Paolo Villaggio, resterà l'immortale maschera del nostro tempo

Merita un posto principale non soltanto nel cinema ma in tutta la cultura italiana, come attore e autore ma anche come letterato

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Giancarlo Governi Modifica articolo

3 Luglio 2017 - 09.12


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Purtroppo in questa quando si elencano i grandi comici del cinema italiano siamo portati a omettere Paolo Villaggio. E’ accaduto spesso, è capitato anche a me che pure sono un ammiratore di Villaggio fin dal suo primo apparire in televisione con il personaggio di Kranz, il prestigiatore tedesco. Mi colpirono contemporaneamente i racconti di Fantozzi, che Villaggio andava pubblicando sulle pagine dell’Europeo, prima di essere racconti in volume e per dare lo spunto alla lunga serie dei film.
E questa è una carenza grave, un peccato commesso dalla cultura italiana che non ha preso nella giusta considerazione questo straordinario attore e autore. Perché Paolo Villaggio, pur essendo un grande e intelligente attore che ha avuto anche l’onore di recitare con Federico Fellini nel suo ultimo film La voce della luna, in coppia con Roberto Benigni. E’ una carenza grave, dicevo, perché Paolo Villaggio, nonostante tutto, e forse anche suo malgrado, è Fantozzi e lo sarà fino alla fine dei suoi giorni, perché questo straordinario personaggio, questa eccezionale maschera del nostro tempo è riuscita a maturarsi, ad andare in pensione, a diventare nonno, persino a morire e a resuscitare. Tanto che dopo 25 anni, il tempo di un Giubileo, Fantozzi sarebbe stato ancora sulla breccia se il suo padre Villaggio non fosse stato impedito dall’età e dagli acciacchi.
Gli spettatori più anziani ricorderanno che Fantozzi-Villaggio nasce in televisione alla fine degli anni Sessanta, nel programma Quelli della Domenica che raccolse quanto di meglio proponevano i cabaret di tutta Italia in fatto di comici. Nelle tre edizioni che si susseguirono, Quelli della Domenica fece conoscere ai telespettatori Cochi e Renato, Enrico Montesano, Pippo Franco, Pino Caruso, Ric e Gian e, soprattutto, Paolo Villaggio, a cui venne affidata la conduzione della prima edizione del programma.
Paolo Villaggio, prima di approdare in televisione, aveva lavorato per alcuni anni in un ufficio di una società siderurgica, dove aveva conosciuto e sperimentato quel mondo impiegatizio che diventerà la scena in cui vivono i suoi personaggi: Fantozzi ma anche la signora Pina, la moglie; Mariangela, la figlia che tutti scambiano per una bertuccia; il ragionier Filini; la signorina Silvani di cui è segretamente innamorato; il direttore megagalattico che siede su poltrone di pelle umana; la contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mar e tanti altri.
Il ragionier Ugo Fantozzi, prima di diventare uno straordinario personaggio della comicità slapstick moderna – quella della cadute e delle torte in faccia, per intenderci – sarà negli anni Settanta, una maschera italiana. Negli anni del boom e della grande trasformazione la maschera che ci aveva meglio rappresentato era stata quella di Alberto Sordi, dell’Italiano medio che si adatta ai tempi nuovi e cerca di sopravvivere. Fantozzi invece è l’individuo, il lavoratore medio (cioè l’impiegato), che viene stritolato dalla macchina burocratica, nel lavoro ma anche nella vita privata.
Questo personaggio nasce prima come personaggio letterario dalla penna di Paolo Villaggio e poi, prima di chiamarsi definitivamente Fantozzi per il cinema, in televisione si farà le ossa con il nome di Giandomenico Fracchia.
Tutto il mondo di Fantozzi è costruito sull’iperbole. E come l’iperbole rappresenta la realtà in maniera esagerata e paradossale ma è proprio questa esagerazione che lo rende ridicolo e quindi comico. La vigliaccheria di Fantozzi, l’incapacità di contraddire il capoufficio e tutti coloro che rappresentano il potere, viene giocata da Villaggio fino alle estreme conseguenze del paradosso, fino a far entrare il suo personaggio in una spirale autolesionistica da cui esce fuori sistematicamente distrutto. Ma sempre pronto a risorgere dalle sue ceneri. Come l’araba fenice.
Ora Fantozzi continua a risorgere nei dieci film della sua saga che gli ha dato l’immortalità. Ma Paolo Villaggio merita un posto principale non soltanto nel cinema ma in tutta la cultura italiana, come attore e autore ma anche come letterato, ma anche per la sua personalità spiccata e spesso stravagante.

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