Quattro anni senza Umberto Lenzi, un libro per ricordare il suo cinema rovente

È uscito 'Il cinema rovente di Umberto Lenzi' (Edizioni Il Foglio, pp. 609, € 20), firmata dallo scrittore e saggista Matteo Mancini, dal docente e critico cinematografico Davide Magnisi e dall’editore, traduttore e scrittore Gordiano Lupi.

Quattro anni senza Umberto Lenzi, un libro per ricordare il suo cinema rovente
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Giuseppe Costigliola Modifica articolo

17 Dicembre 2021 - 13.45


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Se c’è un regista italiano che ha frequentato un po’ tutti i generi cinematografici, quello è Umberto Lenzi. Giallo, thriller, horror e poliziesco nelle varie declinazioni, commedia erotica e di costume, cappa e spada, western, bellico, storico, spy-movie, cannibalico, avventuroso, fantastico: nei 65 lungometraggi da lui diretti il regista di Massa Marittima ha esplorato la settima arte in ogni sua forma, lasciando film assurti ad autentici cult. Gli appassionati e i critici più attenti non avevano certo bisogno della sanzione di Quentin Tarantino per sapere che Lenzi è stato un grande uomo di cinema, autore di soggetti e sceneggiature, oltre che scrittore.

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A quattro anni dalla scomparsa, è finalmente uscito un libro che presenta una documentata ricostruzione della sua opera, con relativa analisi critica: Il cinema rovente di Umberto Lenzi (Edizioni Il Foglio, pp. 609, € 20), firmata dallo scrittore e saggista Matteo Mancini, dal docente e critico cinematografico Davide Magnisi e dall’editore, traduttore e scrittore Gordiano Lupi. Un’opera a sei mani, dunque, divisa in tre parti: una prima con un puntuale commento alla filmografia di Lenzi, densa di testimonianze autentiche del regista, firmata da Lupi, che tra l’altro ha conosciuto il regista; una seconda parte di approfondimenti critici, redatta da Mancini (anch’egli riporta un ricordo personale di Lenzi), ed una terza curata da Magnisi, con pregevoli saggi analitici, interviste, schede dettagliate dei film e una succulenta galleria fotografica.

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Pur con qualche ripetizione, anche strutturale, il volume è una vera manna per gli amanti del cinema di Umberto Lenzi e di quello di genere, denso com’è di aneddoti e notizie, di approfondimenti critici e suggestive fotografie. Il tono è discorsivo, il linguaggio chiaro e preciso, e si apprezzano il piglio storiografico di Lupi (che si diverte a sfatare leggende metropolitane e a rivelare errori pacchiani di critici celebri, uno su tutti: Marco Giusti), l’acribia analitica di Mancini e di Magnisi, i quali opportunamente inquadrano l’opera del loro autore nel contesto storico, e le numerose e preziose testimonianze di donne e uomini del cinema che hanno lavorato con Lenzi, pregevolissima scelta che spesso manca a lavori di questo genere. Malgrado la lunghezza, il libro si legge d’un fiato, e insieme al godimento lascia nel lettore una filo di nostalgia canaglia, per la scomparsa di una straordinaria stagione creativa del cinema italiano, e di personaggi davvero unici, quale fu Umberto Lenzi.

 

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Nell’occasione dell’uscita del libro abbiamo rivolto qualche domanda al suo editore e coautore, Gordiano Lupi.

 

Cosa ti ha spinto a pubblicare questo volume, e a quali lettori si rivolge?

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La mia passione onnivora per il cinema, non solo quello di genere, perché ho scritto anche volumi su Fellini e Avati e sto progettando un lavoro su Pasolini. Un libro su Lenzi è molto utile, perché nessuno lo aveva ancora fatto (se non in modo molto superficiale e lacunoso) e perché mi sono reso conto che persino nella sua Maremma non è conosciuto. Il libro si rivolge agli appassionati di cinema di genere, che sono una buona nicchia.

Hai conosciuto personalmente Umberto Lenzi: che ricordo ne conservi, come uomo e come artista?

Ho conosciuto Lenzi a un Joe D’Amato Horror Festival, a Livorno, ai tempi in cui frequentavo ancora l’ambiente festivaliero. Era un toscanaccio schietto come me, diceva pane al pane e vino al vino. Non ci siamo intesi subito, purtroppo, altrimenti questo libro sarebbe uscito molto tempo prima. Sai su che cosa discutemmo? Il suo cinema cannibalico, che io amo, nonostante tutto. Lui non ne voleva proprio sentir parlare. Lenzi era un regista straordinario, bravissimo nel cinema d’azione, ha fatto dei gialli interessanti e alcuni discreti horror, un poliziesco che non ha rivali, certo, avrebbe voluto girare un cinema diverso e in alcuni casi l’ha fatto. Per lui il vero cinema era quello storico. Era un uomo di cultura, un vero intellettuale.

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Nel libro si nota una sottile vena polemica – giustificatissima, peraltro – verso una certa critica sprezzante e poco informata che storicamente ha sottovalutato e mal interpretato l’opera di Lenzi, e in genere del cinema popolare nelle sue varie forme. È così?

Purtroppo in Italia non c’è mai stata attenzione verso il cinema di genere. Non solo, ci sono alcuni critici che se ne occupano per moda e riempiono libri di inesattezze. La critica paludata – quella che scrive su “Repubblica” e “Corriere” – non ama il genere, spesso neppure lo conosce. In un’intervista un giornalista mi parlava di Orgasmo come se fosse un film erotico…

 

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Da profondo conoscitore del cinema di genere italiano ritieni che il discorso critico su questo ambito si sia esaurito, o al contrario ci sia ancora molto da studiare e portare alla luce?

Molto da studiare ci sarebbe, ma a chi interessa approfondire davvero certi registi per anni trascurati dalla critica? Forse il solo Roberto Poppi conduce da sempre una battaglia contro l’ignoranza da Internet in tema cinematografico.

So che porti avanti tra grandi difficoltà un’attività editoriale pubblicando libri e una rivista culturale (Il foglio letterario) molto apprezzati da appassionati di cinema e di arte. Quali sono le motivazioni che ti spingono a continuare in questa lodevole attività? E con quali prospettive?

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Tanta passione, anche se le prospettive sono scarse. E poi chi ha detto che ci debbano essere prospettive? Pure di noi, del Foglio letterario, intendo, nessuno parlerà mai, una volta finita l’esperienza. Non siamo nei canali giusti.

Puoi anticiparci qualcosa sulle prossime uscite nel catalogo delle Edizioni Il Foglio?

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