Kyoto-Firenze: grande musica per il 50° anniversario del gemellaggio

Una giornata di condivisione ed intercultura, dove il rispetto sostiene la musica e valorizza le origini senza marcare confini scomodi. [Eloisa Grimaldi]

Kyoto-Firenze: grande musica per il 50° anniversario del gemellaggio
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12 Ottobre 2015 - 07.34


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di Eloisa Grimaldi

La stazione di Kyoto accoglie come un ventre possente, capace di cullare. Sopra le teste si slanciano archi di un metallo leggero da cui filtra il cielo chiaro e tira un po’ di vento, di quelli che fa chiudere la giacca, ma sembra che nessuno ci faccia caso, anzi, prevalgono t-shirt e camicie estive, un autunno tiepido. I colori della bandiera italiana si notano da subito ovunque sui cartelloni pubblicitari che accompagnano il percorso verso il palco e anche se è impossibile capire le scritte in giapponese è facile intuire la natura dell’evento che si prepara ad accadere, oggi 10 ottobre 2015 si ricorda e si festeggia il 50° anniversario del gemellaggio tra Kyoto e Firenze, entrambe nella top five delle città più belle del mondo. Aria di casa nei colori che ci riguardano e che noi guardiamo con un pizzico di orgoglio.

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Una giornata di condivisione ed intercultura, dove il rispetto sostiene la musica e valorizza le origini senza marcare confini scomodi. Il programma è già definito nei minimi particolari, l’ordine degli artisti, i minuti di sound check e quelli di cambio palco, è tutto chiaro e tutto organizzato. Gli artisti si susseguono sul palco per le prove seguiti da fonici ed assistenti di una professionalità e cortesia disarmante, si sente sulla pelle il valore dell’arte e degli artisti, ma anche del team che li sostiene passo passo. Un back stage luminoso e semplice vicino al palco permette il relax: due tendoni bianchi, tavoli, sedie, tè, acqua, non manca nulla e se anche fosse basta chiedere. Le sensazioni predominanti sono la sicurezza, la cura, l’accoglienza ed è bello non avere paura quando si è lontani da casa. Ognuno ha il suo ruolo e lo svolge con felicità, tutto funziona e questo crea un’armonia fondamentale quando si parla di eventi importanti come questo.

Il programma musicale è in crescendo, accosta e assembla gruppi di artisti italiani e giapponesi, nel back stage ci si conosce e ci si supporta, si prova, nascono jam, si balla, l’aria frizzante d’Italia prende piede già nel retro-palco. Già dalle prove la presentatrice Mihoko Ueda, che fa parte dell’associazione di scambio culturale tra Giappone e Italia, annuncia gli artisti ed introduce l’evento, questa modalità fluida attrae sempre più persone, l’enorme scalinata davanti al palco si riempie velocemente, il tempo di girarsi e non c’è già più posto per sedersi, gli assistenti si sparpagliano per la stazione a distribuire volantini e spiegano alle molte persone interessate l’evento.

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Comincia un duo strumentale pianoforte-mandolino che esegue brevi pezzi classici italiani intervallati da dettagliate spiegazioni dello strumento e del suo utilizzo, il pianista giapponese accompagna con grazia mentre Alex, l’artista italiano, dimostra di aver ben appreso la lingua nipponica. Segue una seconda ondata di musica classica strumentale, un’orchestra di ocarine composta esclusivamente da musicisti giapponesi si esibisce davanti ad un pubblico attentissimo e quasi incantato che con il suo silenzio compone una tangibile melodia parallela. Alla fine dell’esibizione scrosciano gli applausi e un po’ ingenuamente viene da pensare che sia questa la modalità di ascolto in Giappone. Non è così, almeno non sempre.

Ho la conferma quando sale sul palco Jack Cantina e attacca con un brano molto famoso anche nel Sol Levante: “Nel blu dipinto di blu” o meglio, meno corretto ma più efficace, “Volare”. Alla prima nota la sua voce piena vibra per tutta la stazione ed i corpi in ascolto davati al palco risuonano subito come chiamati, tutti iniziano a tenere il tempo con le mani, chi applaude e chi suona a mo’ di “body percussion”, c’è anche chi canta, un’emozione inenarrabile. Il concerto prosegue con brani originali dell’ultimo disco e più Jack Cantina suona più il pubblico partecipa, incrociando lo sguardo con Kou Koiwa, il produttore che ha permesso questo tour, si capisce il suo grande orecchio ed il suo grande cuore. Non si vedono spettatori, piuttosto un’onda collettiva che fa da controcanto e insieme prosegue il concerto che alterna brani originali a grandi classici di Lucio Dalla e Rino Gaetano, fino all’ultimo lunghissimo applauso e qualche urletto che forse dice in giapponese: ”Bravo!”.

L’ultimo gruppo è un trio interculturale, Donato Riccioni all’organetto, uno straordinario Takashi alle percussioni e Akiko Igaki al violino. La chiusura è all’insegna delle danze tipiche d’ Italia, soprattutto del Sud: tamurriate, tarantelle e pizziche che coinvolgono nel ballo qualche coraggioso ascoltatore. Chiude il concerto “Funiculì funiculà” suonata da tutti i musicisti insieme in un’ultima collettiva straordinaria performance che saluta il pubblico. Il banco dei dischi “Ci pensiamo noi” di Jack Cantina viene preso d’assalto, lui un po’ emozionato autografa quelli venduti e chiacchiera con tutti, grazie anche alle traduzioni dei collaboratori. Gli ultimi minuti sono dedicati ai complimenti tra artisti, allo scambio dei biglietti da visita -che qui equivale ad un abbraccio!- e ai saluti più calorosi tra italiani che hanno bisogno per dirsi “Ciao” di sentirsi petto a petto. Alla fine della giornata si formula un unico pensiero: l’intercultura non è un ponte, è un viaggio.

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