Giordano Casiraghi
Tre anni e più per preparare un nuovo album. In mezzo tanti concerti, perché Zucchero non sta mai fermo. Così, venerdì 8 novembre, è arrivato nei negozi e sulle piattaforme online Doc, l’album di canzoni nuove dopo il precedente Black Cat. La presentazione avviene allo Spirit de Milan, luogo vintage ricavato da un ex cristalleria, conforme allo stile dell’artista emiliano.
Ma veniamo all’album che inizia con un brano corposo, Spirito nel buio, dove emerge anche un corale gospel. A seguire Soul mama. Arrivano i lenti, la ballata Cose che già sai, mentre in Testa o croce la ballata diventa sostenuta e qui partecipa Davide Van De Sfroos nel testo: «Aveva scritto la canzone Grande mistero per mia figlia Irene, un brano dal testo molto bello anche se un po’ ermetico – racconta Zucchero – poi anche De Gregori me ne aveva parlato, consigliandomelo come collaborazione. Un bel giorno Davide mi ha spedito il brano e io l’ho utilizzato su una musica completamente mia». Altre collaborazioni ai testi sono quelli di Pasquale Panella e Daniel Vuletic per la ballata La canzone che se ne va, ma soprattutto torna Francesco De Gregori per Tempo al tempo. «Sono stato ospite suo ai concerti che ha fatto alla Garbatella – commenta Zucchero – così prima di lasciarci ci siamo promessi di scrivere ancora qualche canzone insieme. De Gregori è venuto a casa mia e così, dopo Diamante, Pane e sale e Tobia firmiamo ancora insieme un altro brano».
Un album ricco di ritmiche, studiate a effetto come quella di Freedom dove sembra che siano percussioni fatte con strumenti di vetro: «È vero, alle ritmiche ho prestato molta attenzione – continua Zucchero – del resto la mia musica non sta in piedi senza. In proposito mi sono affidato a strumentisti creativi, che non seguissero il solito battere del tempo». E giusto in Freedom il testo dice «Fuori dal Blues», in che senso? «Non certo in senso musicale, visto che di blues si nutre la mia anima. Tornando a Freedom, parola usatissima, sta a significare libertà, ma spesso si tratta di finta libertà perché siamo controllati continuamente, condizionati e osservati. Io per contro cerco di essere il più libero possibile, di essere genuino, torno al mio paesino e sento di stare al mio posto, quando esco da quel ritiro non mi sento libero».
Particolare attenzione ai testi e stavolta Zucchero non risparmia critiche verso quello che sta osservando, lo esprime con Sarebbe questo il mondo e a chi gli chiede cosa pensa della scorta che è stata assegnata a Liliana Segre risponde: «Ho voluto essere esplicito, senza giri di parole o metafore. Sono preoccupato per i tempi che stiamo vivendo. È una pentola in ebollizione che spero non scoppi, fortunatamente abbiamo politici non così carismatici, ma l’argomento meriterebbe un approfondimento. Ogni tanto ci penso. Potrei abitare a Los Angeles o a Londra, ma alla fine ritorno a casa, così Badaboom suona come un’invettiva verso il Bel Paese che forse lo è stato, prima di noi, con la cultura, l’arte e costumi, ma ci è rimasto quello che hanno fatto altri. Quando leggi e vedi ogni giorno di intrighi e corruzione, dove in televisione ognuno alza la voce e parla sopra l’altro. Ecco allora canto “Mangia da che mangia il fico / Ti sei mangiato l’oca e il pito”. Ripeto la pentola potrebbe anche scoppiare, invece potremmo vivere tutti più tranquilli».
Zucchero parla di un mondo che sognava da bambino, per nulla paragonabile a quello che osserva oggi. Il suo era il mondo di don Camillo e Peppone, con uno zio marxista che litigava con la parte avversa, ma poi era capace di invitarlo a pranzo. «Poi magari mi mandava a portare le uova al prete – prosegue Zucchero – perché alla base c’era rispetto e ci si aiutava. A dieci anni ho dovuto lasciare l’Emilia per andare in Versilia e da allora mi sono sempre trovato fuori posto. Quel sradicamento mi ha fatto soffrire, non mi sono mai ambientato in altri posti».
E in merito ai cambiamenti climatici, alle problematiche dell’ambiente cosa ne pensa uno che ha origini contadine e dice che vorrebbe produrre biologico? «Greta è stata importante per stimolare la mobilitazione dei giovani, facendoli tornare nelle piazze. È un dato importante questo e per quanto riguarda l’argomento ambiente, magari non appare a prima vista ma nelle mie canzoni è presente». E mai come in questo disco appare uno Zucchero che medita una conversione? «Qui tocchiamo un tasto molto privato – confessa Zucchero – infatti sono quasi geloso di questo album, perché ho svelato cose intime, quasi come un segreto che non volevo far sapere. Ebbene, da piccolo quando arrivava il prete a benedire casa, mio padre usciva, poi però quando la malattia l’ha colpito ha fatto entrare lui il prete e l’ho visto fare il segno della croce. Può essere che sia anche il caso mio, a qualcosa bisogna attaccarsi. Concetti che esprimo in Spirito nel buio e Tempo al tempo. Che sia un inizio di redenzione per un ateo incallito come me? Ho cominciato a sentire qualcosa di superiore e grande, dove sottolineo i mali di questi tempi e in fondo al tunnel scorgo una luce. Chiamala fede, ma non è la prima volta che ne parlo in una canzone, per esempio in Così celeste mi riferivo a questo».
Ancora sull’attualità, a Zucchero viene chiesto cosa ne pensa della recente contestazione a Balotelli: «Quando sono sul palco non mi metto a parlare di politica – conclude Zucchero – certe cose non vengono recepite in concerto, non risolvi niente, nemmeno Bono e Geldolf con il loro impegno hanno potuto cambiare le cose, il debito non è stato azzerato. Oggi mi fa soffrire vedere che si insulta uno di colore, io che ho sempre avuto musicisti di colore, trovo che sia assurdo e ingiustificabile assistere a queste manifestazioni, a una storia di razzismo che ritorna.».
Da aprile a dicembre 2020 lo aspetta un tour mondiale come solo lui può permettersi. Si comincia in Australia per passare in Inghilterra e poi Italia (Arena di Verona, 12 date consecutive in settembre), quindi Austria, Francia, Belgio e Germania.