Cally Junior sì o no. Il jazzista è “sconcertato”, per lo storico la censura non ferma i femminicidi | Giornale dello Spettacolo
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Cally Junior sì o no. Il jazzista è “sconcertato”, per lo storico la censura non ferma i femminicidi

Un post del contrabbassista Roberto Bonati ha suscitato un gran dibattito su Facebook: “Povertà musicale sconcertante”. Per Jacopo Tomatis il problema non dipende dal rapper

Cally Junior sì o no. Il jazzista è “sconcertato”, per lo storico la censura non ferma i femminicidi
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4 Febbraio 2020 - 11.36


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Marco Buttafuoco

È di qualche giorno fa la notizia che un’associazione femminile della cintura industriale torinese ha querelato Junior Cally per una serie di reati che vanno dall’Istigazione alla violenza verso le donne e le forze dell’ordine, all’odio e all’oltraggio alla morale in violazione della Costituzione.
Junior Cally è un rapper italiano, in realtà si chiama Antonio Signore, che partecipa a Sanremo con un pezzo che lui e il suo entourage definiscono, un po’vagamente, anti populista. Su di lui si appuntano anche le ire di un’opinione pubblica non solo tradizionalista ma anche di quella (soprattutto fra le donne) che si riconosce nell’area della sinistra. In effetti, un paio d’anni fa il rapper pubblicò un pezzo di una volgarità sconcertante, inzuppato in un linguaggio a metà strada fra i giornaletti porno che giravano nelle caserme degli anni 70 e un’aggressività verbale figlia di tanta sottocultura urbana. Il brano era presentato attraverso un video. Guardando il filmato si pensa subito a certe pagine del romanzo di Roberto Saviano, “La paranza dei bambini”, all’indigesto brodo culturale nel quale sono immersi i giovani protagonisti; mix di spezzoni di film di genere ( “Il Padrino”, “Scarface”, le pellicole di Quentin Tarantino), simboli e frasari degli ultras delle curve musica “rock” aggressiva e perturbante, neo melodismo, linguaggio amoroso da fotoromanzi e glamour d’accatto, maschilismo.
Naturalmente su questo tema si è accesa una polemica, che dura tuttora e che ha coinvolto anche intellettuali impegnati nel campo della musica “alta” e studiosi.

Roberto Bonati: “La povertà sconcertante delle musiche di Junior Cally”
Roberto Bonati è un contrabbassista milanese che vive a Parma da più di vent’anni. Nella città ducale insegna jazz al conservatorio ed ha creato, animato e diretto la Rassegna Parma Jazz Frontiere, che è diventata (festeggerà il quarto di secolo in autunno) un punto di riferimento per il jazz di ricerca a livello europeo.
Eccellente compositore e improvvisatore, ha pubblicato da poco Vesper and Silence, per contrabbasso solo, che ha conosciuto anche un successo di pubblico nettamente superiore a quello di dischi del genere. Su Facebook ha espresso una posizione molto dura sulla vicenda Cally: “Non mi riferivo tanto a questo ragazzo, di cui so pochissimo, a parte quel testo delirante. Quello che mi sconcerta è la povertà artistica di queste musiche, il basso livello esecutivo. È vero, non si può censurare nessuno, ma a me questa musica che invade il tempo e la vita dei ragazzi mi mette addosso una tristezza infinita, priva com’è di qualità, di emozione. Non credo di ritenermi un benpensante. Amo i film di Tarantino ad esempio, lavori che hanno una logica artistica e richiedono anche un’attenzione particolare, un coinvolgimento dello spettatore, una riflessione. Certo, questa è la musica dei nostri tempi e probabilmente quelle che amo io, il jazz e la classica contemporanea, sono datate e non dettano certo le tendenze. Non vorrei però che si confondessero i piani. È vero che a un certo punto della storia della cultura popolare italiana tornarono in auge le canzoni della mala, che erano anche documenti di grande valore storico e sociale, ma erano anche canzoni non molto significative dal punto di vista artistico Secondo me dobbiamo tornare a ragionare sulla qualità, e non solo in occasione del Festival di Sanremo. C’è un decadimento, oggettivo, del gusto comune. Si parla tanto dell’importanza della bellezza, ma si fa poco per valorizzarla”.

Jacopo Tomatis: “Non eviteremo i femminicidi censurando Cally”
Il post del contrabbassista ha avuto molto successo su FB. Altrettanto ne ha conseguito un articolo di Jacopo Tomatis, pubblicato il 19 gennaio, sul Giornale della Musica e propagatosi rapidamente attraverso i media. Tomatis, autore di un saggio bello e corposo, “Storia Culturale della Canzone italiana”, pubblicato un anno fa dal Saggiatore, esprime un punto di vista molto lontano da quello di Bonati.
“Il concetto di cosa sia arte, e di cosa non possa definirsi tale è quanto mai vago: il confine fra queste due sfere non è scritto sulla pietra, ma varia con la sensibilità personale, con il contesto storico. Certo, anche a me non piace la musica di Cally né tantomeno apprezzo i suoi testi, ma non voglio sminuire la sua produzione a priori: lui e i suoi colleghi fanno parte del mondo in cui viviamo e lo raccontano a modo loro. A me questo mondo non piace, ma devo anche tenere conto che questi oggetti musicali sono concepiti proprio per essere e disturbanti e vanno analizzati non solo o non tanto per il loro risultato estetico. L’arte, e i suoi mille sottoprodotti raccontano sempre, in maniera complessa la società complessa cui appartengono. E spesso anche la grande arte potrebbe apparire disturbante, perché racconta quello che è socialmente sconveniente. Il melodramma è pieno di tradimenti, femminicidi, crudeltà. Se Pinkerton avesse sposato la ragazza giapponese, Madame Butterfly sarebbe stata un’opera noiosa e non il commovente capolavoro che è. Sono i sentimenti forti e contorti quelli che affascinano il pubblico di ogni epoca, fin dai tragici greci. Quello che dobbiamo evitare di pensare è che testi come quello di Cally possano indurre, da soli, culture e comportamenti sessisti. Quando Frank Zappa fu accusato da una commissione d’inchiesta di corrompere i giovani con la sua musica, rispose con una frase memorabile: “la censura artistica è come curare la forfora con la decapitazione”. Non eviteremo i femminicidi censurando Cally. Lei cita Saviano. Lo scrittore napoletano, alcuni anni fa, scatenò una polemica molto forte contro i cantanti neo melodici napoletani, accusandoli di fornire simboli e legittimazione alla cultura camorrista. Quando poi Gomorra diventò la fortunatissima serie televisiva quella cultura e quella musica divennero popolari a livello nazionale e personaggi come Genny Savastano divennero nuovi modelli e per i ragazzi dei clan malavitosi. È una catena infinita, che non si può interrompere con una censura. Si può solo dire che il problema non sono i neomelodici o i libri di Saviano. La camorra esisterebbe anche senza di loro”.

Posizioni forti e motivate, come si vede, dovute anche alla diversa “militanza” dei due nel mondo della musica italiana. Difficile non schierarsi, per chi scrive, con la posizione del musicista, ma anche Tomatis pone obiezioni serie, che attengono alla questione mai risolta ( e probabilmente irrisolvibile) del politicamente corretto. Speriamo che la discussione non si fermi con Sanremo 2020.

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