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“Hammamet”, fa discutere il Craxi visto da Amelio con Favino

Nelle sale il film sul leader socialista in “auto-esilio” per evitare il tribunale. Il regista: “È sull’agonia di un uomo di potere, non è contro Mani pulite”

“Hammamet”, fa discutere il Craxi visto da Amelio con Favino
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9 Gennaio 2020 - 12.24


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L’epilogo di Bettino Craxi interpretato con un trucco e un trasformismo di Pierfrancesco Favino giudicati dai critici impressionanti è nelle sale da oggi 9 gennaio in 430 copie distribuite da 01. Il film “Hammamet”, in parte romanzato, è sull’auto-esilio del leader socialista (condannato in tribunale, rifiutò le vie giudiziarie in aula) nella località tunisina dove morì il 19 gennaio 2000, sul suo isolamento finale: “Non è un film contro mani pulite”, ha dichiarato a Radio3 e a più testate il regista Gianni Amelio.

“Hammamet” si concentra sugli ultimi sei mesi di vita del politico emblema dell’ultima “prima Repubblica”, ormai malato e isolato. Il regista ha chiarito di non aver voluto narrare il Craxi all’apice del potere, del Psi dei convegni faraonici (in un caso rimasto celebre comparve pure una piramide), gli anni della “Milano da bere”. “Racconto la sua agonia, la storia di un uomo che ha perso il potere e va verso la morte. Un uomo pieno di rabbia, rimorsi e desideri, macerato fino all’autodistruzione”, ha chiarito il regista all’Ansa.

Amelio ha girato parte di “Hammamet” nella dimora tunisina di Craxi su permesso di Anna, la vedova. I personaggi principali sono la figlia Anita (interpretata da Livia Rossi, nella realtà si chiama Stefania), che segue il padre, figura umanamente difficile, il tesoriere Vincenzo (Giuseppe Cederna), un amico democristiano (Renato Carpentieri), il giovane Fausto (Luca Filippi), figlio di Vincenzo, morto, convinto delle responsabilità del leader, la sua amante storica nei panni di Claudia Gerini.

Secondo Favino il politico “faceva parte di una classe politica ricca di linguaggio e di competenze totalmente diversa da quella di oggi. Una volta i politici dicevano ‘noi’. Oggi dicono ‘io’ e questo è molto triste”.
“Questo non è un film contro Mani Pulite, ho raccontato con tutte le sue contraddizioni la lunga agonia di un uomo di potere che il potere lo ha perso e va verso la morte – riferisce il regista al Corriere della Sera. – L’orgoglio, la presunzione di essere nel giusto è stato qualcosa che aveva perso Craxi, riteneva di dover essere giudicato in Parlamento e non in tribunale. Un film non è obbligato a dare risposte ma a fare domande”. Per il regista, che all’epoca non era socialista, il leader politico anche se condannato per corruzione e finanziamenti illeciti non era un “latitante” perché tutti sapevano dove si trovava e a suo parere non si nascondeva. Non si nascondeva, ma Craxi voleva farsi giudicare dal Parlamento, non nelle aule di giustizia come sarebbe dovuto essere perché in una democrazia tutti rispondiamo alla legge.

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