Alberto Sordi, un italiano come noi

Albertone disse di Totò: "Non è morto perché il comico non muore mai". Verissimo. E anche lui continua a vivere nei suoi film

Alberto Sordi, un italiano come noi
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Giancarlo Governi Modifica articolo

15 Giugno 2019 - 11.44


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Il 15 giugno di 99 anni fa nasceva Alberto Sordi, il prossimo anno celebreremo in 100 anni in pompa magna, come dobbiamo perché Sordi ha raccontato la sua Italia come nessun altro, con un impegno degno dei più grandi narratori.

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Nell’omaggio che gli italiani tributarono ad Alberto Sordi nei giorni dell’estremo saluto ci fu qualcuno che disse: “è morto un pezzo di Roma…” Mi permisi di correggerlo: è morto sì un pezzo di Roma, ma è morto soprattutto un pezzo della nostra Italia perché Alberto Sordi con la sua sterminata filmografia (149 film!) ha raccontato il nostro paese, ha raccontato l’italiano nei momenti cruciali della sua storia, dalla devastazione della guerra, alla ricostruzione, con le speranze e le aspirazioni per una vita migliore che si andavano realizzando, fino al miracolo economico quando gli italiano scoprirono il benessere, fino alla crisi. Negli ultimi anni Alberto non trovò più ispirazione in questa Italia molle, smemorata, massificata e sommersa nel benessere e nel consumismo fino a perdere ogni identità nazionale, in preda a una “cupio dissolvi” che fa paura. Io ho avuto la fortuna di essergli amico per 25 anni grazie alla realizzazione di uno straordinario programma televisivo che si chiamava “Storia di un italiano” e ho avuto la possibilità di vedere l’affetto con cui era accolto in tutta l’Italia e in tutto il mondo. A Milano era, se è possibile, più popolare che a Roma (checché ne dica il leghista Speroni), perché a Roma veniva trattato come uno di famiglia che si vede tutti i giorni mentre a Milano era come un’apparizione. Ho visto centinaia di persone aspettarlo sotto il suo albergo di Parigi. Ho visto la gente fare la fila davanti al Lincoln center di New York per vedere Storia di un italiano. Ho visto Jack Lemmon prostrarsi ai suoi piedi e pronunciare davanti al pubblico incredulo: “That’s my teatcher!” (Questo è il mio maestro). Mi è stato raccontato di un suo viaggio in Russia con il pubblico delirante davanti a un Sordi con lo smoking bianco (a un certo punto si mise a urlare nel microfono: “diteglielo a Breznev che invece di buttare i soldi nei carrarmati e nei missili, vi comprasse a tutti lo smoking”) .

Quando lo intervistai per “Il pianeta Totò” mi disse, parlando del suo grande predecessore, “Totò non è morto perché il comico non muore mai. Egli vive per sempre nei suoi film”. Risentendo quelle parole mi sembra che Alberto stesse parlando di se stesso. E’ vero, Alberto Sordi vivrà come Totò, nei tuoi film. E sarà per sempre un italiano come noi.

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