Giuseppe Piccioni: «Perché il cinema, più di ogni altro settore, può ripartire»

Il regista e sceneggiatore, in attesa di girare il film “L’ombra del giorno”, in questo articolo spiega come mai un set può affrontare l’emergenza: «È luogo di autogoverno realizzato attraverso la disciplina»

Giuseppe Piccioni: «Perché il cinema, più di ogni altro settore, può ripartire»
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22 Aprile 2020 - 15.06


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Pubblichiamo un articolo ricevuto dal regista e sceneggiatore Giuseppe Piccioni. Come molti colleghi è in attesa di poter iniziare la preparazione del suo ultimo film, “L’ombra del giorno”, prodotto da Madeleine Film di Carlo Macchitella, Rai Cinema e il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo – Mibact e di Lazio Innova. Collabora inoltre con CNA Cinema come Presidente della sede delle Marche.

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di Giuseppe Piccioni

Pur nella cautela che deve accompagnare qualsiasi dichiarazione sugli scenari della cosiddetta fase 2, ho buttato giù alcune riflessioni che vorrei mettere a disposizione di quanti si adoperano per trovare soluzioni e nuove regole che consentano la ripartenza delle produzioni cinematografiche nel tempo del Covid 19. Sono rivolte soprattutto a chi dovrà prendere decisioni sul come e su quando potrebbero essere avviate le riprese di tutti i progetti interrotti e di quelli che dovrebbero iniziare. Ho cercato di essere ottimista perché l’ottimismo è il fondamento di ogni difficile impresa. Pochi sanno che strano mondo sia un set, descritto, il più delle volte, in modo pittoresco, in qualche misura sgangherato, incomprensibile a molti. In realtà non è niente di tutto questo.

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Prima di tutto il set cinematografico è un luogo di autogoverno realizzato attraverso la disciplina. Non una disciplina intesa come obbedienza ottusa a norme imposte ma un codice di autoregolamentazione che si fonda sulla responsabilità individuale, liberamente condiviso. La stessa struttura gerarchica, l’assegnazione di compiti, la chiara divisione del lavoro, non sono subite. Al contrario la loro necessità, l’utilità e l’efficienza producono evidenti vantaggi per tutti coloro che concorrono, nei diversi ambiti, alla realizzazione di un film. Tutto questo fa di un set cinematografico il luogo che eccelle nella affidabilità per quello che riguarda norme di sicurezza e di tutela del lavoro. Uso degli esempi che non riguardano l’attuale emergenza sanitaria ma sottolineano un’abitudine alla condivisione di un codice di comportamento. È la prima cosa che impari quando cominci a lavorare in un set, o anche quando ti capita di visitarlo come semplice curioso. Vediamo appunto alcuni esempi:

1) Sul set non si può parlare, né ci si può muovere durante le riprese. Nel momento in cui si gira una scena il set è un luogo inaccessibile dall’esterno. Un luogo in cui anche le attività lavorative sono congelate e i lavoratori obbligati alla quasi immobilità, almeno fino allo stop. Insomma quando si gira non deve volare una mosca.
2) È assolutamente vietato trovarsi nel campo inquadrato dalla macchina da presa, anche durante le prove o mettersi in un luogo dove si rischia di ostacolare l’illuminazione rivolta verso la scena.
3) Le traiettorie: in un set non puoi andare dove vuoi, devi imparare subito a conoscere le traiettorie, evitare di ostacolare con la tua presenza fisica i percorsi di chi lavora e in qualche modo anticiparli.
4) Il regista non può essere disturbato e nemmeno avvicinato dalle altre persone del set a meno che non siano tra i suoi più stretti collaboratori. In genere dirige gli attori a distanza e controlla le prove e le riprese attraverso un monitor.
5) La divisione del lavoro è estrema, ogni reparto ha il suo luogo distinto, la sartoria, il deposito dei costumi, il trucco, scenografia, attrezzeria, macchine da presa, produzione etc…
6) Gli attori hanno un camerino riservato, distante dai curiosi, impermeabile agli intrusi, spesso vigilato.
7) Le persone arrivano sul set in modo che può essere organizzato e non lasciato al caso. Gli intrusi e i visitatori esterni siano essi amici, parenti o fidanzati, generalmente non sono ammessi. Già in condizioni normali, prima del Covid 19, era buona regola chiedere o informare prima.

Insomma l’espressione ognuno deve stare al proprio posto, che nella vita normale non suscita la mia simpatia, in un set trova paradossalmente una ragion d’essere e di convivenza lavorativa. Così come trovano una ragion d’essere i divieti, quello che si può e che non si può fare, non solo per quello che riguarda il lavoro ma anche negli atteggiamenti e nei comportamenti individuali.

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Mi fermo con gli esempi, ne potrei fare molti altri. Insomma quello che voglio dire è che il set è un luogo dove si svolge un’attività organizzata, con un altissimo livello di previsione rispetto a qualsiasi altra attività. Un mercato rionale, una partita di calcio, un ufficio, una scuola, persino un ospedale, non possono offrire le stesse garanzie perché in tutte queste attività vi è un margine di imprevedibilità più ampio. Tutte le persone che lavorano in un set sono già abituate a questo senso di responsabilità, ad uniformare le proprie azioni e comportamenti ad un progetto comune. Per non parlare poi dei piccoli film indipendenti, dove alla capacità di autoregolarsi e disciplinarsi dobbiamo aggiungere il numero ridotto dei componenti della troupe che rende sicuramente tutto più semplice.

È vero che ci sono situazioni specifiche che possono comportare dei rischi ma sono facilmente circoscrivibili e mi sembra che già adesso siano state fatte molte proposte interessanti per risolvere anche le situazioni più complicate (gli attori, la loro vicinanza, le scene d’amore, tanto per dire quelle a cui tutti pensano immediatamente). Insomma chi dovrà prendere la decisone di far ripartire la produzione di film, di fiction ecc… troverebbe negli operatori del settore un alleato affidabile e scrupoloso.

Le riserve delle assicurazioni mi sembrano ingiustificate perché nessun altro tipo di attività normalmente assicurabile offre lo stesso tipo di garanzie di vigilanza, accortezza e prevenzione che da sempre sono costitutive del nostro modo di lavorare, se è vero che basta salire su un autobus per correre dei rischi. Ovviamente questo discorso non va preso alla leggera e le attenzioni e le cautele andrebbero prudentemente e saggiamente intensificate.

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