di Marco Buttafuoco
Stefano Bollani ha appena pubblicato (esattamente il 3 aprile) il suo ultimo disco Piano Variations on Jesus Christ Superstar (Alobar 107, su cd, doppio vinile e formato digitale)
Saranno i giorni che viviamo, che distorcono la percezione del tempo e fanno sentire lontanissimi anche i mesi precedenti l’epidemia, saranno gli anni che passano per ognuno ma è un po’ spiazzante realizzare che sono passati cinquant’anni dall’uscita di quella bellissima “opera rock” che fu uno dei frutti più maturi e gustosi della musica pop del post ’68. Destò un grande clamore e grandi proteste, con fascisti e cattolici tradizionalisti che cercavano d’impedire l’ingresso ai teatri prima e ai cinema ( il film uscì nel 1973) dove veniva rappresentata, ma anche con la gerarchia religiosa cattolica che non condannò mai ufficialmente un’ opera che pure metteva in luce, con un’operazione molto raffinata , anche il punto di vista di Giuda, o la figura di Maddalena, o gli stessi dubbi di Gesù. Un’opera che, soprattutto, non si chiudeva con la Resurrezione. Era un Gesù molto umano quello raccontato dal musical e che precorreva molta storiografia successiva (Penso ai libri di Corrado Augias) . Non so se esista un qualche libro sulla storia delle reazioni, molto rumorose, che il lavoro di Andrew LLoyd e Tim Rice (autore dei testi) suscitò. Sarebbe un approccio originale al racconto di un’epoca che segnò tanti, grandi, cambiamenti.
Il disco di Bollani, inciso in autunno, racconta il vecchio amore del pianista con quelle musiche che cominciarono a risuonare quando lui aveva solo quattordici anni. L’uscita di queste tracce, organizzate secondo lo sviluppo cronologico della trama del film, coincide proprio con la Pasqua e con un’epoca dove molti, certamente, tornano a frequentare le musiche e le letture più importanti della vita e a guardarle, magari, sotto un altro punto di vista.
Bollani rilegge l’opera, non la stravolge e non a caso David Lloyd Weber ha dato il suo ok al progetto. La racconta, in senso letterale, attraverso il filtro delle sue tante esperienze, e le tante stratificazioni, di musicista onnivoro, d’improvvisatore dalla vena infinita. Quindi, oltre al jazz, declinato in tutta la sua ricchezza storica, qua e là tracce di musica brasiliana, di tango (in Hosanna viene citato all’inizio il tema di El Choclo), di Gospel e via enumerando. Un esempio è la narrazione di Everything’s alright dove il piano rende intera la drammaticità del dialogo (quanto attuale, purtroppo) fra Giuda e Gesù.
Il solito, sempre sorprendente, show di Bollani, ma stavolta giocato in maniera più intima , più fedele al testo, con un mix di rispetto e affetto. Anche quando il pianista si cimenta nel canto nel tema principale dell’opera, il celeberrimo Superstar, pur usando il suo solito approccio vocale un po’ cabarettistico e insolito, non si fa beffe di quella vecchia melodia, e chiama a anche la sua famiglia a fare da coro, nel finale . Da notare come il piano che ha usato sia intonato a 432 Hz, “, una scelta inusuale che permette di restituire un suono caldo, suadente, profondo e al tempo stesso un suono limpido.” Certo, queste variazioni aggiungono poco a quanto si sapeva di Stefano Bollani e non hanno la lacerante bellezza del solo pubblicato con la ECM nel 2006, ma il loro ascolto è piacevolissimo, e restituisce un’insolita fragranza malinconica, a quei brani.