Il premio Oscar Salvatores ancora sui supereroi: liberiamoci della pesante commedia all'italiana

Il regista critica la necessità tutta italiana di un cinema sempre autoriale, meglio allora l'infantilismo americano: ecco come nasce Il ragazzo Invisibile 2.

Il premio Oscar Salvatores ancora sui supereroi: liberiamoci della pesante commedia all'italiana
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6 Novembre 2017 - 09.47


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Salvatores, da poco pronunciatosi anche sulla questione dello scandalo Weinstein, si è presentato a Lucca, quest’anno, con le idee chiare.

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Innanzitutto, un certo spregio del nostro cinema più iconico: “Finalmente ci stiamo staccando dalla cosiddetta commedia all’italiana e dal neorealismo; stiamo riuscendo a staccarci da questi genitori molto ingombranti che nel cinema italiano abbiamo avuto. Forse è venuto il momento, ora ce la possiamo fare”.

A Lucca, Comics, a presentare una piccola anteprima (con tanto di trailer ad hoc e qualche dietro le quinte tecnologico) del secondo capitolo del suo ‘Il ragazzo invisibile’, ‘Seconda Generazione’, film a tema supereroistico che uscirà nelle sale a gennaio a distanza di circa tre anni dal primo, il premio Oscar Gabriele Salvatores sembra soddisfatto e divertito.

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Certo, ci sono volute ‘le calzamaglie’, come si dice nel gergo dei nerd, e con qualche decennio di ritardo rispetto a inglesi e americani, per provare a liberare il cinema italiano dalla sua ‘pesante’ ed onnipresente eredità. Ma, sorride il padre di Nirvana, forse l’unico film davvero cyberpunk uscito dalla telecamera di un regista italiano, “Gli americani, sono più liberi: certo, a volte più stupidi, più bambini, ma arrivano prima sulle cose, senza remore. Noi invece abbiamo problemi morali etici, autoriali, se non faccio una cosa legata alla mia visione del mondo personale, allora non sono un autore; ma non è così, il cinema è tanta roba, non è certo solo questo”.

E allora ben vengano i supereroi tricolori, con il loro potere cinematograficamente liberatorio, portatore di leggerezza e di modi nuovi, almeno in Italia, di vedere e fare le cose dietro la cinepresa.

Nel 2015 ‘Lo chiamavano Jeeg Robot’ di Gabriele Mainetti, una bomba pulp a base di romanità, culto dei cartoni animati e superpoteri, fu un successo e una rivelazione.

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E anche il primo ‘Ragazzo invisibile’, di poco precedente, lo fu, tanto da aprire le porte al suo naturale seguito. Un classico, nella dinamica dei comics, e dei supereroi: che in questo caso si tinge anche di crossmedialità, visto che insieme al nuovo film, adesso escono anche la graphic novel e il romanzo. Se nella pellicola del 2014 il protagonista era un bambino alle prese con i problemi della sua età e la scoperta di un potere speciale che non sapeva di possedere, ora la faccenda si fa più complicata. In ‘Seconda generazione’, “quel bambino, non è più da solo.

C’è una sorella, anche lei con poteri; e due famiglie, quella naturale che non conosceva, e la sua, che in realtà è quella adottiva”, spiega Salvatores. “E adesso questi ragazzi sono adolescenti – aggiunge – hanno 17 anni, la loro vita diventa difficile. Il tema dell’adolescenza mi appassiona, perchè è un’età particolare, piena di problemi ma soprattutto di nodi irrisolti, sogni paure, che sono ancora tutti lì. E’ il momento in cui nasce la vita autonoma di una persona”.

Insomma, rispetto al primo capitolo “c’è tanta carne al fuoco in più; ed è sicuramente molto più dark”, promette il regista. Spiegando anche che ‘ Seconda generazione’ non è propriamente un sequel, “essendo autonomo dal primo, a parte qualche richiamo. Semmai, si può dire che la vicenda del ragazzo invisibile si amplia, e si ampliano i suoi personaggi. E’ più simile a Harry Potter che a Batman; e come storia, si avvicina a una saga”.

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Ma il cinema italiano, alla fine dei conti, ha davvero bisogno dei supereroi? Salvatores scuote il capo. “No. Né il cinema né la vita reale: ma i supereroi, con il loro modo di essere, offrono il modo di raccontare gli esseri umani ‘normali’ attraverso un punto di vista straordinario”.

 

 

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