I Manetti Brothers: "Anche noi italiani possiamo fare bella fantascienza"

I registri-produttori venerdì 21 proiettano "L'arrivo di Wang" all'Auditorium dell'Asi - Agenzia Spaziale a Roma. Antonio parla del film, di Netflix, dei David. A ingresso gratuito, basta registrarsi

I Manetti Brothers: "Anche noi italiani possiamo fare bella fantascienza"
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17 Settembre 2018 - 23.55


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Anche un autore italiano può fare buona fantascienza. E Netflix non affosserà il cinema. Ne è convinto Antonio Manetti (1970), con il fratello Marco la metà del duo familiare e d’arte dei Manetti Brothers, autori e produttori dell’incredibile scoppiettante musical “Ammore e malavita” con cui hanno vinto l’ultimo David di Donatello come miglior film. Il regista e produttore squaderna il suo pensiero a Globalist.it in vista della serata conclusiva del ciclo “Avvistamenti”, venerdì 21 settembre all’Auditorium dell’Agenzia Spaziale di Roma Asi in via del Politecnico (senza numero civico), con il film dei due registi “L’arrivo di Wang” (2011): a proiezione conclusa si tiene l’incontro al quale intervengono anche il critico cinematografico Marco Spagnoli del Giornale dello Spettacolo e l’astrofisico Amedeo Balbi, che parlerà del cosmo e dei suoi misteri. L’appuntamento è inserito nel ciclo delle proiezioni Asi di #SpazioCinema (ingresso gratuito ma su prenotazione, vedi sotto come prenotarsi).
Il film racconta di una giovane interprete dal cinese (Francesca Cuttica) chiamata da un poliziotto duro (Ennio Fantastichini) a tradurre in un bunker quanto confessa, in cinese appunto, un tale mr. Wang. Prima l’interprete non dove vedere nulla, poi insiste e davanti a sé vede un alieno. L’agente Ennio Fantastichini è disposto anche a torturare pur di carpire informazioni sul perché è arrivato sulla Terra, la ragazza non ci sta: salverà e aiuterà l’alieno salvo scoprire, quando riesce a uscire dal claustrofobico bunker sotterraneo, una Roma sotto attacco di potenti navi spaziali. Sconcertata, capirà di aver dato un aiuto determinante all’alieno.

