Sergent Pepper dei Beatles: i 50 anni di una canzone che sarà sempre giovane

Lo storico album dei Fab Four compie gli anni. Dalla copertina alle canzoni, ha cambiato la storia del rock. Una rivoluzione musicale all’insegna della tecnologia

Sergent Pepper dei Beatles: i 50 anni di una canzone che sarà sempre giovane
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Francesco Troncarelli Modifica articolo

1 Giugno 2017 - 11.42


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È considerato uno dei capolavori dei Beatles nonché uno tra i dischi più importanti della musica pop, la rivista Rolling Stone lo ha inserito al primo posto della lista dei 500 migliori album di sempre e nonostante i cinquant’anni che ha, conserva tutta la freschezza, l’energia e il fascino del primo ascolto.

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 Primo giugno 1967, esce “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” ed è subito boom. E’ l’ottavo LP (come si chiamavano allora i 33 giri) dei Beatles prodotto come gli altri da George Martin e presto diventerà uno fra i più famosi dischi della storia del rock e uno dei primi concept album della musica pop. Ha venduto undici milioni di copie negli Stati Uniti e trentadue milioni in tutto il mondo ed ha vinto anche quattro premi Grammy.

 E’ un disco fondamentale e soprattutto rivoluzionario, in quanto rappresenta la celebrazione del matrimonio perfetto tra la creativita’ musicale e l’invenzione tecnologica. I Fab Four cercavano suoni che non erano mai stati suonati, effetti mai sentiti, cercavano nuove rappresentazioni del loro modo di concepire la musica attraverso sovraincisioni, rallentamenti, accelerazioni, dissonanze. Novità musicali che avrebbero dovuto entusiasmare e colpire chi ascoltava. Martin e il team di ingegneri che lo affiancava nei mitici studi di Abbey Road dal canto loro si preoccupavano di trovare il modo di trasformare queste richieste e perché no, questi sogni, in realtà.

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 Tutto nasce dalla voglia di abbandonare i concerti dove le esibizioni erano coperte dalle urla dei fan e le lunghe e stressanti tournèe da parte dei ragazzi di Liverpool, per dedicarsi esclusivamente al lavoro in studio, una scelta che porterà i Beatles a creare un universo musicale che prima non esisteva. Era anche una sorta di risposta a “Pet Sounds”, il capolavoro di Brian Wilson che, sviluppando i concetti del “Wall of Sound” di Phil Spector, aveva sorpreso il mondo con un nuovo modo di intendere il pop orchestrale.

 Il lavoro su “Sgt. Pepper” comincia con un errore clamoroso (“il piu’ grande della mia carriera”, lo definì Martin), ovvero eliminare dall’album “Strawberry Fields Forever” e “Penny Lane”, brani registrati nelle stesse session e pubblicati solo su 45 giri, per soddisfare le richieste della Emi che voleva un disco da lanciare sul mercato subito.

Il resto è la cronaca di un avventura che ha aperto le porte al futuro della musica. I Beatles con questo lavoro sono diventati non solo adulti, ma dei guru per le generazioni che li seguono, per il costume, per la moda, per la società che magari non li capisce ma comprende però la loro genialità. Dal punto di vista del gruppo, l’album vede Paul McCartney in una posizione di comando assoluto e di grande creatività. L’idea di formare “la Banda del Club dei Cuori Solitari del Sergente Pepper”, una sorta di ensemble edoardiano che costituiva un vero e proprio alter ego del loro gruppo, è sua.

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 La complessità del nome gli fu suggerita dai gruppi musicali californiani di quel periodo che si nascondevano dietro nomi astrusi per esplorare vie innovative. Così come sono sue le idee alla base delle session che, cosa non gradita agli altri tre “scarafaggi”, non si svolsero come la performance di un complesso, ma come una lunga serie di idee musicali impressionante per varietà e quantità, messe insieme grazie a una serie di accorgimenti tecnici che hanno rivoluzionato le tecniche di registrazione.

Per completare l’album, si sono volute più di 700 ore di lavoro in studio ed è stata utlizzata anche un’orchestra di 40 elementi, il risultato è stato un mix di suoni e voci mai sentito prima, con le tredici tracce (Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, Whit a Little Help from My Friends, Lucy in the Sky whit Diamonds, Getting Better, Fixing a Hole, She’s Leanving Home, Being for the Benefit of Mr.Kite!, Within You Without You, When I’M Sixtty – Four, Lovely Rita, Good Morning Good Morning, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band Reprise, A Day in the life) legate l’una all’altra senza soluzione di continuità, a rimarcare l’idea del concept album.

E in questo contesto di travolgente novità che rappresenta questo album, un posto di rilievo lo riveste la copertina, uno dei prodotti più conosciuti e amati della pop art,  secondo un sondaggio la più bella in assoluto della storia del Rock davanti a quelle di “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd e di “Nevermind” dei Nirvana. Fu realizzata su suggerimento di Paul McCartney da Peter Blake e Jann Haworth, con la collaborazione di Robert Fraser e del fotografo Michael Cooper.

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 I Beatles, con le loro divise edoardiane colorate e incredibilmente affacinanti, sono in primo piano dietro una gran cassa con su scritto “Sgt Pepper”, davanti a loro la scritta Beatles composta da fiori, al loro fianco le loro statue di cera che l’immortalano con la frangetta e il completo attillato degli esordi e alle loro spalle un collage di persone famose, personaggi simbolo, il pubblico davanti a cui si sarebbero voluti esibire.

 Tra i tanti, Bob Dylan, Stan Laurel ed Oliver Hardy, Marlene Dietrich, Marlon Brando, Marylin Monroe, Tony Curtis, James Dean, Mae West, Lenny Bruce, Fred Astaire, Tyrone Power, Diana Dors, Johnny Weismuller (Tarzan), Shirley Temple (da bambina), il cow boy del cinema Tom Mix, gli scrittori George Bernard Shaw, Oscar Wilde, Lewis Carroll, Edgar Allan Poe, Dylan Thomas, lo scienziato Albert Einstein e i filosofi Carl Gustav Jung, Karl Marx, , l’esploratore David Livingstone, Lawrence d’Arabia, Albert Subbins (calciatore del Liverpool), il campione dei pesi massimi di pugilato Sonny Liston (pugile), i guru Sri Lahiri Mahasaya, Sri Mahavatara Babji e Paramahansa Yoganad. L’unico italiano è il carpentiere Sabato “Simon” Rodia, emigrato da Serino in America e diventato famoso per aver creato le Watts Towers, tre torri in ferro di altezze diverse con materiali di varia natura con l’acciaio in prevalenza (ma anche bottiglie di vetro e ceramiche disposte a mosaico), senza aver cognizione di ingegneria. Un genio insomma. Come i Beatles.

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