Nell’orrore dei campi di concentramento, la musica dei prigionieri ha continuato a suonare, ad essere pensata, immaginata e scritta. I detenuti musicisti nonostante le privazioni, l’orrore e la morte hanno trascritto note e brani su materiali di fortuna, carta igienica, carta di formaggio, quaderni di scuola, sacchi di iuta rivoltati, giornali, carta gommata.
E Francesco Lotoro, pianista pugliese, ha iniziato a raccogliere questo materiale nel 1990; in 24 anni di lavoro ha recuperato oltre 4 mila opere e 13 mila documenti che fanno riferimento a musiche scritte nei campi di concentramento d’Europa, Africa settentrionale, Asia, Oceania, Usa e Canada fra il 1933 ed il 1945. La musica raccolta ed interpretata da Lotoro e dalla sua orchestra – Orchestra musica concentrationaria – proviene da prigionieri di tutte le nazionalità e di tutte le confessioni religiose. Oltre 1.600 i musicisti riscattati, 624 campi di internamento, transito, concentramento e sterminio recensiti.
Ora Lotoro ha iniziato a pubblicare una serie di volumi, il Thesaurus musicae concentrationariae perché – racconta a Scarp de’tenis – “era arrivato il momento di dare a tutta questa produzione musicale il carattere di letteratura che gli spetta”. La raccolta contiene anche “tutti i profili biografici dei musicisti ritrovati, le loro storie dentro e fuori dal campo. Ogni volume è in quattro lingue: tedesco, italiano, francese, inglese”, un modo per raccontare la storia di queste persone e non lasciar cadere nell’oblio il loro impegno e le loro opere. “Un giorno si potrà suonare questa musica come se fossero note di Mozart o Beethoven. Non vedrò i frutti di questo lavoro, ma so che andava fatto”