Ciao Claudio Lolli: poeta, compagno, voce di una generazione

In questa estate terribile ci lascia anche uno degli artisti più solidi, illuminati, che ha cantato con voce gentile e ispirata anche il Movimento del 1977. Ha aspettato Godot e Godot non è arrivato

Ciao Claudio Lolli: poeta, compagno, voce di una generazione
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17 Agosto 2018 - 20.11


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Claudio Lolli ci ha lasciato. E’ un dolore per una intera generazione. Claudio considerato uno fra i cantautori più impegnati, non si è mai tirato indietro quando si trattava di partecipare in prima linea.

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Oltre a temi politici, Lolli ha saputo trattare nell’arco di una trentina d’anni, incidendo una ventina di album, svariati temi quali l’amicizia (Michel), la desolazione e la crisi (Un uomo in crisi. Canzoni di morte. Canzoni di vita) argomenti sociali e culturali (Ho visto anche degli zingari felici).
Lolli era nato a Bologna nel marzo del 1950. Le sue prime esperienze musicali avvengono all’Osteria delle Dame, di Bologna, nei primi anni settanta È Francesco Guccini, conosciuto proprio nella Bologna delle osterie, che lo porta alla EMI Italiana, l’etichetta che gli fa firmare un contratto e che pubblica i suoi primi 4 LP, dal 1972 al 1976. Il primo disco, Aspettando Godot (1972), è arrangiato da Marcello Minerbi, ex leader dei Los Marcellos Ferial, che si rifà per le sonorità allo stesso Guccini, a Fabrizio De André e, in alcune canzoni (Quello che mi resta o Quanto amore), ai cantautori francesi degli anni cinquanta. Ma Lolli amava soprattutto Nick Drake. E a lui si ispira, in chiave italiana, con tanta rabbia in più. Nel 1972 esce, appunto, Aspettando Godot che è un manifesto programmatico. Canta di amicizia, di delusione e soprattutto punta il dito contro “la vecchia piccola borghesia”. I testi sono feroci ma l’approccio no, l’approccio di Lolli è sempre poetico, garbato, malinconico. Un Nick Drake all’italiana: triste, consapevole, magnifico. E unico. Nel 1976 pubblica Ho visto anche degli zingari felici, il suo album di maggior successo, che descrive la strage dell’Italicus e la conseguente reazione della sinistra italiana. Il titolo è una citazione di un film jugoslavo del 1967, quattro strofe di tre versi ciascuna che costituiscono una libera rielaborazione dal testo di Peter Weiss Cantata del fantoccio lusitano. Forse però la sua opera più spessa è del settembre del 1977 con Disoccupate le strade dai sogni, disco anch’esso strettamente legato all’attualità, in particolar modo ai fatti di Bologna dell’11 marzo 1977 e alla morte di Francesco Lorusso.

 

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In questi lunghi anni anni Lolli ha continuato a cantare, a collaborare con grandi artisti e veri antagonisti, a non arrendersi. In qualunque battaglia dal basso Lolli c’era. Compagno e poeta che non ha mai mollato. alla  soglia dei settant’anni, ha vinto nel 2017 la Targa Tenco nella categoria «Miglior disco dell’anno in assoluto» con l’album “Il grande freddo”, oggetto di un crowdfunding lanciato via web.
Perdiamo l’uomo che ha scritto questo. Queste parole bellissime, potenti e luminose per sempre. Grazie professore per aver visto “zingari felici” e averli cantati. Ci resti nel cuore. 

È vero che sputiamo per terra
quando vediamo passare un gobbo,
un tredici o un ubriaco
o quando non vogliamo incrinare
il meraviglioso equilibrio
di un’obesità senza fine,
di una felicità senza peso.
È vero che non vogliamo pagare
la colpa di non avere colpe
e che preferiamo morire
piuttosto che abbassare la faccia, è vero
cerchiamo l’amore sempre
nelle braccia sbagliate.

È vero che non vogliamo cambiare
il nostro inverno in estate,
è vero che i poeti ci fanno paura
perché i poeti accarezzano troppo le gobbe,
amano l’odore delle armi
e odiano la fine della giornata.
Perché i poeti aprono sempre la loro finestra
anche se noi diciamo che è
una finestra sbagliata.

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È vero che non ci capiamo,
che non parliamo mai
in due la stessa lingua,
e abbiamo paura del buio e anche della luce, è vero
che abbiamo tanto da fare
e non facciamo mai niente.
È vero che spesso la strada ci sembra un inferno
e una voce in cui non riusciamo a stare insieme,
dove non riconosciamo mai i nostri fratelli,
è vero che beviamo il sangue dei nostri padri,
che odiamo tutte le nostre donne
e tutti i nostri amici.

Ma ho visto anche degli zingari felici
corrersi dietro, far l’amore
e rotolarsi per terra,
ho visto anche degli zingari felici
in Piazza Maggiore
ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.

 

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