Battiato, 70 anni da filosofo pop

Il musicista festeggia in riabilitazione lavorando a un box antologico. Artista eclettico e sperimentatore ha avuto una carriera ricca di successi.

Battiato, 70 anni da filosofo pop
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23 Marzo 2015 - 12.29


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di Francesco Troncarelli

70 anni con le stampelle ma con un karma positivo e un grande progetto in cantiere. Franco Battiato superato l’incidente del Petruzzelli di Bari e il femore rotto con tre viti nell’osso, festeggia il compleanno nella sua casa di Milo alle pendici dell’Etna con moderazione come è nel suo stile e come riabilitazione impone, pensando soprattutto al nuovo album che uscirà in autunno, un mega box antologico con la sua opera omnia, compresi film, documentari e opere più un paio di inediti e una cover e con la mente rivolta al film su Haendel su cui lavora da tempo.

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70 anni in fermento creativo insomma, confermandosi l’artista più fresco della sua generazione, curioso della vita e studioso di filosofia, meditazione e fisica quantistica. Un personaggio unico del mondo dello spettacolo, vero ‘centro di gravità permanente’ della musica italiana grazie alle sue contaminazioni con sonorità elettroniche e psichedeliche, partiture della musica classica e opera lirica, testi avanguardisti e ricercati. Sperimentazioni che ha praticato insieme a collaboratori illustri come il violinista Giusto Pio e il filosofo Manlio Sgalambro.

Precursore da sempre all’avanguardia, maître-à-penser per alcuni, autore indecifrabile per altri, uomo colto e dai molteplici interessi (pittura, cinema, teatro, nei quali si cimenta con estro), Battiato è sicuramente uno dei pilastri della nostra storia musicale, un personaggio eclettico capace di anticipare i gusti proponendo qualcosa che non c’era prima e che è riuscito a farsi amare dal pubblico più raffinato come da quello più popolare, una cosa non facile e soprattutto non da tutti.

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Partito a 18 anni da un paesino in provincia di Catania, Jonia, direzione Milano in cerca del successo (il primo brano, “E più ti amo” di Alain Barriere lo incise su un 45 giri di plastica allegato alla Nuova Enigmistica), dopo una lunga gavetta tra i locali milanesi, le manifestazioni canore e qualche apparizione televisiva, fu Gaber a consigliargli di farsi chiamare Franco anziché col vero nome Francesco, per non confondersi con Francesco Guccini, altro giovane esordiente nel programma “Diamoci del tu”, Battiato ha inanellato nel corso dei decenni una serie innumerevole di successi.

Da quelli più popolari come “Cuccurrucucu”, “Bandiera bianca” e “Centro di gravità permanente”, i cui testi a volte ermetici e costituiti da frasi collegate senza un apparente nesso logico non hanno nuociuto al boom discografico (oltre un milione di copie vendute dell’album “La voce del padrone”), a gemme come “Povera patria” registrato negli storici Abby Road Studios di Londra e “La cura”, un pezzo dove la canzone d’autore intrisa di misticismo e spiritualità, raggiunge vette assolute.

Del suo grande successo commerciale parla con la sua riconosciuta ironia e il suo sofisticato sense of humour senza per altro nascondere un certo imbarazzo. In realtà lui è uno studioso dagli orizzonti amplissimi che sa praticare il pop usando linguaggi e riferimenti diversi che gli hanno conferito un titolo, non richiesto, di “maestro”, come viene chiamato dai fan che con le sue canzoni hanno sognato di perdersi negli altopiani del Tibet o nelle oasi del deserto afgano, facendo magari tappa a Venezia e Istanbul.

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Maestro o semplicemente artista, arrivato ai 70 anni, Franco Battiato continua nella sua missione di stupire e ammaliare il pubblico avendo trovato da tempo l’equilibrio tra quel “carisma e sintomatico mistero” che cantava, e si conferma come punto di riferimento trasversale. Per i giovani che vedono in lui un modello di originalità e di curiosità e per quelli che sono cresciuti con lui, che lo considerano un difensore dell’intelligenza in un mondo che spesso e volentieri ne dimentica l’importanza.

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