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Il cinema italiano non si è occupato spesso di fantascienza: può fare buoni film in questo genere? Ha le risorse per produzioni che con gli effetti speciali possono costare moltissimo?
È vero, sono pochissimi i film italiani di fantascienza. Ma sono due questioni diverse. Come realtà editoriale si può fare tranquillamente un film di fantascienza, gli americani non ne hanno il copyright: anche noi possiamo avere fantasie sul futuro e a siamo perfettamente in grado di raccontare queste storie. D’altronde ne abbiamo girati alcuni, noi italiani: penso a “Nirvana” di Gabriele Salvatores che è stato anche un successo.
Dal punto di vista produttivo il problema c’è, no?
Qua non si possono fare film con il budget di “Avengers”, l’Italia è un paese piccolo, quindi c’è un mercato minore per cui non puoi investire troppo. Però con un argomento largo che può piacere a tutto il mondo si possono trovare i soldi: in fondo facciamo le Ferrari. Non c’è gran mercato però si può fare fantascienza senza grandi budget. Posso citare due esempi.
Li citi pure.
“Alien” e “Terminator”. Il primo è a “monolocation”, l’astronave, quindi non ha richiesto un altissimo budget. Anche il nostro Wang ha effetti digitali. Il primo “Terminator”, non penso agli altri dai budget immensi, racconta di un uomo e di un robot del futuro che arrivano nel presente. Quindi puoi inventare dei modi di narrare: non bisogna ricostruire per forza il futuro o avere mille effetti speciali. Se racconti di un uomo del futuro che arriva nel presente per uccidere uno prima che rovini il mondo allora giri nel tempo attuale in una città e la città può essere Roma.
A proposito di Roma: nel vostro “Wang” la capitale colpita ripetutamente dal cielo nelle scene finali ricorda forse quando fulmini devastanti distruggono i monumenti e il resto in “Armageddon” ma parliamo di una città poco frequentata dal genere, no?
Roma nella fantascienza è inconsueta nel nostro immaginario ma, ripeto, non solo gli americani possono avere la fantasia adatta. Per quanto ne sappiamo gli alieni non esistono ma se ne arriva uno sulla Terra perché in Texas sì e Roma no? Allora noi raccontiamo la nostra città, che conosciamo.
Ritiene esistano altre forme di vita nell’universo?
Nel nostro ufficio c’è l’immagine di un’astronave con la scritta “I want to believe”. Penso ci sia vita, l’universo è talmente grande, siamo una briciola, come possibile che siamo gli unici?
Il tema sociale scorre con forza nel vostro cinema. Nell'”Arrivo di Wang” si può pensare all’accoglienza, all’immigrazione …
Per noi un tema del film è la paura del diverso e un alieno fa paura perché sconosciuto. Poi il nostro Wang non è una vittima ma il tema non è l’immigrazione, è il pregiudizio in senso generale. Sia il poliziotto che interroga sia la ragazza hanno un pregiudizio verso l’altro e questo denunciamo con il film: entrambi rimangono con il loro pregiudizio senza parlare. Se la ragazza e il poliziotto avessero parlato di più trovavano una soluzione, invece ognuno resta impuntato sulle sue idee.
Passando ad altro: come valuta il caso Netflix? Più associazioni hanno contestato il Leone d’oro a “Roma” di Cuaron perché prodotto dalla piattaforma digitale, Cannes non l’ha voluto, Venezia sì e a pure vinto. I festival devono aprire questa porta? Netflix fa bene al cinema o ucciderà i film in sala?
Dico il mio pensiero, non necessariamente anche quello di mio fratello. “Roma” può andare a un festival e vincere se la giuria lo considera il più bello; esce peraltro in sala. Nessun problema per il film di Cuaron. E cosa cambia se il distributore è anche produttore? In Italia un film va in tv tant’è vero che la Rai produce film. Che poi Netflix possa diventare il produttore numero uno dell’intrattenimento visivo potrebbe essere un pericolo ma non lo è: se il mondo cambia vuol dire che cambierà. Non mi sembra che cinema sia morto con la tv. La sala è un’esperienza diversa e rimarrà. Se poi molti vanno queste piattaforme non mi pare grave.
Andrete alla Festa del cinema di Roma (dal 18 al 28 ottobre)?
Non abbiamo film da presentare, forse ci passeremo.
Cosa amate produrre? L’hanno scorso avete prodotto l’horror con zombie “The End? L’inferno fuori” di Daniele Misisichia.
A noi piacciono l’horror e la fantascienza, generi forti dove la fantasia vince anche se non per forza amiamo solo questi generi: ci piacciono anche la commedia, il film sulla realtà. A ogni modo ci teniamo a una identità italiana, non bisogna fare i finti americani. Più il film è di fantasia o fantascienza più devi essere credibile.
A proposito di fantascienza e Roma: cosa pensa di “Jeeg robot?” Può aver aiutato a trovare un filone diverso dal solito?
Mi è piaciuto: è stata una novità grossa, frutto di coraggio e bravura. Sì, può aiutare. “The End” è stato prodotto da Raicinema e senza “Jeeg robot” avrebbero avuto difficoltà, quel film ha aperto una strada.
I David di Donatello 2018 hanno eletto il vostro “Ammore e malavita” come miglior film del 2017: questi premi aiutano il cinema italiano?
Secondo me sì,  se sono fatti bene, se lo spettacolo è credibile. Come agli Oscar non vince sempre il miglior film o il più visto ma è uno spettacolo vederli. Così i David aiutano il pubblico ad affascinarsi al mondo del cinema, lo trovo positivo: se i film premiati o nominati non sono sempre gli stessi allora servono a promuovere.

 

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Vi aspettiamo all’Auditorium Asi venerdì 21 settembre. L’inizio è alle ore 20, l’ingresso è gratuito, è importante arrivare in anticipo. Ricordate di registrarvi perché l’accesso è consentito solo previo accredito tramite questo form on line per ragioni di sicurezza. È pur sempre l’Agenzia Spaziale Italiana. Ma non perdete l’occasione:
Per registrarvi cliccate qui

 

 

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