'Ciao, Nina', dove Nina è tutte noi e nessuna: un film testamento delle vittime di femminicidio

Nina, una ragazza che potrebbe essere chiunque, ma con un destino che nessuna donna dovrebbe mai dover affrontare. Il film racconta una storia di ordinaria follia.

'Ciao, Nina', dove Nina è tutte noi e nessuna: un film testamento delle vittime di femminicidio
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26 Ottobre 2017 - 12.31


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“Ciao, Nina”, il titolo di questo particolare cortometraggio sul femminicidio, ma anche la fine, le ultime parole pronunciate dalla madre Elisa. Quasi scontate, già sentite. Note dello stesso pianoforte, ma che ogni volta, attraverso una nuova tragedia, compongono melodie diverse tra loro, ma tristi: “nonostante le cose brutte della vita vale la pena lottare per la propria libertà e per il nostro diritto di essere felici. Perché così era mia figlia, era una donna libera, felice. Ciao, Nina”.
Diciannove minuti di pura drammaticità e profondità per un tema troppo presente nella realtà odierna che merita di essere trattato, sempre e comunque.
E questo l’ha capito bene Maria Guerriero, che ha voluto dare il suo contributo scrivendo il soggetto e interpretando, nei panni della protagonista Nina, una ragazza come tante altre, coinvolta in un amore che la porterà alla morte.
Importante il contributo del regista Adelmo Togliani e di un cast di tutto rispetto che hanno abbracciato nell’immediato il progetto di un cortometraggio incentrato sul femminicidio. L’attrice americana Katherine Kally Lag (il famoso volto di Brooke della soap opera Beautiful ) veste i panni di mamma Elisa, l’attore Alex Belli interpreta Marco, il fidanzato che non accetta la separazione da Nina, Maria Guerriero è la giovane Nina e l’attore Massimiliano Buzzanca riveste il ruolo del conduttore televisivo che racconta il triste epilogo, argomento ancora oggi troppo trattato nei notiziari. A dare il proprio sostegno al progetto sono anche i produttori della Maxa Film, della Far Srl e la
partecipazione della Young Fashion Agency, i quali, attraverso il grande schermo cinematografico, hanno dato un volto alla sofferenza di tutte quelle donne che in silenzio custodiscono questo triste dramma.
Nina, una ragazza che potrebbe essere chiunque, con una vita normale fatta di alti e di bassi, con i suoi affetti e la sua famiglia, che conosceva la felicità dell’amore, ma con un destino che nessuna donna dovrebbe mai dover affrontare. Il breve film racconta una storia di ordinaria follia, un alternarsi di dolcezza e momenti di puro terrore che inizia con la separazione mai accettata di una coppia e che si concluderà con un finale già visto. Marco, l’ex che non accetta la fine della relazione, da una parte il cuore che vorrebbe tornare con lei, mentre dall’altra una mente contorta che sa che ciò non potrà mai accadere e premedita il peggio. Una sera si presenta infatti da lei con in una mano una rosa, nell’altra un sonnifero. Da qui dopo insistenti tentativi di tornare insieme,
l’estremo gesto del sequestro e l’inizio dell’inferno di Nina. Ci si trova davanti a scene crude che mostrano la realtà della violenza, dello stupro in modo diretto senza troppi giri di parole, ma in particolare ci si trova faccia a faccia con la vittima. Gli occhi dello spettatore sono la piccola videocamera che la ragazza trova nella sua borsa durante i giorni di prigionia. La stessa che un momento prima riprende una serena quotidianità tra sorrisi e affetto con la madre e ora invece descrive una fine già scritta. È la ragazza, la vittima, a raccontare la sua fine, come un testamento che ci lascia intestatari di un bene assoluto, la libertà di vivere.
Nina viene messa davanti alla scelta: l’amore o la morte. Sceglie la libertà di morire. Una scelta simbolica, difficile, quasi incomprensibile che sottolinea che la libertà, bene di diritto di ogni individuo, come in questi casi, non tralascia sicuramente il prezzo da pagare.

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