Nick Cave l'immenso tramortisce Roma con milioni di note d'amore

Ognuno la sua missione. La nostra di fan portargli amore, la sua nutrirsi di questa onda calda, materica, per non barcollare, restare in piedi. Ieri sera a Roma una catarsi collettiva

Nick Cave l'immenso tramortisce Roma con milioni di note d'amore
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9 Novembre 2017 - 11.06


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di Daniela Amenta

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In fondo, nel fondo del cuore, avevamo un segreto indicibile da condividere con Nick Cave. Ognuno la sua missione. La nostra di fan portargli amore, la sua nutrirsi di questa onda calda, materica, per non barcollare, restare in piedi. Tra l’ultimo tour di Cave in Italia e oggi sono trascorsi quattro anni. In questi quattro anni Nick l’australiano ha vissuto la più grande tragedia di un padre: la perdita di un figlio. Una tragedia così immensa che non esiste termine per definirla. Ci sono gli orfani, i vedovi. Non c’è un sostantivo, invece, che definisca la morte di chi hai messo al mondo, quest’ossimoro della natura, questo strappo della vita, la cesura del futuro. Quindi c’era un rito da officiare. Il suo, il nostro. Le condoglianze da portargli, la dolenza da sublimare. Quindi il concerto di Nick Cave a Roma è stato questo, un confortarsi furibondo a vicenda. C’era così tanto amore a un certo punto, nella sequenza perfetta e drammatica di The Ship Song, Into my Arms, Girl in Amber, che girava la testa.
Non poteva essere uno spettacolo. Nick Cave ha cantato I need you, e l’ha dedicata a ognuno di noi. Prendere, dare. E’ un rapporto strettissimo tra lui, la band, il pubblico.

Nick è il cannibale che si mangia il vapore acqueo dei nostri corpi compressi sotto al palco. E resta in vita grazie a noi. E noi grazie a lui.

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Un ciclo, un giro di giostra, un volo. Ma se c’è un burrone, da qualche parte, Cave avrà le nostre mani a sorreggerlo. Noi le sue canzoni come una bussola. Lo sappiamo tutti. E quando la campana di Red Right Hand suona è come il rintocco di una chiesa, come una sveglia, l’allarme dell’anima: ehi Nick, eccoci ancora, siamo vivi. Ti amiamo, tu ami noi. Siamo perfetti. Siamo una cosa sola a spegnere ogni tristezza con il tuo rock fiammeggiante, questa musica tantissima e immensa e al calor bianco, questa cattedrale di musica che è la musica di Nick Cave. Lui ci prende le mani, ci prende per mano, guarda negli occhi ognuno di noi. Ci diamo coraggio insieme, insieme siamo forti, possiamo farcela.
E a un certo punto questa diga tra palco e parterre si rompe. Ottanta persone salgono sul palco, la security trema. Lui è al centro, circondato dalla folla esaltata, spaventata da tanta felicità, a un passo, a un centimetro da un artista che è un ossessione, a volte.  A lui basta un fiato, un sussurro: mettetevi seduti. E così è. Agli ordini del pifferaio magico per cantare seduti e con le lacrime agli occhi Push The Sky Away: “Alcune persone dicono che è solo rock n’ roll. Oh, ma arriva dritto alla tua anima. Devi solo continuare a spingere. Spingere via il cielo”.
Love Nick, da qui all’eternità.

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