Achille Lauro si racconta: "La droga? Se avessi perso tempo non sarei arrivato a Sanremo"

Il protagonista di Sanremo 70 in un'intervista al Corriere: "Sanremo è il frutto di 15 anni di impegno. Io canto per dire ai ragazzi di non distruggere la loro vita"

Achille Lauro si racconta: "La droga? Se avessi perso tempo non sarei arrivato a Sanremo"
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16 Febbraio 2020 - 10.31


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È stato l’indiscusso protagonista del Festival di Sanremo, pur senza aver vinto e senza nemmeno lontanamente posizionarsi tra le prime posizioni. Eppure, questo è stato il Festival di Achille Lauro: sul palco dell’Ariston, nelle quattro serate in cui ha cantato, ha messo in scena quattro differenti performance, indossando i panni di diversi personaggi storici legati da un fil rouge, quello della ribellione, dell’anticonformismo, con il testo della sua canzone, ‘Me ne frego’ (uno slogan fascista, rovesciato nel suo significato), che scorreva mentre lui si spogliava di un mantello di Gucci rivelando una tutina dorata, o vestiva i panni di David Bowie oppure, sfilando come una vera drag queen, della marchesa Casati Stampa e della Regina Elisabetta I. 
Attaccato da vari politici di destra come Maurizio Gasparri, con tanto di vecchio video di anni fa in cui su twitter insultava i carabinieri e fischiato da quell’ala più conservatrice del pubblico, tacciato di esibizionismo e di scarso talento musicale, Achille Lauro se n’è fregato sul serio. Ma dietro la sua performance rivoluzionaria ci sono 15 anni di impegno, di dedizione, che lo hanno portato dalle periferia di Roma dove è cresciuto fino al palco più importante d’Italia. E a chi lo accusa di spacciare o rubare – episodi che, come ha confessato Lauro nella sua autobiografia ‘Io sono Amleto’, sono veramente accaduti nella difficile adolescenza del cantante, Lauro risponde: “Non posso dire che queste cose non le ho mai viste; al contrario, le conosco, e cerco di aiutare le persone a non distruggere la loro vita. Vengono a intervistarmi e poi scrivono “Lauro spaccia”, al presente, “Lauro ruba”, al presente. Sono cresciuto in un ambiente difficile, in mezzo a persone problematiche. Ma Sanremo è il frutto di quindici anni di impegno. Se avessi buttato il tempo in queste sciocchezze non sarei qui. Canto per dire ai ragazzi di non sprecare il loro tempo: prima capisci quello che vuoi fare, prima arrivi al successo. E il successo non è la fama; è la riuscita del proprio percorso”. 
E in un’intervista al Corriere, Lauro il suo percorso lo racconta così: “Ho visto per tutta la vita i miei farsi il culo e non riuscire, mio padre spaccarsi la schiena senza avere quello che gli spettava, mia madre fare lavoretti saltuari umilianti. Da questo è nata la mia ambizione […]. Proprio quando ero stanco, a un certo punto tutto si è messo a posto, sia la mia vita sia quella dei miei”.

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Con i soldi del successo, ha ricomprato “i gioielli di nonna Flavia. Li ho riscattati dal monte dei pegni”. 

“Mio padre si chiama Nicola De Marinis” racconta ancora Lauro, “è stato professore universitario e avvocato, ha scritto quattro libri, per meriti insigni è diventato consigliere della Corte di Cassazione. Nonno Federico era prefetto di Perugia, l’altro nonno ha combattuto nella seconda guerra mondiale: si chiamava Archimede Lauro Zambon. Sono nato a Verona perché lì abitava la famiglia di mia mamma, Cristina, originaria di Rovigo, ma sono cresciuto a Roma. Mia mamma ha dedicato la vita agli altri. Casa nostra era sempre piena di ragazzi presi in affido. Sono sempre stato abituato a condividere”.
Poi “ci fu una crisi. Però mamma per noi c’è sempre stata. Con mio fratello Federico, che ha cinque anni più di me, andai a vivere in una comune, a Val Melaina, Montesacro. Il collettivo si chiamava Quarto Blocco, c’erano altri venti ragazzi: chi scriveva, chi dipingeva, chi incideva musica a torso nudo… Così ho iniziato a scrivere, disegnare, incidere. Ora anche a dipingere”. 
Per quanto riguarda la politica, Lauro ha detto di “votare poco. Salvini mi ha attaccato per aver difeso i migranti. Ma l’uomo è fatto per aiutare gli altri; prima o poi tutti avremo bisogno di aiuto”.
E poi, la fede religiosa: “Come potrei non credere in Dio? Sarebbe un’offesa a tutto quello che ho. Non mi appoggio alla religione standard, ma credo in qualcosa di superiore”. 

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