Se la politica, soprattutto nostrana (e più gravemente a sinistra) continua a mostrarsi ottusa nel discriminare le donne perché donne, altre istituzioni almeno riconoscono i talenti delle arti. La Biennale di Venezia ha assegnato il Leone d’oro alla carriera per la danza 2021 alla danzatrice e coreografa franco-senegalese Germaine Acogny, quello d’argento alla nord-irlandese Oona Doherty su proposta del direttore del settore Wayne McGregor. Premiazione e spettacoli saranno al 15esimo Festival internazionale della danza dal 23 luglio all’1 agosto.
Pochi giorni fa l’ente ha assegnato, su indicazione del duo direttore del teatro ricci/forte (Stefano Ricci e Gianni Forte), il Leone d’oro teatro al regista polacco Krzysztof Warlikowski e quello d’argento a Kae Tempest, inglese, poeta, drammaturga/o, “non binaria”, rapper e performer. La premiazione si terrà al 49esimo Festival Internazionale del Teatro dal 2 all’11 luglio.
L’ente descrive Germaine Acogny, nata nel 1944, come “la madre della danza contemporanea africana”. “È un’artista di altissima qualità e massima integrità – dice la motivazione – Il suo contributo alla formazione nella danza e nella coreografia dei giovani dell’Africa occidentale e l’ampia diffusione del suo lavoro nel Paese d’origine e nel mondo hanno fatto di lei una delle voci autonome che più hanno inciso sullo sviluppo dell’arte della danza. La Acogny crede nel potere della danza di cambiare la vita delle persone e si è sempre impegnata a condividere la sua passione come atto di trasformazione e di rigenerazione”.
Della trentaquattrenne Oona Doherty, di Belfast, McGregor dice: “Gli interessi e le passioni della Doherty e il suo istintivo essere controcorrente non si sono mai incontrati con il mondo della danza istituzionale. Ispirata dalla cultura club e da una danza fuori dalle regole, la Doherty ha affinato la sua arte per tentativi, con un approccio creativo poco ortodosso, senza filtri e coraggioso. Significativo nel suo lavoro è come riesca a raggiungere e parlare a quanti di solito non vanno a teatro. La sua danza comunica superando confini e generazioni, va dritta al cuore come una freccia”.
Passando al teatro, Warlikowski (1962), dicono Ricci e Forte, “è fautore di un profondo rinnovamento del linguaggio teatrale europeo. Utilizzando anche riferimenti cinematografici, un uso originale del video e inventando nuove forme di spettacolo atte a ristabilire il legame tra l’opera teatrale e il pubblico, Warlikowski sprona quest’ultimo a strappare il fondale di carta della propria vita e scoprire cosa nasconde realmente”.
Quanto a Kae Tempest (1985) è una voce letteraria e teatrale forte e coinvolgente su testi forti. “È la voce poetica più potente e innovativa emersa nella Spoken Word Poetry degli ultimi anni – dice la motivazione – capace di scalare le classifiche editoriali inglesi e raccogliere consensi al di fuori dei confini nazionali per il coraggio ardimentoso nel dissezionare e raccontare con sguardo lucido angosce, solitudine, paure e precarietà di vivere, i più invisibili eppure concreti compagni di vita della nostra epoca – tra identità, ipocrisie e marginalità vissute anche sulla sua pelle – scaraventandosi contro l’odierna morale imperante e opprimente”. Kae Tempest, ricorda la Biennale, “fa coming out non binario nel 2020 annunciando pubblicamente il nuovo nome – Kae (pronunciato come la lettera K in inglese) Tempest – e la preferenza per l’utilizzazione del pronome plurale e non di genere (in inglese) ‘they’ ”.