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Il Banco in viaggio con “Transiberiana”: rock progressive per il futuro

Il Banco del Mutuo Soccorso pubblica il nuovo album. Vittorio Nocenzi: «Oggi? Noi degli anni ’70 siamo stati cattivi maestri, ma i media hanno molte colpe»

Il Banco in viaggio con “Transiberiana”: rock progressive per il futuro
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9 Maggio 2019 - 14.35


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di Giordano Casiraghi

Il Banco si ripresenta al pubblico degli addetti ai lavori per una conferenza stampa a Milano, città che li aveva visti protagonisti sul palco del Teatro Carcano il 5 ottobre 2013, quando ancora alla voce c’era Francesco «Big» Di Giacomo.
Oggi il gruppo si è riassestato e alla conferenza stampa, oltre al fondatore Vittorio Nocenzi, ci sono Filippo Marcheggiani, chitarrista in formazione da più di vent’anni, e Tony D’Alessio nuovo cantante. A lui l’arduo compito di sostituire Di Giacomo. Ma è Vittorio Nocenzi che prende parola per introdurre l’ascolto dell’album «Transiberiana» (Sony), il primo del tutto inedito, a 25 anni dal precedente «Il 13», quando eravamo ancora al secolo scorso. Nel frattempo il gruppo romano ha dovuto salutare prima Di Giacomo e poi Rodolfo Maltese, il chitarrista entrato in formazione ai tempi del capolavoro «Io sono nato libero» del 1973. Un disco che è stato ripubbli-cato per Sony Legacy e che oltre alla versione originale conteneva la traccia inedita «La libertà difficile», realizzata con una rinnovata formazione che includeva Nicola Di Già (chitarra), Marco Capozi (basso) e Fabio Moresco (batteria). L’organico che ha poi elaborato «Transiberiana».

Nocenzi: «Dal brano inedito è nato il progetto discografico»
«È stato quel brano inedito che mi ha fornito la convinzione che potevamo dare vita a un vero progetto di-scografico – esordisce Vittorio Nocenzi – perché se avessimo dovuto incidere un nuovo album avrebbe do-vuto essere totalmente inedito. Siamo stati troppo tempo senza un nuovo capitolo discografico totalmente originale. Certo, avremmo dovuto pensarci prima, ma siamo stati presi dall’attività live che non si è mai fermata. Con il senno di poi avremmo dovuto interrompere prima l’assenza di un nuovo album, ma ognuno era preso da esperienze personali».
Infatti, lo stesso Francesco Di Giacomo si è reso protagonista di un album da solista, «La parte mancante», uscito postumo qualche mese fa. «Certo che l’ho ascoltato – continua Nocenzi – e non posso che essere entusiasta dell’aspetto lirico e dei testi di Francesco, anche se ravviso qualche problematica nell’assestamento sonoro, questo perché il disco è stato costruito sulla scorta di alcuni provini».

«Un viaggio che richiama anche la nostra storia»
Tornando all’album «Transiberiana» va subito detto che trattasi di un album concept, come lo sono stati va-ri album del gruppo, in più c’è un richiamo esplicito al primo, uscito a forma di salvadanaio, logo che viene ripreso con l’immagine di un mappamondo in cui si evidenzia il tracciato di un percorso mitico, che sfiora i 10 mila chilometri. «Abbiamo pensato a un viaggio – prosegue Nocenzi – come a un percorso che richiama anche la nostra storia, siamo sicuri che in questo viaggio siano con noi sia Francesco che Rodolfo, con il viso incollato al finestrino a guardare il paesaggio».

