Perché dopo tanti anni si parla ancora di lei, di Anna Magnani? Perché è stata l’attrice simbolo del cinema italiano del dopoguerra, il cinema della ricostruzione e del riscatto. Ma si parla ancora di lei perché è stata il simbolo della donna italiana e della sua crescita.
Di lei, gli italiani da più di cinquanta anni tengono nella mente, negli occhi, nelle orecchie e nel cuore quella corsa disperata dietro il camion tedesco che si portava via il suo Francesco, la caduta terribile sul selciato che metteva la parola fine sul suo più grande personaggio, ma anche la risata ora irridente, ora canzonatoria, ora semplicemente gioiosa che spesso, anziché accompagnarla, quasi la precedeva, annunciandola al suo pubblico: la risata di Nannarella.
Ebbe amori drammatici, esclusivi, travolgenti. Patì dolori laceranti, accompagnati da gioie sfrenate, da improvvise voglie di giocare (lei la chiamava ‘la ruzza’) e da un drammatico disincanto che la portava a non rispettare niente e nessuno che non meritasse di essere rispettato.
Anna era figlia di ragazza madre, come Totò, come Charlie Chaplin, come Marilyn Monroe e come tanti altri grandi dello spettacolo che meglio di altri hanno rappresentato e raccontato l’umanità e la vita sui palcoscenici e sugli schermi. Portò il nome di sua madre e lo stesso nome trasmise a suo figlio, in una sorta di linea discendente al femminile. Ed anche per questo può essere considerata un personaggio di transizione, fra la donna subalterna e la donna liberata, fino a divenire l’emblema, il portabandiera della grande rivoluzione femminile, ancora in atto. E i personaggi di transizione, si sa, proprio perché portano dentro di loro tutte le contraddizioni, sono sempre i più interessanti, i più vivi, i più veri.
Anna visse con la nonna, con cinque zie (Dora, Maria, Olga, Rina, Italia) e lo zio Romano, che era il suo papà. Del padre naturale non seppe mai nulla. Da grande tenterà qualche ricerca : riuscirà soltanto a sapere che era un calabrese e si chiamava Del Duce. Sospese le ricerche immediatamente. “Mica volevo passa’ per la figlia del Duce” dirà con la sua grande ironia.
La mamma era andata a vivere in Egitto, ad Alessandria, con il suo sposo. Quando nacque Anna (il 7 marzo del 1908) era molto giovane, e si impegnò a fare la mamma per poco tempo. Dopo il parto, quando il corpo aveva riacquistato i lineamenti giovanili, non aveva tardato a trovare un nuovo amore, questa volta con la prospettiva di una sistemazione in un paese lontano dalla famiglia e dalla piccola Anna.
Anche Anna avrà un figlio fuori dal matrimonio, il suo unico figlio Luca. A lui volle dare il suo cognome che aveva ereditato da sua madre, creando una discendenza al femminile credo unica nella storia anagrafica d’Italia.