Nino Manfredi, t'avevamo tanto amato (e ti amiamo ancora)

Un grande attore, versatile e poliedrico. Una carriera con oltre cento film di successo, tanto teatro e televisione.

Nino Manfredi, t'avevamo tanto amato (e ti amiamo ancora)
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Francesco Troncarelli Modifica articolo

4 Giugno 2017 - 13.04


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Il 4 giugno del 2004 se ne andava Nino Manfredi, uno dei “quattro moschettieri” della commedia all’italiana, i cosidetti “colonelli della risata”, Sordi, Gassman, Tognazzi e lui appunto, attore versatile e preparato che nell’ironia misurata e pungente aveva le armi migliori. E’ stato la maschera nel cinema della gente comune alle prese con i problemi della vita, un grande artista capace di trasformarsi in mille personaggi e passare con successo da un genere all’altro.

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 Nella sua lunga carriera infatti, Nino, Saturnino all’anagrafe del comune di Castro dei Volsci dove era nato nel 1921, ha fatto di tutto, l’attore drammatico, soprattutto agli inizi quando nonostante la laurea in Giurisprudenza presa per fare contenti i genitori, metteva a frutto il diploma conseguito all’Accademia d’Arte Drammatica, ma anche il brillante sui palcoscenici del varietà insieme alla Wandissima.

 Ha fatto il doppiatore (da Robert Mitchum a Gerard Philipe, da Renato Salvatori a Mastroianni), il conduttore televisivo (Canzonissima con Delia Scala e Palo Panelli), il regista (Per grazia ricevuta, Palma d’oro a Cannes), l’attore televisivo (“Linda e il brigadiere”), il cantante e il protagonista di musical, il testimonial pubblicitario (Più lo mandi giù, più ti tira su). Ha fatto Rugantino, Geppetto, Gerolimoni. Ha fatto di tutto insomma e bene. E’ stato un vero e proprio gigante dello spettacolo, più interprete nella meticolosità e studio con cui entrava nelle parti, che personaggio.

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 Tra le oltre cento pellicole interpretate spiccano “L’impiegato” di Gianni Puccini (1960) il primo film di rilievo nella sua carriera, “Anni ruggenti” (1962) di Zampa, “Il padre di famiglia” di Nanni Loy (1966), “Operazione San Gennaro” di Risi (1966), “Riusciranno i nostri eroi…” di Ettore Scola (1968), “Straziami ma di baci saziami” di Dino Risi (1968), “Vedo nudo” sempre di Risi (1969), “Lo chiameremo Andrea” di De Sica (1972), “Pane e cioccolata” di Brusati (1973), il superlativo “C’eravamo tanto amati” di Scola (1974), “Brutti e sporchi e cattivi” sempre di Scola (1976), “Il giocattolo” di Montaldo (1979), “Caffè Express” di Nanny Loy (1980) “Nudo di donna” (1981), avviato in co-regia con Lattuada e terminato in proprio e la trilogia di Luigi Magni,”Nell’anno del Signore”, “In nome del papa re” e “In nome del popolo sovrano”, in cui Manfredi, ciociaro doc, è stato romano autentico come Pasquino, il Cardinal Colombo e Ciceruacchio.

 Titoli che ci rimandano ad un attore completo, che nella sua carriera è passato senza soluzione di continuità dalla commedia al dramma, dalla poesia alla barzelletta, dalla favola alla tragedia, dai contenuti alti a quelli più popolari. Un attore di cui si sente veramente la mancanza.
Una scenda da c’eravamo tanto amati

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