In piazza “per salvare” cultura e spettacoli e per i diritti di chi ci lavora

I professionisti dei beni culturali e dello spettacolo uniti manifestano il 6 ottobre a Roma. Qui spiegano perché

In piazza “per salvare” cultura e spettacoli e per i diritti di chi ci lavora
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2 Ottobre 2018 - 20.10


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Musicisti, attori, tecnici, tutto il mondo che lavora nello spettacolo, più archeologi, storici dell’arte, archivisti, tutto il mondo che lavora nei beni culturali, si uniscono forse per la prima volta in una manifestazione di protesta unica “per la cultura e per il lavoro”: si trovano da tutta Italia, sabato 6 ottobre a Roma, alle 10 a Porta San Paolo, sotto il vessillo dell’articolo 9 della Costituzione, quel testo che pone la cultura e la conoscenza per tutti e di tutti come uno dei cardini su cui deve o dovrebbe reggersi la Repubblica italiana e la vita civile. Molti partecipano sapendo che perdono una giornata di lavoro perché tanti non hanno diritti minimi sindacali.
Parliamo di mondi dove il precariato, gli stipendi da fame, lo sfruttamento imperano. Ma non è per tutelare se stessi che questi professionisti delle arti e della cultura scendono in piazza insieme a sindacati e associazioni. Contestano un modello culturale, imprenditoriale, politico, avviato da anni e che, sostengono, nei fatti ha privilegiato gli interessi dei privati a discapito del beneficio pubblico. E ritengono che quando la sinistra ha governato non è andata meglio. L’ex ministro ai beni culturali Dario Franceschini, Pd, è anzi una delle figure più criticate.
Clicca qui per l’appello alla manifestazione.
In una conferenza stampa all’Accademia di Santa Cecilia a Roma Pierina Trovero, corista del Regio di Torino, referente del Comitato nazionale delle Fondazioni lirico-sinfoniche afferma: “La legge 160 del 2016 (in carica Franceschini, Pd, ndr) declassa i contratti e prevede il ridimensionamento in termini di qualità e quantità della produzione lirico sinfonica. Noi rivendichiamo i principi dell’articolo 9, ci siamo ispirati alle battaglie dello storico dell’arte Tomaso Montanari: la cultura non deve essere sottoposta alle leggi del profitto altrimenti abbiamo clienti o sudditi. Noi siamo come la sanità e l’istruzione. Manifestiamo perché l’opera e la cultura continuino a vivere, per rivendicare la nostra dignità professionale. Abbiamo oltre 70 adesioni tra movimenti e associazioni senza contare i sindacati che hanno promosso la manifestazione”. “Come sindacato Snater – informa Roberto Conti, segretario nazionale Snater per le Fondazioni lirico sinfoniche – chiediamo l’abolizione di quella legge di Franceschini anche perché, come abbiamo detto sulla base di pareri legali, riserva forti aspetti di incostituzionalità”.
“Rappresento il collettivo ‘Mi riconosci? Siamo professionisti del beni culturali’ – esclama Leonardo Bison, ricercatore a Bristol, archeologo – Siamo arrabbiati perché abbiamo subito dagli anni ’90 un’enorme menzogna: i beni culturali non generano soldi, non sono competitivi quindi è meglio che il privato subentri al pubblico. Non è vero, la cultura non deve essere competitiva: deve fornire qualità e portare conoscenza ai cittadini”. La critica non risparmia un’autocritica: “Sabato saremo uniti dopo troppi anni di divisioni”.
“Nei beni culturali l’età media è 55 anni – ricorda il responsabile della funzione pubblica Cgil nel settore Claudio Meloni – Manca il ricambio generazionale, presto avremo luoghi culturali svuotati. E per ‘valorizzare’ si è voluto fare dei luoghi culturali dei luoghi di eventi a discapito di altri settori con minor appeal”. Ma il concetto della difesa di una cultura pubblica a disposizione dei cittadini, l’idea che la cultura non può essere piegata alle logiche commerciali, per Meloni si accompagna al concetto di tutela dei diritti di chi lavora in questi settori, diritti sempre più spesso ignorati o dribblati con artisti, tecnici e professionisti costretti a paghe di mera sussistenza e neppure quello, spesso.

 

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