela Kuti e all’afrobeat, quel sound che fondeva funky, jazz, musica da ballo, tradizioni e sonorità contemporanee dell’Africa occidentale e rock e, nella miscela di Kuti, divenne tanto trascinante quanto uno strumento di denuncia di corruzione, malaffare e poteri dittatoriali. A quei ritmi Allen contribuiva creando un proprio linguaggio ed era il batterista e direttore del gruppo di Fela degli Africa 70 con il quale registrò una quarantina di dischi dal 1968 al 1979. “Prima che lo suonassimo noi, l’afrobeat non esisteva, c’è stata una creazione e di quella creazione mi sento parte e motore, nessuno suonava la batteria in quel modo prima di me, oggi sì ma sono solo copie. Per tanti anni abbiamo copiato lo stile dei batteristi americani, lasciamo ora che siano loro a copiare noi”. Fela stesso ammise che senza Allen il genere stesso non sarebbe mai esistito.

Riferiscono le cronache che aveva iniziato da autodidatta ascoltando jazzisti come Dizzy Gillespie e Charlie Parker. Nato il 12 agosto 1940, dopo la morte di Fela Kuti andò a vivere prima a Londra e poi a Parigi e aveva arricchito il proprio panorama sonoro fondendo il drumming con l’elettronica, il dub, il rap, per uno stile, l’afrofunk.

Dynamic 1 AMP

Impressionante la quantità e la varietà di musicisti eccellenti con cui aveva suonato, apportando sempre un suo timbro, a dimostrazione tra l’altro di una versatilità e di un’agilità che ha pochi confronti. Dal maestro della juju music (una musica dell’etnia yoruba) King Sunny Ade a Manu Dibango, recentemente scomparso, il rock e il pop lo hanno voluto spessissimo. Tra i tanti aveva suonato con gli Air, era nella superband di breve durata e grande eccellenza dei The Good, The Bad e The Queen fondata da Damon Albarn dei Blur insieme all’ex Clash Paul Simonon e all’ex Verve Peter Tong. Aveva da poco pubblicato l’album Rejoice, inciso con Hugh Masekela prima della morte del trombettista sudafricano.

Tra gli italiani aveva suonato con Jovanotti nel Jova Beach Party e nel brano. “Ciao maestro, genio del ritmo. Il groove di Tony è il ponte tra l’Africa animista e ancestrale e il funk, nessuno può restare fermo se lui suona la batteria. Un tocco delicatissimo eppure sembra un agente atmosferico, un plotone di guerrieri in festa”, ha scritto su Instagram Lorenzo Cherubini.

Tony Allen: Master Drummer of Afrobeat è la sua autobiografia scritta con Michael E. Veal autore di una biografia di Fela Kuti.

Dynamic 1 AMP
FloorAD AMP
Exit mobile version