di Daniela Amenta
Quando volevano assistere allo strazio finale, gli antichi romani urlavano dagli spalti del Colosseo “damnatio ad bestias”, ovvero fate entrare gli animali feroci. Il prigioniero, condannato a morte, veniva prima deriso, umiliato dalla folla scatenata, spesso veniva lapidato con pietre perché il sangue scorresse. Poi al centro dell’arena venivano condotti la tigre, il leone, il ghepardo a finire il disperato. Gli animali, per soddisfare il circo del dolore, venivano anche loro massacrati di botte. Tenuti a digiuno. Terrorizzati. Uscivano dalla gabbia come affamate macchine di morte. Lo strazio, la pena, la tortura e la sofferenza erano lo spettacolo. Non siamo molto lontani oggi da quella ferocia.
Anche per Asia Argento qualcuno sui social sta sbraitando “damnatio ad bestias”. Era già accaduto quando l’attrice e regista aveva denunciato lo stupro di Weinstein, pochissima solidarietà anche allora, soprattutto dalle donne. “Te la sei cercata”, avevano scritto gli inquisitori. Oggi che piange il compagno scomparso, morto suicida, il tribunale del Colosseo vuole altro sangue. Sul profilo twitter di Asia è un fioccare di foto che la ritraggono in compagnia di un giovane giornalista francese. L’equazione è così meschina, infima. Anthony Bourdain, dunque, si sarebbe ucciso perché tradito. E la responsabile sarebbe lei.
I sociologi delle masse potranno agevolmente spiegare questa rincorsa al colpevole nei tempi confusi, affollati e soprattutto anonimi dei social. Ma qui c’è di più. E’ un attacco diretto, violentissimo a una persona ferita. Cosa non si perdona ad Asia Argento? L’essere donna, l’essere donna e libera, quel suo coraggio a volte sfrontato?
E’ uno spettacolo miserabile. E stavolta le bestie non hanno quattro zampe come nella Roma antica, ma usano le tastiere per affondare i denti nel ventre molle della Rete. Sentirsi, chissà, protagonisti. Mentre di fatto sono solo tappezzeria sugli spalti, mediocri e sanguinari spettatori di un Colosseo virtuale.