John Mayall in tour: mille ottime ragioni per seguire il leone del blues | Giornale dello Spettacolo
Top

John Mayall in tour: mille ottime ragioni per seguire il leone del blues

Il bluesman britannico dal cuore nero a 85 anni di nuovo in pista: ecco le date italiane

John Mayall in tour: mille ottime ragioni per seguire il leone del blues
Preroll

GdS Modifica articolo

20 Marzo 2019 - 14.48


ATF

Alessandro Agostinelli

Voglio dimostrare che anche in questi tempi freddi e digitali, c’è gente che prosegue a far fumare le chitarre e far muovere piedi e testa come se fossimo in una stanza piena di serpenti a sonagli. Voglio raccontare, a questi nostri ragazzi imbambolati, che non ci sono soltanto i “grandi” musicisti pop, cioè le icone del costume (più che della musica) a perdurare nell’olimpo musicale, ma anche personaggi poco conosciuti che hanno svezzato generazioni di suonatori e di ascoltatori.
Io dico John Mayall e quasi nessuno sa a chi mi riferisco. I più venali sapranno forse che anni fa il suo album “Live in Boston” valeva qualche soldo al mercato dell’usato, ma che adesso si è riallineato. Qualcun altro potrebbe invece raccontarvi che a 13 anni John Mayall mise in piedi il suo primo gruppo blues, i Powerhouse Four, che poi fu convinto da Alexis Korner a trasferirsi a Londra e che nei primi tempi del trasferimento, per sue convinzioni di vita simil-monacale, viveva in una casetta costruita sopra un albero
Questo animale del blues, definito il leone di Manchester, sta facendo un tour mondiale per festeggiare i suoi 85 anni di palcoscenico.
Le date italiane sono: il 22 marzo a Udine, il 24 ad Ancona e il 25 a Firenze, mentre il 26 marzo sarà a Roma, il 27 a Genova, il 28 a Trento, il 29 a Parma e il 30 marzo a Fontanato d’Agogna.

Alle radici della trap, del pop, del rock c’è il blues
John Mayall è semplicemente la divinità originaria del blues europeo: chiunque abbia imbracciato una chitarra negli anni Sessanta ha militato nel suo gruppo più famoso The Bluesbreakers. Mi riferisco, per esempio, a Eric Clapton, Mick Taylor, Mick Fleetwood, John McVie, Peter Green, Jack Bruce: sono tutti suoi figliocci. Le rockstar di quel decennio e di quello dopo sono passati tutti dalla bottega di John Mayall.
Sì, perché dovete sapere che alle radici della trap, alle radici del pop, alle radici del rock, alle radici del jazz c’è un dio nemmeno tanto segreto che risponde al nome di blues. E John Mayall è stato il suo primo apostolo, il suo primo creatore nel Vecchio Continente e poi un punto di riferimento costante della scena blues mondiale.

La rinascita
Dal 2013, quando l’artista firmò per l’etichetta del produttore discografico Eric Corne (la Forty Below Records), è cominciata in vecchiaia la sua rinascita artistica. Non è un caso che di questi tempi, a un’età che prediligerebbe la poltrona di casa, qualche tè pomeridiano con un occhio chiuso e uno aperto su un canale televisivo di sport, John Mayall venga – finalmente! – invitato ad apporre il suo prestigioso nome nella “Blues Hall of Fame” e vada in giro a presentare un nuovo album, intitolato Nobody Told Me (Nessuno me l’ha detto).
“Questo progetto è stato realizzato con amore – ha dichiarato il padre del blues – e non vedo l’ora che la gente senta i fuochi d’artificio che sprigiona. Il tempo è volato da quando siamo stati dal vivo in Europa l’ultima volta. Carolyn Wonderland si unirà a noi con le sue incredibili doti alle sei corde, Greg Rzab e Jay Davenport saranno la mia potentissima sezione ritmica, come sempre. Il blues sarà più forte che mai”.

Non male per uno tizio che va verso i novant’anni. Del resto nella sua vita musicale, oltre a incensare per primo la grandezza dei bluesman neri dei primi anni del Novecento, ha cambiato sempre i collaboratori e spesso anche inclinazioni musicali, come la svolta verso il rock-progressive della fine dei Sessanta, o quella intimistica-acustica dei primi Settanta, passando per il jazz della fine dei Settanta per riapprodare al blues delle origini, quel suono di Chicago che ha fatto la sua fortuna musicale e quella di tanti musicisti che si sono fatti nella sua officina.

Quindi, miei cari ragazzi imbambolati, abbiamo l’occasione di mettere da parte per due ore lo schermo digitale e andare a produrre un po’ di serotonina naturale. La ricetta è semplice: un biglietto del concerto del grande John Mayall.

Native

Articoli correlati