“L’Italia musicale vista dall’estero, eccellenze a parte, è quella di un Paese sempre pronto allo sciopero, alle chiusure, dove l’incapacità di risolvere i problemi è cronica. Credo che i teatri debbano produrre di più, sempre mantenendo un livello qualitativo alto, e in cambio dell’eccellenza garantita i musicisti debbano avere una sicurezza retributiva migliore dell’attuale”. Queste sono le amare parole del maestro Riccardo Muti.
“Negli anni ho visto orchestre chiudere, come quelle della Rai di Milano, di Roma e la ‘Scarlatti’ di Napoli. Quello che non poteva accadere, è successo. Perché si è sempre proceduto per salvataggi in extremis, con azioni claudicanti, per rattoppare un sacco, invece di sostenere in modo ragionato e durevole, certo, il rapporto fra artisti e organizzazioni musicali”, ha dichiarato.
Il maestro ha tenuto a ribadire che “non prenderò più titoli ‘stabili’ in Italia, ma continuo a lavorare nel Paese che amo. Voglio lottare per la cultura e per la musica, perché rimanga alta la sua dignità e quella di tutti quanti ad essa si dedicano”.
Sull’ipotesi di un suo ritorno alla Scala, il maestro Muti si limita a rispondere che “alla Scala auguro di cuore ogni bene: il bene della Scala è il bene di tutti i teatri italiani. E di riappropriarsi del suo repertorio. Certi autori come Cherubini, Spontini, Bellini, Mercadante, non mi pare che siano stati frequentatissimi, pur non ignorando gli altri repertori: tedesco, russo, francese”.