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Lo scorso dicembre, la cantante neozelandese Lorde aveva annunciato di aver annullato il suo concerto a Tel Aviv previsto per il 5 giugno, come protesta contro la politica di occupazione di Israele. La cantante aveva fatto la sua scelta, criticata da molti ma che ha ricevuto anche molti commenti positivi, a causa della lettera di due attiviste neozelandesi, Justine Sachs e Nadia Abu-Shanab, entrambe di origini ebree ma una appartenente a un gruppo contro l’occupazione della Palestina e l’altra di origine palestinese.
Nella lettera, le due ragazze pregavano la cantante di non cantare a Tel Aviv, perché sarebbe stato percepito come un gesto di appoggio al governo israeliano.
Lorde aveva infine deciso di non cantare a Tel Aviv, ma le due ragazze sono state denunciate, sulla base dei danni che avrebbero subito tre ragazzi che avevano acquistato il biglietto del concerto che non si terrà più. Le attiviste sono state chiamate a pagare dei danni per un totale di 13mila dollari.
Si tratta della prima applicazione della legge contro il boicottaggio di Israele, approvata nel 2011, che prevede che chiunque si senti danneggiato economicamente dal presunto boicottaggio contro Israele può intentare una causa civile.
Da parte loro, i membri di movimenti come il BDS (Boycott, Divest and Sanction) per il boicottaggio di Israele hanno detto che nutrono dubbi sul fatto che le autorità israeliane considerino il non poter ascoltare la propria cantante preferita come un danno.