Uno stile prog rivolto al futuro
L’album si apre con «Stelle sulla terra» dove si incontra subito la voce potente di D’Alessio a cui fa base una parte ritmica impeccabile, una piccola suite intorno ai sei minuti contraddistinta da innesti corali, nel classico stile prog. A seguire «L’imprevisto» dove emerge il costante lavoro alla chitarra elettrica di Margheggiani a cui si aggiunge il gran lavoro alle tastiere di Nocenzi, a formare un sound che richiama il classico stile del gruppo. È decisamente ritmico «L’assalto dei lupi», a esaltare il gran lavoro di batteria e so-prattutto del basso, in un contesto che anche l’inserimento delle liriche richiama uno stile conosciuto.
«Sì, ma lungi da noi l’idea di riferirsi a uno schema prestabilito e conosciuto – chiarisce Nocenzi – anzi abbiamo cercato di superare certi ricordi per presentarci convincenti e attuali. Alle musiche mi ha molto ispirato il mio terzogenito Michelangelo che più spesso al pianoforte ha innescato l’idea dei brani, insieme abbiamo firmato le musiche, mentre i testi li ho scritti con Paolo Logli. E non potevamo certo riferirci al classico stile prog, perché un tempo dispari non genera necessariamente il rock progressivo, quindi si trattava di fare un disco prog, ma non fare il verso al prog. Un nostro brano potrebbe durare 19 secondi come anche 19 mi-nuti, ma la sostanza resta la stessa. È vero, c’è una matrice che ci contraddistingue da sempre, uno sguardo alla musica sinfonica dell’800 e un tornare sul tema musicale come idea, ma quello che abbiamo voluto rappresentare è anche l’evoluzione dello stile Banco. E tu mi chiedi perché non abbiamo fatto un «Traccia IV»? Ovvio che ci ho pensato, così terminava il nostro primo album a salvadanaio, poi si replicò con un «Traccia II» nell’album «Io sono nato libero» e infine «Traccia III» in «Banco» del 1983. Ha prevalso la proiezione nel futuro e così ho preferito evitare, anche perché questo è un album con tante liriche, dove l’unico brano strumentale è «Lasciando alle spalle», di due soli minuti, ma c’è tanta musica all’interno dei vari brani, alcuni dei quali vanno avanti come piccole suite».

Nocenzi: «Oggi si fa tutto in funzione dei soldi»
Un album pervaso da una certa insofferenza , per un viaggio verso terre sconosciute, che comporta rischi («L’assalto dei lupi») che non arriva a toccare espliciti argomenti politici come accadeva in «Io sono nato libero» ma… «Non arriva a tanto – conclude Nocenzi – ma è ben evidente come la pensiamo oggi. Sono io il primo a non essere soddisfatto di come siano andate le cose. Non apprezzo quello per cui oggi ci si acca-nisce, ovvero i soldi, si fa tutto in funzione di un guadagno. Un certo impegno che comporta una crescita culturale e sociale non viene nemmeno preso in considerazione. Evidentemente siamo stati cattivi maestri, ma anche i media hanno le loro colpe, si è confusa l’informazione con la conoscenza. E troppi si sono messi a saltare sul carro dei vincitori. Sono certo che troppa importanza e troppo tempo è stato dato alla televi-sione che ha certamente peggiorato il livello culturale delle persone. A suo tempo, già dal 1995 ho inventa-to un format multimediale incontrando migliaia di studenti nelle scuole medie superiori ai quali abbiamo fornito elementi utili per appassionarsi alle forme artistiche. Non certo sufficiente a combattere lo strapotere della televisione».

Anche Gaber ammoniva con «La mia generazione ha perso», ma Filippo Margheggiani è di diverso avviso: «Io che appartengo alla generazione degli anni Novanta dico invece che la generazione dei Settanta mi ha insegnato tanto, non è vero che ha fallito. Si è fatto di tutto per cancellare quel periodo, invece ci sono persone che ancora sono interessate alla cultura e non al gossip».
Non ci resta che aspettare l’annuncio delle date dei concerti dove si potrà ascoltare tutto l’album «Transiberiana» con l’aggiunta di brani storici come «Metamorfosi» e «Il ragno», presenti nella versione cd come bonus tracks.

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