di Francesco Troncarelli
Una registrazione a tempo di record, poi l’uscita del disco e nel giro di qualche giorno il decollo nelle classifiche inglesi. 50 anni fa con “Hey Joe”, irrompeva sulla scena mondiale la stella di Jimi Hendrix, un exploit eccezionale che avrebbe segnato l’ascesa del ventiquattrenne artista americano, facendolo diventare il chitarrista più grande del rock.
Eccezionale performer, virtuoso dello strumento, figura carismatica capace di assoli e svisate incredibili, Hendrix durante la sua parabola artistica, tanto breve quanto intensa, si è reso precursore col suo sound di quelle che sarebbero state le future evoluzioni del
Il 1966 per lui fu l’anno della svolta, l’anno in cui sarebbe passato dalla oscura gavetta al successo ed al riconoscimento delle sue qualità da parte degli addetti ai lavori e degli illustri colleghi. Durante una serata al Cheetah Club di New York, sulla West 21st Street, Hendrix grazie alla comune amica Linda Keith a quel tempo fidanzata con Keith Richards, venne scoperto da Chas Chandler. Il bassista degli Animals infatti, rimase folgorato dalla sua esibizione e si convinse che quel “Hey Joe” di Billy Roberts riproposto da Jim in modo così aggressivo e molto più lento, sarebbe potuto diventare un ottimo singolo da lanciare sul mercato.
Hendrix così venne convinto da Chandler a recarsi a Londra, capitale della musica mondiale. Il passo successivo fu quello di affiancargli degli strumentisti adeguati e la scelta cadde sul bassista Noel Redding e l’estroso batterista Mitch Mitchell. Era nata la Jimi Hendrix Experience. La pasta sonora del trio si rivelò una novità assoluta sino dalle primissime uscite. Le visionarie bordate sonore di Hendrix, sostenute dal drumming furioso di Mitchell e dalle linee essenziali del basso di Redding, crearono una impressione enorme nell’ambiente artistico, dando vita ad una sorta di passa parola senza precedenti tra gli interpreti ed i gruppi che animavano la scena di quegli anni.
I travolgenti live di Hendrix, quel modo di porsi e di suonare “selvaggio”, colpirono un po’ tutti profondamente e anche musicisti già affermati come Eric Clapton (“Nessuno me lo aveva detto che fosse così fottutamente bravo”) e Jeff Beck (“Sembrava pazzo e la gente impazziva insieme a lui. Da quel momento furono tutti ai suoi piedi e io con loro”). L’apertura del concerto dei Cream, dopo qualche giorno di attività nei locali londinesi, fu il riconoscimento ad un inizio di carriera folgorante ed unica.
E in questo contesto arriva il primo 45 giri, quel “Hey Joe”, standard americano di
lungo corso, che con la chitarra e la voce di Hendrix diventava un brano speciale. La sua versione è più lenta di tutte le altre in circolazione, venata di blues psichedelico e ricca di drammaticità e tensione. Interpretata con quel distacco trascinato verso la sensualità che diventerà il marchio di fabbrica dell’Hendrix vocalist, la canzone è un esempio di affiatamento musicale semplice ma notevole, in cui la band procede unita, accompagnata dal cori delle Beakaways e arricchita dai suoni che solo Hendrix è capace di tirare fuori dalla Fender Stratocaster.
Il disco fu pubblicato il 16 dicembre del 66 e a trainarlo ci pensò l’articolo del “Record Mirror” intitolato “Mr. Phenomenon”, il debutto nel programma televisivo “Ready, Steady, Go” e una sostenuta diffusione nelle radio pirata dell’epoca. Il 29, esattamente 50 anni fa “Hey Joe” entrava nella chart britannica, iniziando la sua scalata verso la vetta. Da allora tutti impazzirono per Hendrix “il più selvaggio trascinatore di folle della scena musicale” secondo il periodico “New Musical Express”, il più grande chitarrista che abbiamo avuto“ secondo Jimmy Page “il più eccitante performer mai visto” per Mick Jagger. Un’artista veramente unico che in soli tre anni (è morto il 18 settembre 1970) ha cambiato il modo di suonare la chitarra diventando così una leggenda che ancora oggi è viva fra i suoi ammiratori e quanti amano il rock.