Sergio Rendine, il genio dissacrante della musica

Uno dei maggiori compositori moderni, nato e vissuto in mezzo alla musica, Sergio Rendine si racconta. Il primo concerto a 4 anni. Vive in Abruzzo da diversi anni.

Sergio Rendine, il genio dissacrante della musica
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25 Marzo 2015 - 08.04


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di Roberta Galeotti

Uno dei maggiori compositori moderni, nato e vissuto in mezzo alla musica, Sergio Rendine si racconta, così per caso, con l’umiltà che caratterizza i grandi uomini.

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Gli occhi profondi ti osservano e senza che tu dica nulla, lui già sente suonare le tue corde più intime.

I modi appartengono ad altri tempi, mentre l’ironia dissacrante, tipica di certi uomini dal multiforme ingegno, traduce in musica la sua visione di un mondo inusitato.

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«La musica mi annoia, soprattutto la mia, non riesco a prenderla sul serio!»
Sergio Rendine è nato a Napoli il 7 settembre 1954, figlio di Furio Rendine, celebre compositore di canzoni, ha iniziato sin da piccolo con la musica.

«A soli 4 anni ho tenuto il mio primo concerto di Beethoven per pianoforte e orchestra al San Carlo di Napoli, ma per fortuna mio padre mi ha fermato». Il piccolo Mozart dei tempi di internet è stato, infatti, immediatamente sopraffatto dagli impresari e salvato dal padre che lo ha esortato a ‘fare il musicista a tempo debito’.


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Inizia così la sua formazione di compositore e studioso della materia.

Si è diplomato in Composizione presso il Conservatorio di S. Cecilia di Roma con Domenico Guàccero e presso il Conservatorio Rossini di Pesaro in Musica Corale e Direzione di Coro con Giuseppe Agostini. Docente presso il Conservatorio dell’Aquila, è considerato tra i più importanti compositori del nostro tempo.

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[url”La sua biografia”]http://www.sergiorendine.com/biografia.php[/url] rimanda a nomi, esperienze e luoghi che imbarazzano il lettore, annichilito da cotanto genio, eppure ammaliato dallo spirito umile e dal sorriso rassicurante. Solo lo sguardo del maestro tradisce l’autorevolezza di un uomo forte e volitivo.

«A quale delle sue opere è più affezionato?» domando ingenuamente al Maestro che, sorridendo, mi risponde con una domanda disarmante: «Qual’è il figlio a cui vuole più bene?»


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Dopo aver ascoltato insieme alcuni dei suoi componimenti, chiudo il tempo a disposizione con la domanda più scomoda, riguardante il [i]misundestanding [/i]con Placido Domingo, per cui in verità ho chiesto l’intervista al Maestro, che ormai da anni vive in Abruzzo.

Il Maestro si irrigidisce e un velo di amarezza cala sul suo sguardo. Preferisce non parlarne e lasciare che i legali svolgano il loro compito in difesa della verità.

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Tutto parte dalla lotta per la Sovrintendenza del Teatro San Carlo di Napoli e da una serie di lettere di referenze presentate a supporto della sua candidatura dal compositore al Sindaco De Magistris. Una di queste dodici lettere, di altrettanti emeriti colleghi d’arte, sarebbe un biglietto manoscritto del celebre artista spagnolo Placido Domingo, indirizzato al Sindaco De Magistris per sostenere la nomina del maestro Rendine, ma che sarebbe stata poi inspiegabilmente smentita dallo stesso Domingo che, in una intervista di qualche giorno fa, avrebbe dichiarato alla stampa nazionale di non conoscere il Maestro Rendine.

«Rendine? Non l’ho mai conosciuto…» si legge sul Mattino e su Repubblica.

A questo punto il maestro Rendine mostra una sua foto con Placido Domingo, immortalati durante le prove del Macbeth a Berlino lo scorso 11 febbraio, con un sorriso che rivela l’amara consapevolezza che questo tempo meraviglioso trascorso insieme avrebbe meritato tutt’altro finale.

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Il piano prove del Macbeth a Berlino attesta la presenza del grande artista spagnolo. Tra il pubblico sedeva il maestro Rendine.

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I due artisti venivano immortalati insieme e all’incontro berlinese tra i due artisti risalirebbe il biglietto manoscritto dal grande baritenore spagnolo.

Avevo conosciuto il Maestro Rendine nel 2006, quando era alla direzione del Teatro Marrucino di Chieti, ma non mi ero mai soffermata sulla sua biografia e sul suo curriculum. Mea culpa!

Chiedo venia al maestro, per non essermi resa conto subito del grande genio contemporaneo con il quale mi ero imbattuta e, ancor di più, per avergli richiesto un’intervista in una occasione tanto miserevole.

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